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“La storia è fatta dalle persone, e dalle relazioni che esse intrecciano tra di loro”. Con queste parole Monica Maggioni, giornalista e direttrice editoriale dell’offerta informativa della Rai, apre il suo faccia a faccia con Anita McBride, già assistente del Presidente George W. Bush e capo di staff della First Lady Laura Bush. L’occasione di questo confronto, che ha avuto luogo lunedì 17 giugno al Centro Studi Americani, è la presentazione del libro scritto da McBride assieme a Nancy Kegan Smith e Diana B.Carlin su una figura principe(ssa) della storia degli Stati Uniti: quella della First Lady.

U.S. First Ladies: Making History and Leaving Legacies” non è soltanto un resoconto dell’avvicendarsi delle varie donne che hanno accompagnato i loro mariti durante lo svolgimento del proprio mandato presidenziale; il manoscritto analizza i diversi ruoli giocati da ognuna di esse, così come le loro singole personalità. Offrendo così al pubblico una serie di spaccati degli Stati Uniti nei vari momenti della loro storia, così come del processo di trasformazione della società americana dalla nascita del Paese ad oggi.

Ma nella loro differenza, ogni first lady condivideva con le altro lo stesso rilevante peso istituzionale. Sulle orme della tradizione inaugurata già dal primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington: “Dopo essere divenuto presidente, una delle priorità di Washington fu quella di organizzare un evento di ‘introduzione istituzionale’ per Lady Washington curato nei minimi dettagli, e capace di mostrare al popolo quanto la consorte del presidente fosse importante per la società”, chiosa McBride. “Ha voluto impostare il tono anche per il futuro”.

Una scelta che di è dimostrata lungimirante. Spesso le first ladies sono state più popolari dei loro mariti tra la popolazione: mentre i primi dovevano gestire problemi di rilievo in cui ovviamente non c’era modo di trovare una soluzione che mettesse tutti d’accordo, al contrario le loro consorti svolgevano un ruolo di collante sociale, sottolineando l’appartenenza comune alla grande nazione statunitense.

Esemplare in tal senso il caso di Eleanor Roosevelt, fautrice dell’ancora forte consuetudine di inviare lettere al Presidente, per avvicinare la popolazione statunitense alla figura presidenziale. “Quando sono entrata per la prima volta alla Casa Bianca, nella corrispondenza presidenziale, la mia superiore stava ancora elaborando pile e pile di lettere risalenti ai tempi di Roosevelt, tale era stato l’impatto di questa iniziativa”, ricorda la funzionaria statunitense.

E ancora Jackie Kennedy, icona di stile e cultura, che decise di fare un passo indietro e di non prendere parte direttamente ai movimenti attivisti, ma fornendo un supporto diretto al lavoro del marito; Laura Bush che giocò un ruolo chiave in seguito ai terribili fatti dell’Undici Settembre; la forte dedizione verso il Paese mostrata ancora oggi da Hillary Clinton; Pat Nixon e la sua capacità di stabilire una “connessione emotiva” con le persone, al contrario di suo marito.

Tante donne che hanno fatto la storia. Ma in futuro potrebbero rovesciarsi i paradigmi? “La caratterizzazione di genere è totalmente assente dal ruolo di First”, sottolinea McBride in chiusura, “Quando avremo una presidente donna con un consorte uomo, egli potrà (e dovrà) ricoprire esattamente la stessa posizione sociale e svolgere gli stessi compiti”.

 

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