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Il lungo viaggio iniziato dal garibaldino marchigiano Giosuè Del Duca da Montedinove in occasione dell’ultima battaglia di Digione del 1871 (combattuta agli ordini dell’eroe dei due mondi) si conclude, quasi 150 anni dopo, col progetto di una grande fiction per il pubblico italiano. Piccolo, anzi piccolissimo commerciante di provincia, Giosuè – nato a Montedinove, in provincia di Ascoli Piceno – pagherà amaramente le sue convinzioni garibaldine con continui rovesci finanziari.

Cosicché Pacifico (detto Cino), il maggiore e il più intelligente dei suoi quattro figli, dovrà lasciare gli studi, per cominciare a lavorare a soli 13 anni. Cino, nato nel 1899, è però già uno straordinario imprenditore di se stesso: farà di tutto per mantenersi e aiutare la famiglia, girando le Marche come fattorino, piazzista di libri e soprattutto di romanzi popolari a dispense, fino a quando, compiuti i diciotto anni, non sarà costretto a partire per la grande guerra. Tornato decorato e assunto dalle ferrovie, a motivo della sua militanza socialista si guadagnerà un confino ad Agropoli (nel 1921) e un licenziamento – perché sovversivo – già nel 1923.

Si trasferirà quindi prima a Pavia e poi a Milano, dove dal ’24 al ’29 lavorerà per un altro editore, Lotario Vecchi, sempre vendendo dispense porta a porta, fino a quando nel 1929, coinvolgendo tutta la sua famiglia (un comportamento tipicamente marchigiano), creerà “La moderna” (poi Casa editrice Universo), con una tipografia di proprietà. Il rivoluzionario, divenuto imprenditore e padroncino (ben quaranta operai), resterà comunque antifascista. Cino riesce a sfruttare un settore – quello dell’editoria rosa e per ragazzi – in cui è possibile realizzare profitti senza chinarsi platealmente a Mussolini.

Del Duca non ha i soldi per pagare giornalisti e scrittori famosi, e quindi se li inventa: “Si offre la pubblicazione a giovani abilissimi scrittori”. Grazie a quest’annuncio, ne scoprirà moltissimi: giovani, e non solo scrittori, ma anche disegnatori e dirigenti. La prima a rispondere all’appello è una donna, Luciana Peverelli, che lo accompagnerà per mezzo secolo in questa avventura, dirigendo le sue creature più importanti: il Monello, rivista destinata ai ragazzi (titolo ispirato da Chaplin), l’Intrepido (prodotto per i più grandicelli) e, nel secondo dopoguerra, Stop, il vero padre del giornalismo gossip italiano.

All’inizio, però, la Peverelli esordisce con un libro a dispense, Cuore garibaldino, un romanzone chiaramente ispirato all’epopea di Giosuè Del Duca. Poi i veri colpi di genio, i primi giornali per ragazzi, non “confessionali” (giacché allora esistevano già il governativo Corrierino, figlio del Corriere della Sera, il cattolico Giornalino, nonché il fascistissimo Giornalino dei balilla, mentre stava per arrivare, nel ’37, il cattolicissimo Vittorioso). Il Monello nasce nel ’33, l’Intrepido nel ’35; vivranno fino agli anni Novanta, formando generazioni di ragazzi (compresa chi scrive), mentre la presse du coeur , attraverso il fotoromanzo, assolverà a un compito educativo importantissimo: non solo divertendo, ma insegnando addirittura a “vivere la modernità” a milioni di donne, dall’educazione sentimentale all’igiene personale.

Nel ’38, dopo il fallimento della sua casa editrice italiana, Cino Del Duca si trasferisce in Francia, dove riesce a stampare e a diffondere i suoi giornali anche sotto il regime di Vichy, conducendo un doppio gioco pericolosissimo che gli varrà, a guerra finita, la Legion d’onore, la Croce di guerra e la Medaille de la reconnaissance française. La sua nuova impresa era stata battezzata Les editions mondiales, e mondiale lo sarebbe diventata davvero: nel dopoguerra, Nous deux in Francia, come Grand hotel in Italia, tireranno un milione e duecentomila copie ciascuna.

Nel 1956 il cuore di Del Duca si getta in una nuova avventura, stavolta italiana: la creazione di un quotidiano. Nasce Il Giorno – diretto da Gaetano Baldacci –, promosso con un altro marchigiano, Enrico Mattei. Ma la loro alleanza si romperà presto. Il 19 settembre 1957, Del Duca – sganciatosi dal Giorno – acquista Franc-tireur, ex giornale clandestino nato nel ’41, e lo trasforma in Paris-journal, con un lancio in grande stile. Un “rital”, come vengono chiamati con disprezzo gli italiani in Francia, che penetra e sconvolge il mondo dell’informazione quotidiana.

“Il miliardario con il cuore a sinistra, il re della stampa rosa”, s’impadronisce di una grande fetta della stampa quotidiana. È il salto di qualità mai riuscito in Italia. Subito dopo, Del Duca diviene produttore cinematografico, lasciandoci alcuni tra i film più significativi della storia del cinema: L’avventura di Antonioni, il Bell’Antonio di Bolognini e Accattone di Pasolini. Cino del Duca muore alla vigilia del ’68. Forse sorriderebbe (nella scheda segnaletica della polizia fascista era scritto proprio così: “espressione sorridente, segno della sua sicurezza”), pensando all’impegno di due nazioni, Italia e Francia, che hanno deciso di raccontare questa storia all’Italia.

Vi racconto la storia di Cino Del Duca, il commerciante diventato editore

Di Paola Severini Melograni

La storia dell’imprenditore Cino, da fattorino e venditore di dispense porta a porta a editore di successo: la sua “presse du coeur” sconvolgerà la Francia e renderà l’onore ai tanti “rital” o “macaronis” italiani emigrati. Il racconto di Paola Severini Melograni in occasione della presentazione del documentario, “Una passione due nazioni” sulla vita di Del Duca, al ministero della Cultura

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