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Sublime. Anzi bello. Forse criptico. Quasi un incubo. O è una ciofeca? Spettatori e critici si dividono sull’ultima opera di Paolo Sorrentino: la serie tv The Young Pope. Quello che è certo è il successo di pubblico.

COSA DICE DON MILANI

“Senza polemica ma come constatazione”, premette don Davide Milani, presidente della Fondazione dello Spettacolo e della Commissione nazionale valutazione film della Cei, quando Repubblica gli domanda una valutazione della prima puntata di The Young Pope, la serie che su Sky ha fatto il botto d’ascolti. Il ragionamento, poi, è quello previsto: “La realtà della Chiesa è ben diversa da quella mostrata nel film. Tutti possono conoscere chi sia davvero il Papa e quale sia la passione evangelica – assente da questa opera – che lo muove. Non soltanto Francesco, ma anche i predecessori erano ben lontani da quanto ho visto. E anche il popolo di Dio, qui presentato come massa di spettatori che attendono in piazza il Papa-divo per il suo show, è ben diverso nella realtà”.

IL COMMENTO DI AUGIAS

Si è scatenato un dibattito scontato attorno alla serie complicatissima e raffinatissima di Sorrentino, che solo per il fatto d’essere girata da Sorrentino deve per forza essere stupenda e densa di significati reconditi e/o sofisticati elementi di lettura critici e culturali. Subito s’è parlato di fotografia impietosa della Chiesa piegata dagli scandali e dalle malefatte di qualche suo rappresentante più o meno autorevole (va di moda), quindi di paragoni con una realtà che semplicemente non esiste. Lo scrittore Corrado Augias su Repubblica (forse senza accorgersene e dopo aver naturalmente notato che “il successo è meritato”) sottolinea che probabilmente la cosa più interessante della serie sia il fatto che al momento non si capisce dove Sorrentino voglia andare a parare: “Il segretario di Stato potrebbe sembrare una specie di Andreotti fatto cardinale, ma si intuisce che la sua personalità non è solo quella del vecchio maneggione di curia”.

L’IMMAGINE DELLA CHIESA IN UNA SERIE TV

La prima scena spiega un po’ tutto, ed è la solita solfa trita e ritrita di chi pretende un aggiornamento e un cambiamento della Chiesa pur tenendosi da essa a debita distanza, salvo poi plaudire a Papa Bergoglio perché considerato un rivoluzionario che vorrebbe fare della curia un gulag nordcoreano e autorizzare quel che tutto da sempre è stato vietato. Si prenda l’omelia che il Pio XIII (nome che ad Augias prova turbamenti intensi, anche perché “la figura di Pio XII non ha ancora una sistemazione storica definitiva, fu un Papa rigidamente conservatore, sospettato di simpatia verso il regime nazista che lo portò a sottovalutare in modo grave lo sterminio del popolo ebraico” – cose tutte da provare e più volte smentite, ma della cui veridicità gli esterni alla Chiesa sono da decenni convinti) sogna di pronunciare ai cardinali dopo l’elezione: “Ci siamo dimenticati di masturbarci, di usare contraccettivi, dell’aborto, di celebrare i matrimoni gay, di dare la possibilità ai preti di amarsi e di sposarsi, ci siamo dimenticati di avere rapporti senza scopo di procreazione, e senza sentirci in colpa, di divorziare, di far celebrare la messa alle suore, di fare figli in tutti i modi che la scienza ha scoperto. Ci siamo dimenticati di essere felici”.

PAPA CATTIVO VS PAPA BUONO

Il commento più azzeccato è quello che compare sulla Stampa di Torino: The Young Pope è l’abbattimento di ogni cliché ecclesiastico e ancor più papista. E’, cioè, la ruspa che abbatte decenni di vezzeggiativi e quintali di miele su tutto ciò che il Papa (da quello definito “Buono” a quello regnante cui si dedicano murales di dubbio gusto) dice e fa. Il Papa di Sorrentino è cattivo, sprezzante di tutto ciò che lo circonda. A cominciare dagli uomini, dai fedeli che lo acclamano e che al suo cospetto paiono solo dei poveretti adulatori di un divo dello spettacolo.

LA REPRIMENDA DI FAMIGLIA CRISTIANA

Il critico del settimanale Famiglia Cristiana, Maurizio Turrioni, descrive il Papa- aw (“Il Papa bono” secondo i lazzi del web) come “una macchietta che strizza l’occhio al pubblico americano”. E ancora, pur tra lodi per la potenza visiva di Sorrentino, la richiesta di violare il segreto della confessione è “blasfemia” e lo sguardo del regista sulle cose di Chiesa (“Nemmeno una preghiera in due ore”) è “freddo, un bluff piuttosto che un flop”.

UNA FINZIONE SENZA PRETESE

Con la trascendenza, con i santi e i martiri, The Young Pope non c’entra niente. Ed è un bene. Forse, per tornare a quel che diceva don Milani, basterebbe prendere la serie tv per quel che è: “Una finzione, un romanzo, forse un sogno. O un incubo”. E guardarsela (se lo si desidera) senza pensare di trovarvi una chiave per capire il Mistero più profondo della fede.

The Young Pope di Paolo Sorrentino: sublime o contorto? Il dibattito è aperto

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