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Implementare politiche basate sul merito non significa creare una tecnocrazia a discapito della democrazia: significa adoperarsi per consentire ai talent di creare miglioramenti personali e sociali e agli effort di ricevere la giusta ricompensa. Il criterio del merito diventa quindi fondamentale per creare società più giuste e migliori. Eliminando le barriere all’ingresso e introducendo sistemi di valutazione e criteri di diffusione – politici e culturali – del merito, lo stesso sistema democratico potrà godere di benefici generalizzati e diffusi.

Il termine meritocrazia fu introdotto nel 1958 dal sociologo inglese Sir. Michael Young. Meritocrazia è l’unione del latino meritus e del greco kratos: può essere quindi considerato come il potere del merito, come quella capacità che consente di realizzare, risolvere e produrre grazie al talento di ognuno. Young utilizzò la ben nota formula per la determinazione del merito: M = I + E (M = intelligence + effort). L’intelligenza consente di selezionare molto presto i migliori, azzerando i privilegi della nascita e valorizzandoli attraverso il sistema educativo (R. Abravanel, www.meritorcrazia.com). Con questa definizione, Abravanel sgombra il campo dalle considerazioni negative che lo stesso Young evidenziava quando coniò il termine meritocrazia. Implementare politiche basate sul merito non significa creare una tecnocrazia a discapito della democrazia: significa adoperarsi per consentire ai talent di creare miglioramenti personali e sociali e agli effort di ricevere la giusta ricompensa. Il criterio del merito diventa quindi fondamentale per creare società più giuste e migliori. Eliminando le barriere all’ingresso e introducendo sistemi di valutazione e criteri di diffusione – politici e culturali – del merito, lo stesso sistema democratico potrà godere di benefici generalizzati e diffusi. Nel rapporto del McKinsey Global Institute, “Poorer than their parents? A new perspective on income inequality”, si trovano conferme e nuovi dati sulla portata della crisi e sulle conseguenze nella vita delle persone. In particolare, si evidenzia che la disuguaglianza cresce in modo esponenziale: in Italia, nella decade compresa fra il 2005 e il 2014, il 97% delle famiglie si ritrova con un reddito stagnante o in diminuzione. In pratica, le generazioni di oggi saranno più povere di quelle precedenti; e i più colpiti sono i giovani, in particolar modo quelli meno istruiti. Negli Stati Uniti l’81% della popolazione ha subito una diminuzione del reddito, nel Regno Unito il 70%, in Francia il 63%. In Finlandia solo il 20% ha dovuto far fronte a tale diminuzione. I dati sono basati su analisi specifiche che tengono conto di: domanda aggregata, cambiamenti demografici, cambiamenti nel mercato del lavoro, redditi pro-capite, tassazione e Welfare. Gli autori sono convinti che gli effetti determinati dalle dinamiche del mercato possono essere mitigati dagli interventi dei governi. Nell’analisi comparata viene mostrato chiaramente che le politiche dei governi, come quello svedese, possono attenuare gli effetti recessivi della crisi economica. Le strategie consigliate per uscire dallo stallo della crescita che genera tanta disuguaglianza, sono basate sulla condivisione e sul merito. Sia i leader politici, sia i capi delle grandi aziende hanno un comune ruolo da svolgere per modellare il dibattito e contribuire a creare soluzioni. I processi e le strategie per il cambiamento non sono semplici, ma sono possibili: aumentare la produttività stimolando l’economia per far crescere il Prodotto interno lordo in modo duraturo; politiche del lavoro, basate su stimoli di lungo periodo, che mettano al centro il merito per accrescere competitività e innovazione.
La politica deve riprendere il suo ruolo di guida e di stimolo per la creazione di nuovi e virtuosi percorsi imprenditoriali, per la creazione di nuovi posti di lavoro; eliminare gli ostacoli alla concorrenza, attivando investimenti pubblici e facilitando investimenti privati per sviluppare l’innovazione; migliorare la qualità dell’istruzione e renderla coerente con le attese delle imprese; incoraggiare la mobilità professionale. C’è quindi un forte bisogno di merito, anche e soprattutto nella classe politica e in quella imprenditoriale. Fuori da ogni dibattito ideologico (tecnocrazia vs. politica) non si può pensare di aggredire la crisi economica senza avere piena consapevolezza e competenza nell’analizzare a fondo i problemi e creare soluzioni di lungo periodo.
I risultati del McKinsey Global Institute sono confermati, a distanza, dalle evidenze mostrate dal Meritometro del Forum della Meritocrazia. La comparazione con Paesi come la Spagna o la Polonia, oltre che con la Finlandia (best perfomer del Meritometro ideato dal Forum della Meritocrazia) evidenziano che l’Italia ha un forte bisogno di talenti da mettere in campo per migliorare e crescere. Le condizioni normative, istituzionali, finanziarie, sociali e politiche, determinanti il grado di libertà degli individui e delle organizzazioni, devono essere ispirate a una semplificazione normativa reale ed efficace; basarsi sull’eliminazione della duplicazione istituzionale e burocratica, capace di generare mostruosità di ogni genere nella vita dei cittadini; superare strutture politiche non deputate alla produttività e all’eccellenza ma che piuttosto spengono la creatività e il desiderio anche in via intergenerazionale. I talenti vanno maieuticamente allevati: nell’economia della conoscenza i talenti generano innovazione e ricchezza, elementi indispensabili per essere competitivi a livello internazionale. E un Paese dove i diritti, la sicurezza, le regole e la giustizia sono realmente efficaci nel garantire i cittadini e le imprese è in grado di generare un ecosistema favorevole al merito e alla sua valorizzazione. Questo è ciò che deve fare la politica. Il sistema politico, nazionale ed europeo, dovrebbe nuovamente cercare ispirazione nella responsabilità, nella saggezza e nella prudenza. Già Platone scriveva che la vera scienza (e la politica come tale) deve avere la saggezza, la forza e la capacità di guidare le azioni dell’uomo: è nella phronesis che dovremmo trovare un valido sostegno dell’agire pratico e nella scelta del bene comune. Le politiche del merito possono contribuire in modo fondamentale alla ricostruzione di un tessuto politico, sociale e personale per il miglioramento della vita di tutti.
Dovremmo solo cominciare a farlo.

(Articolo pubblicato sulla rivista Formiche nell’ottobre 2016).
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La soluzione è nelle Policy

Implementare politiche basate sul merito non significa creare una tecnocrazia a discapito della democrazia: significa adoperarsi per consentire ai talent di creare miglioramenti personali e sociali e agli effort di ricevere la giusta ricompensa. Il criterio del merito diventa quindi fondamentale per creare società più giuste e migliori. Eliminando le barriere all’ingresso e introducendo sistemi di valutazione e criteri di…

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