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Un accordo da 5 miliardi di euro complessivi per 2,8 milioni di dipendenti. Sono i due numeri sintetici dell’accordo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici che era fermo da 7 anni. Accordo politico, comunque, visto che la firma è sui principi cardine. Ora spetterà alle confederazioni dei lavoratori e all’agenzia pubblica della contrattazione, Aran, stilare i veri e propri rinnovi.

LE NOVITÀ

Governo e sindacati hanno firmato l’intesa ieri: l’impegno preso nel documento di quattro pagine è quello garantire a tutti i lavoratori (della pubblica amministrazione centrale, delle Regioni, degli enti locali e della sanità pubblica un aumento medio di 85 euro lordi al mese. Sono compresi anche gli insegnanti, superando di fatto le regole meno generose previste dalla riforma della Buona scuola, sottolineano gli addetti ai lavori.

IL COMMENTO DEL SOLE

Non tutte le risorse rimarcate ieri da governo e sindacati sono risorse aggiuntive rispetto a quelle già decise nelle ultime due manovre, sottolinea il Sole 24 Ore: “Lo sforzo in più serve soprattutto sul 2018”, scrive Gianni Trovati del quotidiano confindustriale. In cifre: “La trama parte dai 300 milioni all’anno messi a disposizione dalla legge di stabilità 2016 ma mai utilizzati, e continua con gli 1,48 miliardi scritti nella legge di bilancio che ora attende l’esame del Senato”, sottolinea Trovati ipotizzando anche la cifra necessaria per arrivare a garantire gli 85 euro medi a regime, entro la fine del triennio contrattuale 2016-2018 confermato dall’accordo.”I calcoli sono in corso, ma la linea arriva intorno ai 2,5 miliardi all’anno: la strada ancora da compiere, nel 2018, vale quindi altri 1,2-1,3 miliardi”, scrive il giornalista del Sole.

L’AUMENTO MEDIO A REGIME

L’aumento medio di 85 euro lordi al mese è da intendere «a regime»: la cifra sarà raggiunta per tappe successive nel corso di tre anni. Avere tutto e subito l’anno prossimo costerebbe troppo, rileva il Corriere della Sera: quasi 3 miliardi di euro contro il miliardo circa che dovrebbe essere pescato dal fondo da 1,5 miliardi già inserito nella Legge di Bilancio e che servirà anche per altre voci, come il piano delle nuove assunzioni e la stabilizzazione del bonus da 80 euro per le forze dell’ordine. Sarà necessario, quindi, trovare risorse aggiuntive, rispetto ai 5 miliardi previsti nei prossimi tre anni.

I TIMORI SUL BONUS DEGLI 80 EURO

Aumento medio vuol dire che alcuni prenderanno di più altri di meno, «con un maggiore sostegno ai redditi bassi», ha detto il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. C’era il rischio paventato dai sindacati che l’aumento da 85 euro rottamasse il bonus da 80 euro per quei circa 550 mila dipendenti pubblici che con il nuovo contratto potrebbero superare la soglia di reddito di 26 mila euro lordi l’anno, tetto massimo previsto per avere diritto al bonus approvato circa due anni fa dal governo Renzi. Nell’accordo firmato ieri c’è la promessa che non andrà così: per raggiungere il «comune intento di ridurre la forbice contributiva» governo, Cgil, Cisl e Uil si «impegnano nelle sedi dei tavoli ci contrattazione, a evitare eventuali penalizzazione indirette (…) sugli incrementi già determinati».

LE ALTRE INNOVAZIONI

C’è l’impegno a inserire nel contratto premi che tengano conto non solo della produttività, da misurare «con nuovi sistemi di valutazione», ma anche dei «tassi medi di presenza» che andranno “incentivati”. Di fatto una lotta all’assenteismo sotto forma di incentivo, che si accompagnerà anche a un nuovo confronto su «malattia, congedi e permessi». Il governo si impegna anche a introdurre «forme di welfare integrativo», trasformando in servizi una parte della retribuzione.

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Di Bruno Guarini e Fernando Pineda

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