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Il mercato lo aspettava la sera del 24 ottobre. E invece, dopo una riunione fiume del consiglio di amministrazione, durata oltre 10 ore, il nuovo piano industriale di Banca Monte del Paschi di Siena è stato rinviato alla mattina del 25, quando si terrà anche la conferenza stampa.

GLI ESUBERI

Il nuovo piano industriale, per il periodo da oggi fino al 2019, spiega una nota dell’istituto di Rocca Salimbeni, “si focalizzerà su una maggiore efficienza mediante la riduzione di circa 2.600” dipendenti, lo spostamento sempre maggiore dei restanti lavoratori verso le attività commerciali e la chiusura di circa 500 filiali. “Il costo del personale – spiega ancora il comunicato di Mps – scenderà di circa il 9% a 1,5 miliardi di euro nel 2019 da circa 1,6 miliardi di euro del 2016” e la riduzione avverrà mediante un turnover naturale e l’attivazione del fondo di solidarietà. Quanto ai numeri di bilancio, alla fine del piano, firmato dall’amministratore delegato Marco Morelli, si prevede un utile superiore a 1,1 miliardi di euro.

L’AUMENTO DI CAPITALE 

L’aumento di capitale viene confermato fino a 5 miliardi di euro e con esclusione o con limitazione del diritto di opzione per gli attuali soci. La banca quindi, sembra di capire, resta concentrata sul progetto disegnato a luglio da Jp Morgan e Mediobanca, che prevede appunto una ricapitalizzazione fino a 5 miliardi e la vendita di un maxi pacchetto di sofferenze. Questo significa che non si tiene in considerazione il piano alternativo che era stato presentato da Corrado Passera e che prevedeva una riduzione dell’aumento di capitale per circa 2,5 miliardi e la presenza del diritto di opzione per gli attuali soci, tra cui il Tesoro con il 4 per cento. Il cda di Mps ha convocato per il prossimo 24 novembre l’assemblea straordinaria per approvare l’operazione fino a 5 miliardi. La delega al cda per l’aumento dovrà “esercitarsi entro e non oltre il 30 giugno”. Previsto anche il raggruppamento delle azioni nel rapporto di una a cento.

LA CESSIONE DELLE SOFFERENZE

L’operazione di salvataggio dell’istituto senese, reduce a luglio dalla bocciatura agli stress test europei, prevede il “deconsolidamento dal bilancio di 27,6 miliardi di crediti in sofferenza”, attraverso la cessione a un veicolo di cartolarizzazione a un prezzo pari a circa 9,1 miliardi (ovvero il 33%) e contestuale assegnazione delle note di fatto più rischiose (junior notes) agli attuali azionisti di Mps. E anche qui la sensazione è quella di una conferma che si stia andando avanti con il piano annunciato già a luglio e non scevro di difficoltà anziché con quello dell’ex ministro dello Sviluppo economico. Inoltre, annuncia sempre l’istituto senese, “Quaestio Capital Management, per conto del fondo Atlante, sottoscriverà le junior mezzanine notes”, cioè le sofferenze cartolarizzate di rischio medio, per un importo pari a circa 1,6 miliardi. Anche in questo caso, si tratta di un passaggio già previsto e già annunciato.

LA CONVERSIONE VOLONTARIA DEI BOND

L’operazione prevede anche il “potenziale esercizio di liability management”, vale a dire di conversione volontaria di obbligazioni subordinate, da completare prima dell’avvio dell’aumento di capitale, nell’ottica, già prospettata nei giorni scorsi da indiscrezioni, di abbassare l’ammontare dell’aumento di capitale. Jp Morgan e Mediobanca si sono impegnate con un accordo di cosiddetto “pre-underwriting”, cioè di pre-sottoscrizione, per garantire l’aumento di capitale fino a 5 miliardi.

LA GARANZIA

Il comunicato di Mps specifica che questa garanzia di Jp Morgan e Mediobanca è “soggetta a condizioni in linea con la prassi di mercato per operazioni analoghe nonché ad altre condizioni maggiormente connesse alle condizioni del settore bancario italiano in generale e più in particolare a quelle della banca e del suo gruppo”, tra cui il buon esito del deconsolidamento del pacchetto di sofferenze e dell’attività di marketing presso gli investitori istituzionali, oltre alla conversione volontaria delle obbligazioni subordinate. Non solo: Mps conta di ridurre l’ammontare dell’aumento da 5 miliardi, oltre che con la conversione volontaria dei bond, con l’intervento di “investitori qualificati”. Quelli stessi investitori che Passera giurava di essere in grado di portare dagli Stati Uniti. Ma chissà se mai si capirà di chi si trattasse.

Marco Morelli

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