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Jeff Sessions è l’uomo scelto da Donald Trump per ricoprire la carica di Procuratore generale degli Stati Uniti, ovvero il ministro della Giustizia.

CHI È JEFF SESSIONS

Sessantanove anni, senatore dell’Alabama dal 1997 ed ex procuratore, Sessions è uno dei membri più conservatori della Camera Alta del Congresso. È antiabortista, contrario ai matrimoni gay, oltre che alla legalizzazione della cannabis: «Sono un grande fan della Dea», ha dichiarato in Senato riferendosi all’agenzia antidroga federale.

LA SINTONIA CON TRUMP IN TEMA DI IMMIGRAZIONE

Sessions, primo senatore a offrire ufficialmente il proprio sostegno all’allora candidato repubblicano, si è avvicinato a Trump grazie al comune impegno contro l’immigrazione e se – come pare accadrà – dovesse ricevere l’incarico dal Tycoon, potrebbe spingere ancora più a destra le politiche del presidente eletto su questo tema.

Il senatore, omofobo conclamato e considerato un guru delle politiche anti immigrazione, vorrebbe vietare il diritto alla cittadinanza per i figli degli immigrati illegali nati negli Stati Uniti e, solo un anno e mezzo fa, ha pubblicato un editoriale sul Washington Post in cui sosteneva la necessità di rallentare anche il flusso immigratorio legale.

Sessions si è detto entusiasta all’idea di costruire un muro al confine col Messico.

COMMERCIO, LOTTA AL CRIMINE E SPESA PUBBLICA

Se ad attirarlo è stato il piano sull’immigrazione di Trump, il senatore dell’Alabama è però allineato al presidente eletto anche sul commercio, sulla lotta al crimine e sul taglio alla spesa pubblica.

L’INFLUENZA CRESCENTE POST ELEZIONI

La sua influenza su Trump sembra essere cresciuta solo dopo le elezioni. La squadra di transizione (“Transition team”) messa in piedi la settimana scorsa, in cui il vice presidente eletto Mike Pence ha sostituito il governatore del New Jersey Chris Christie, è stata vista come una dimostrazione tangibile del potere crescente di Sessions: il suo capo del personale, infatti, è stato nominato direttore esecutivo per la transizione, e un suo ex collaboratore, Stephen Miller, è diventato direttore della politica nazionale.

RIEMERGONO VECCHIE ACCUSE DI RAZZISIMO

Come commenta la giornalista Dara Lind su Vox che «solo pochi anni fa, questo sarebbe stato inimmaginabile». Nella primavera del 1986 la commissione giustizia del Senato bocciò la nomina di Sessions a giudice federale a causa di alcuni commenti razzisti, facendone il secondo giudice in 50 anni nominato ma non confermato dal Congresso.

L’allora procuratore dell’Alabama, fra le altre cose, aveva definito un avvocato bianco che rappresentava clienti neri «una disgrazia per la sua razza» e sostenuto che l’American Civil Liberties Union e la National Association for the Advancement of Colored People fossero gruppi di comunisti anti-americani, che odiavano i bianchi e «cercavano di cacciare in gola alla gente i diritti civili».

L’EPISODIO LEGATO AL KU KLUX KLAN

Un giudice federale afroamericano, inoltre, ha dichiarato di aver sentito Sessions dire che il Ku Klux Klan fosse «a posto» finché «non ho scoperto che fumavano erba». Sessions ha sempre sostenuto si trattasse di una battuta, anche se la frase fu pronunciata nel corso di una indagine su un caso di omicidio legato al KKK.

Se le voci conservatrici ritengono che quelle mosse a Sessions siano accuse datate e ormai superate, il New York Times ritiene che, in ogni caso, striderebbero con la sua nomina.

LA VOGLIA DI RIVINCITA E LA FEDELTÀ A TRUMP

Oggi, dopo vent’anni in Senato, Sessions ha più alleati rispetto al 1986 e questo potrebbe facilitarne la conferma in caso di nomina da parte di Trump, che ne ha apprezzato la lealtà durante la campagna elettorale e vorrebbe ricompensarlo. Sessions, infatti, è da mesi molto vicino a Donald Trump e nel corso della campagna elettorale è diventato uno dei suoi più fidati consiglieri. Alcune fonti nei giorni scorsi lo davano addirittura come possibile segretario alla Difesa e pare che ci sia stato un dibattito acceso per arrivare alla scelta definitiva.

IL RUOLO DI ATTORNEY GENERAL E L’ITER DI NOMINA (ANCORA IN CORSO)

Quella che Sessions andrebbe a ricoprire, in ogni caso, è una carica di primo rilievo. L’“Attorney General”, infatti, è a tutti gli effetti il capo del Dipartimento di Giustizia, settimo nella linea di successione alla Presidenza USA e coinvolto direttamente in tutti gli affari riguardanti il diritto e l’applicazione delle leggi.

Ma manca ancora l’ufficialità, per cui è necessaria la conferma da parte del Senato. Inoltre, Sean Spicer, portavoce del Comitato Nazionale Repubblicano, non ha neppure confermato le indiscrezioni circolate sulla stampa e ha spiegato che «fino a quando Donald Trump non lo dirà, non sarà ufficiale».

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