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Per le maggiori banche italiane il credito è un’attività redditizia, sebbene produca margini di guadagno risicati, mentre altri istituti più piccoli tra quelli vigilati dalla Bce (quindi di taglia media per il contesto italiano) «sono sotto pressione a livello di redditività». È quanto emerge in un working paper del Fmi sulla redditività delle 15 maggiori banche italiane, scritto dagli economisti Andreas Jobst e Anke Weber. «Il sistema è nel complesso redditizio, ma c’è significativa eterogeneità tra banche», hanno scritto gli autori.

IL PAPER

Il documento non rappresenta necessariamente la posizione ufficiale del Fmi, anche se è stato approvato da Rishi Goyal, l’economista che ha guidato la recente missione del Fondo in Italia. I contenuti del paper sono stati inseriti in parte nello staff report nell’ambito della consultazione «Articolo IV» del Fmi che si è conclusa a luglio.

I GIUDIZI

L’analisi ha valutato la redditività attuale e prospettica dei prestiti delle 15 banche italiane, considerando margini di interessi, costi operativi e rettifiche sul credito. Dalla valutazione è emerso che le maggiori tra le banche considerate «sono già relativamente redditizie e potrebbero esserlo ancora di più attraverso una riduzione dei costi e una maggiore crescita del credito, ma l’ammontare di nuovi prestiti è generalmente frenato dagli attuali buffer di capitale». C’è poi una seconda categoria di istituti «che hanno redditività limitata o lievemente negativa sul credito alle condizioni attuali, ma che saranno aiutati dall’allentamento monetario e dal taglio dei costi».

I RISCHI

Infine alcune banche rischiano perdite nell’attività creditizia anche considerando i benefici legati ai nuovi rifinanziamenti Bce (Tltro2) e alla riduzione delle spese: per questi istituti i tassi sono troppo bassi per compensare i costi operativi e le rettifiche sul credito. Gli economisti del Fmi non hanno fatto i nomi delle banche più in difficoltà, ma hanno osservato che quelle a rischio perdite rappresentano un ottavo dei prestiti totali del campione (facendo rettifiche basate sulle perdite attese, previste dal principio Ifrs9). Tra queste potrebbero esserci Popolare di Vicenza e Veneto Banca, già alle prese con la ristrutturazione guidata da Atlante. Nel complesso tuttavia i prestiti attuali hanno una redditività media ponderata positiva, con un roe netto atteso dello 0,7% (2,1% con il metodo delle perdite registrate, si veda grafico in pagina). Come già in altre analisi del Fmi, gli economisti hanno rilevato che i problemi di redditività riguardano anche le banche più piccole, che non sono vigilate direttamente dalla Bce ma da Banca d’Italia.

LE INCERTEZZE

Al di là dei numeri, l’analisi evidenzia che alcuni istituti, soprattutto di piccole dimensioni, nell’attuale scenario non sono in grado di guadagnare con il credito: un problema che incide sulla loro solidità (con i profitti si aumenta il patrimonio) e si trasferisce a tutta l’economia italiana. «Anche se la domanda di prestiti aumentasse, la volontà e capacità delle banche di fare prestiti rimarrebbe probabilmente modesta», secondo la ricerca Fmi. «La combinazione di elevati crediti deteriorati e bassa redditività in Italia continuerà a pesare sulla ripresa».

I CONSIGLI

Gli economisti hanno osservato che ci sono tre modi per ripulire i bilanci bancari: con la crescita economica, con l’inflazione o con salvataggi pubblici. Gli ultimi due strumenti sono negati dalle normative europee, quindi occorre lavorare su meccanismi di auto-guarigione («self-healing»), come il consolidamento del settore, il taglio dei costi, la revisione dei modelli di business, le riforme delle leggi fallimentari e la definizione di strutture come Atlante e la Gacs. Per gli economisti Fmi «solo banche che sono già redditizie o possono diventarlo nel breve termine sono in grado di assorbire il costo delle riforme e accumulare il capitale necessario per sostenere il credito».

(Articolo pubblica su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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