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L’Ape può essere declinata in tre modalità distinte: social, volontaria o di mercato, aziendale, la prima a titolo gratuito per il lavoratore, le altre a carico del lavoratore e dell’azienda interessati. Possono richiedere l’Ape social i lavoratori in stato di disoccupazione, comunque senza ammortizzatori sociali, coloro che da almeno 6 mesi assistano il coniuge od un parente stretto entro il 1° grado convivente con handicap in situazione di gravità o coloro che abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa con invalidità civile superiore al 74%. In questi casi, i requisiti richiesti sono i 63 anni di età ed almeno 30 anni di contribuzione.

Esiste poi una categoria di lavoratori dipendenti che possono comunque accedere all’Ape social se hanno almeno 36 anni di contributi e svolgono da almeno 6 anni lavori particolarmente faticosi e rischiosi (ad esempio: edili, operai dell’industria estrattiva, conduttori di gru, conciatori, ferrovieri viaggianti, infermiere, ostetriche, insegnanti della scuola dell’infanzia e dell’asilo-nido, ecc.). L’Ape social comporta la cessazione dell’attività lavorativa e la relativa indennità viene corrisposta per 12 mensilità ed è pari all’importo della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione, non è soggetta a rivalutazione e non può superare l’importo mensile di 1.500 €. Per il personale del pubblico impiego, l’Ape social comporta il differimento del Tfs/Tfr all’età ordinaria per la pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi fino al 31/12/2018), liquidazione che sarà ulteriormente posticipata di 12 ovvero 24 mesi se gli importi relativi superano rispettivamente i 50.000 o i 100.000 € lordi. L’Ape social è compatibile con la percezione di redditi di lavoro dipendente entro gli 8.000 € annui, ovvero con attività di lavoro autonomo entro i 4.800 euro annui. Si decade dai benefici se, nel frattempo, colui che ne gode raggiunge i limiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi, per i maschi, 41 anni e 10 mesi, per il personale femminile, entro il 31/12/2018).

Per l’Ape volontaria o di mercato i requisiti sono i 63 anni di età ed almeno 20 anni di contributi. Il costo sarà quasi totalmente a carico del pensionato, visto che l’assegno (prestito bancario), con copertura assicurativa per la eventuale morte prematura dell’interessato, dovrà essere restituito in 20 anni a partire dal pensionamento vero e proprio. L’importo della pensione, al netto della rata di ammortamento corrispondente all’Ape richiesto, non deve risultare inferiore a 1,4 volte il minimo Inps (circa 703 € mensili, nel 2017). Per effetto di una detrazione fiscale ad hoc, il costo effettivo per ogni anno di pensionamento anticipato dovrebbe aggirarsi tra il 2% ed il 5% della pensione (che è già più bassa di quella che si sarebbe maturata continuando a lavorare). Credo che questo istituto sarà poco utilizzato.

Con l’Ape aziendale, il datore di lavoro, previo accordo con il dipendente, potrà concorrere ai costi dell’operazione o versare contributi aggiuntivi, che aumenteranno l’importo della pensione. Questo istituto potrebbe favorire ristrutturazioni aziendali o risolvere situazioni di esubero, temo a scapito dei livelli occupazionali. I lavoratori che hanno compiuto 63 anni e raggiunto almeno 20 anni di contributi Inps ed hanno aderito ad un Fondo di previdenza complementare, possono richiedere la Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata), in luogo dell’Ape. La prestazione consisterà nell’erogazione frazionata del montante di contributi accumulato presso il Fondo pensione. La Rita è tassata con aliquota decrescente dal 15 al 9%, a seconda del maggior periodo di contribuzione al Fondo.

Per i lavoratori precoci (almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età) si potrà accedere alla pensione, dal 1/05/2017, con 41 anni di età, anziché i 42 anni e 10 mesi in via ordinaria per gli uomini (1 anno in meno per le donne). Tuttavia per accedere a questo anticipo non basta il solo requisito contributivo, ma bisogna essere nelle condizioni famigliari e sociali di coloro che possono accedere all’Ape social, ovvero essere lavoratori “usurati” ai sensi del D.Lgs. 67/2011.

Inoltre nell’anno e 10 mesi di anticipo, la pensione non è cumulabile con attività di lavoro dipendente o autonomo. Per tutti coloro che matureranno, in forza dei contributi versati, le pensioni anticipate, verranno eliminate le penalizzazioni se si smette di lavorare prima dei 62 anni (penalizzazione introdotta dalla legge Fornero). Infine, per i lavoratori soggetti ad attività usuranti (turnisti, catena di montaggio, conducenti di veicoli di trasporto pubblico, ecc., ai sensi del D.Lgs.67/2011), il beneficio per l’accesso anticipato alla pensione parte dal mix della quota 97,6, con almeno 61 anni e 7 mesi di età, e comporta l’esercizio dell’attività lavorativa anzidetta per almeno 7 anni degli ultimi 10, ovvero per metà della vita lavorativa complessiva. La cancellazione delle “finestre mobili” (12 mesi per i dipendenti, 18 mesi per gli autonomi) porterà, per chi ha svolto attività usuranti, nell’immediato ad un anticipo della pensione, che in prospettiva aumenterà ancora perché viene sospeso, per tali lavoratori, l’adeguamento dei requisiti anagrafici di accesso all’aumento della speranza di vita nel periodo 2019-2026. E’ infine prevista una semplificazione dei documenti necessari per accedere a tale agevolazione, che finora si è caratterizzata per complessità e scarsa efficacia.

Il “pacchetto previdenziale anzidetto” sarà di difficile attuazione, comporterà oneri, nel triennio, stimati in 7 mld. e richiederà l’emanazione di alcuni Dpcm (sui diversi tipi di Ape), la definizione di convenzioni con Banche ed Assicurazioni, l’emanazione di un D.M. per le attività usuranti ed una Circolare Inps per attivare l’ottava salvaguardia-esodati.

Per quanto riguarda pensioni in godimento: nel 2017 non cresceranno perché, ai sensi del D.M. Economia-Lavoro del 23/11/2016, la rivalutazione provvisoria 2016, a valere dal 1/01/2017, è stata valutata pari allo 0%. Nel 2017 dovrebbe essere recuperato, nel mese di gennaio, lo 0,1% percepito in più nel 2015 (anno in cui la rivalutazione previsionale era stata stimata al + 0,3%, mentre quella effettiva è risultata solo del + 0,2%), conguaglio negativo che è stato “sospeso” nel 2016 dall’art. 1, c.288, della L. 208/2015 in attesa della rivalutazione definitiva dei trattamenti pensionistici 2016. Dal 2017 non si applicherà più il contributo di solidarietà (-6%, -12%, -18%) sulle pensioni in godimento di importo superiore rispettivamente a 14, 20, 30 volte il minimo Inps.

Ape social e Ape volontaria, come funzionerà il pensionamento anticipato

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