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Al Senato, la riforma è stata votata da 180 senatori su 315 elettivi il che rappresenta un solido 57% (ben oltre la metà più uno che è di 158 senatori, 161 considerando anche quelli a vita, dei quali però si è espresso solo il presidente emerito Napolitano, mentre la senatrice Cattaneo si è astenuta). Alla Camera da 361 deputati su 630 (sempre poco oltre il 57%).

Ma la riforma costituzionale è stata votata ben 6 (sei) volte. Presentata dal Governo al Senato fu varata nell’agosto 2014; passò alla Camera che la modificò nel marzo 2015; il Senato la rimodificò nell’ottobre successivo; la Camera confermò quel testo nel gennaio 2016 e il Senato lo rivotò uguale sempre a gennaio 2016 (erano passati più tre mesi da ottobre). La Camera è attesa all’ultimo passaggio parlamentare previsto in aprile (quando saranno passati tre mesi dal suo primo voto, dunque in una data successiva al 10 aprile 2016).

Rispondere alla domanda ”chi l’ha votata” sarebbe semplice, se non fosse che il costante sostegno in termini numerici delle due assemblee nel loro complesso alla riforma non è andato di pari passo a una coerenza di atteggiamento dei partiti (o gruppi). Alcuni dei sostenitori della prima ora hanno cambiato idea, mentre in compenso i dissensi interni ad alcuni gruppi di opposizione (su questa come su altre questioni) ha portato alla costituzione di nuovi gruppi scissionisti sia fautori della riforma sia oppositori. Come se non bastasse, quasi tutti i gruppi (PD, FI-PDL, GAL) hanno registrato prese di posizione individuali di dissenso, rispetto a quella del gruppo (v. ad esempio dichiarazioni di voto del 8 agosto 2014 di Vannino Chiti, Mineo, Tocci; o quella di Augusto Minzolini in dissenso da FI-PDL; di Mauro da PI; quelle del 10 marzo 2015 di Rosy Bindi, D’Attorre, Rotondi etc.). Tutto ciò rende ogni valutazione complicata (e di per sé mostra quanto sarebbe utile contenere e contrastare un frazionismo che pare irriducibile).

Non c’è dunque che esporre nudi e crudi i dati, votazione per votazione e farsi un’idea:

VOTO RIFORMA COSTITUZIONALE TABELLA

Un’analisi di questa sequenza di votazioni dà la risposta alla domanda “chi ha votato questa riforma?”: consente di dire che questa è la riforma del PD, della maggioranza che sostiene il Governo Renzi, nonché di un folto numero di componenti del centro-destra che in una forma o nell’altra hanno ritenuto di restare coerenti con la scelta compiuta dal loro leader (Silvio Berlusconi) fra dicembre 2013 e gennaio 2015 (cioè dall’incontro con Renzi nella sede del Pd fino all’elezione del nuovo capo dello Stato)7. Ciò è così vero che – nonostante l’incredibile tourbillon, una vera e propria sarabanda – di spostamenti fra un gruppo e l’altro, di costituzione e di scioglimento di gruppi e gruppetti (autonomi o presenti come componenti nei due gruppi Misti), il numero dei fautori della riforma non è sostanzialmente mai cambiato. Al Senato 183, 179, 180! alla Camera 357, 367, 361: sempre dal 56% al 58% dei componenti di ciascuna Camera. Perfino sommando i due migliori esiti (183 e 367) e i due più deboli (179 e 357) si registra un totale di parlamentari per la riforma da 536 a 550: una variazione di 14 (su 936!) del tutto irrilevante, specie se si pensa a quante cose sono cambiate nel sempre agitato sistema politico italiano in questi due intensi anni.

Quanto al PD: con i suoi 300 deputati e i suoi 112 senatori i parlamentari PD costituiscono oltre i tre quarti dei fautori della riforma. Anche tenendo conto di alcuni dissenzienti (che non han votato o che addirittura hanno votato contro in alcune occasioni, alcuni lasciando alla fine prima il gruppo poi il partito), questa è, qualsiasi cosa si pensi nel merito, o una riforma targata prima di tutto PD.

Nono di una serie di approfondimenti. Qui si può leggere il primo, qui il secondo, qui il terzo, qui il quarto, qui il quinto, qui il sesto, qui il settimo, qui l’ottavo. Qui si può leggere il testo completo.

Chi ha votato la riforma costituzionale in Parlamento

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