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La crociata anti-Uber di Didi Chuxing, la rampante azienda cinese del ride hailing che ha rilevato le attività della concorrente americana in Cina, va avanti di pari passo con la sua espansione in Asia. Non solo Didi ha partecipato da protagonista al nuovo round di finanziamenti del servizio di ride sharing numero uno del Sud-Est asiatico, Grab, che ha messo insieme 350 milioni di dollari; l’operatore cinese del servizio taxi alternativo ha ricevuto a sua volta un importante finanziamento (circa 120 milioni di dollari) da una filiale della taiwanese Foxconn, il più grande produttore di elettronica del mondo, che rifornisce anche Apple (che è un altro investitore di Didi) di componenti per gli iPhone.

L’OPERAZIONE FOXCONN

Con l’investimento di Foxconn, Didi continua a mettere in fila sostenitori di grande calibro: Apple, Tencent Holdings, Alibaba, Baidu e porta il suo valore, secondo i calcoli di Reuters, a 33,7 miliardi di dollari, oltre a consolidare la sua presenza nel “chi è chi” del mondo hitech, secondo Forbes.

L’investimento di Foxconn coincide anche, osserva ReCode, con l’intensificarsi delle ambizioni di Didi Chuxing di diffondersi a livello internazionale, oltre ad aprire le porte a una collaborazione diretta tra Didi e Foxconn che “sarà esplorata”, anche se le due aziende non hanno fornito alcun dettaglio. Didi è già la piattaforma dominante in Cina per il trasporto alternativo; l’ingente investimento di Apple a maggio scorso (1 miliardo di dollari, all’interno di un round da 7,3 miliardi) ha contribuito notevolmente a rafforzare la capacità di Didi di migliorare il suo servizio e espandersi.

FAVORIRE GLI ATTORI ASIATICI

L’investimento di Didi nella società del ride hailing Grab fa parte della stessa strategia di espansione internazionale, a partire dal continente asiatico: l’idea è di rafforzare i player locali a scapito di quelli occidentali. Didi, secondo la stampa Usa, avrebbe partecipato al round di finanziamenti di Grab con 100 milioni di dollari; altri finanziatori sono il fondo di investimenti sovrano China Investment Corporation e l’hedge fund statunitense Coatue Management. Grab ha detto che userà i fondi per espandere il servizio e investire in tecnologie.

Didi, che ha rilevato le attività di Uber in Cina, ha un accordo con l’americana per mantenere vivo il marchio Uber e per investire in Uber un miliardo di dollari, tuttavia l’investimento nella rivale Grab potrebbe indicare che l’intenzione dell’azienda cinese è di relegare a un ruolo minoritario il servizio dell’americana a favore degli attori asiatici.

Infatti Uber, che ha dovuto battere in ritirata in Cina, probabilmente vorrà rafforzarsi nei paesi del Sud-Est asiatico, dove i servizi di ride hailing sono ancora in fase di sviluppo: lo stesso Ceo di Grab Anthony Tan dice di aspettarsi una strategia del genere. Le risorse di Didi arrivano al momento opportuno.

“Didi probabilmente aveva messo da parte molti soldi per sostenere la concorrenza di Uber in Cina. Ora quei soldi non servono più e può usarli per crescere in mercati come il Sud-Est asiatico e sostenere gli attori più promettenti della sua industria”, commenta Adrian Li, managing partner di Convergence Ventures, che ha sede a Jakarta.

I NUMERI DI GRAB

Fondata in Malesia, Grab ha raccolto 700 milioni di dollari di investimenti dal lancio nel 2012 ed era valutata nel 2014 1,5 miliardi di dollari, secondo Cb Insights; probabilmente ora, con il nuovo round di finanziamenti, la valutazione è maggiore. Tra i suoi investitori figurano anche il colosso giapponese delle telecomunicazioni SoftBank e l’azienda di Stato di Singapore Temasek Holdings. Ha 75.000 di utenti registrati e attività in 30 città di 6 paesi: Singapore, Malesia, Filippine, Tailandia, Vietnam, Indonesia.

Nonostante bruci contante a ritmi altissimi per finanziare la sua crescita (si calcola una perdita netta di 39,8 milioni di dollari a fine 2015), Grab è considerata una start up promettente: l’uso della app per chiamare un autista è in aumento nel Sud-Est asiatico, specialmente a Singapore, dove possedere un’auto privata ha un costo altissimo, ma anche a Manila e Jakarta, dove il traffico è congestionato e trovare un taxi non è facile. In più la concorrenza tra le app per chiamare un taxi nel Sud-Est asiatico “non è serrata come in Cina o India”, sottolinea Li. Dati ufficiali di Grab indicano che la app è stata scaricata più di 11 milioni di volte e che, da metà 2015, le corse GrabCar sono cresciute in media del 35% al mese, mentre quelle di GrabBike sono aumentate del 75%.

FRONTE ANTI-UBER

Ovviamente il mercato delle app per chiamare taxi, o auto private con autista, è in evoluzione e mentre alcuni servizi si affermeranno altri probabilmente spariranno dal mercato, come sempre accade in fase di start up. Il colosso Didi potrebbe influire su chi saranno vinti e vincitori sul mercato asiatico delle taxi app.

L’anno scorso la cinese ha investito 30 milioni di dollari in Ola, servizio di ride hailing dell’India, che è sostenuto anche dalla giapponese SoftBank. Quest’ultima è a sua volta alleata di Didi in un fronte comune anti-Uber che include Lyft (azienda di San Francisco) e, appunto, Grab. Ora che Didi ha rilevato le attività cinesi di Uber, dicono alcuni analisti, un potenziamento degli investimenti in Ola sarà una chiara mossa contro Uber, nonostante sia sua partner in Cina.

Ecco come va avanti il fronte anti-Uber in Asia guidato dalla cinese Didi

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