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Jens Weidmann numero uno – ultra rigoroso – della Bundesbank, la banca centrale tedesca, non sarebbe contrario a un salvataggio pubblico delle banche italiane in crisi. Lo ha dichiarato in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung am Sonntag, l’edizione domenicale del quotidiano liberal di Francoforte. Testualmente Weidmann ha detto: “Non è da escludere a priori, accanto alla presenza agli investitori privati, un impegno diretto da parte dello Stato per giungere a una soluzione vera”. Si tratta di un, seppur leggero, scostamento dalla linea di rigore ortodossa solitamente perseguita da Weidmann, ma anche da quanto stabilito dopo la crisi finanziaria degli ultimi anni: cioè che da quel momento in poi sarebbero stati i proprietari e i creditori ad appianare le perdite e non più la collettività.

Weidmann ha spiegato di non escludere l’opzione del salvataggio pubblico perché vi sono azionisti da tutelare in modo particolare, per ragioni politiche. Il governatore della Bundesbank pensa per esempio a quegli azionisti che avevano scelto profili di acquisto prudenti. Accanto a questa apertura, Weidmann ha però anche ribadito che se si volesse prendere in considerazione l’opzione da lui indicata, non vi sarebbe comunque la necessità di “allentare le norme che regolano il bail-in”.

Può essere che Weidmann come altri economisti, e tra questi per esempio l’ultraortodosso Werner Sinn ex capo dell’Istituto di studi economici Ifo di Monaco di Baviera, tema che la crisi di governo italiana scaturita dalla bocciatura della riforma costituzionale e le conseguenti dimissioni di Renzi, faccia ritornare la crisi nell’eurozona. I giornali tedeschi molto imbeccati da quelli anglosassoni, avevano fatto a gara, prima del referendum, a dipingere uno scenario catastrofico qualora avesse vinto (come ha vinto) il fronte anti Renzi.

Il Wall Street Journal già a metà agosto scriveva che l’esito del referendum italiano era più importante di quello britannico, mentre il Financial Times qualche giorno prima del voto scriveva che “ben otto banche italiane si troveranno sull’orlo del baratro qualora vincesse il NO”.

Le reazioni dei mercati finanziari sono state meno traumatiche. La crisi delle banche italiane resta però.

Weidmann nell’intervista di domenica ha ribadito inoltre il proprio scetticismo nei confronti della linea di politica monetaria perseguita dal governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi. Non sarà certo la linea espansiva a tirar fuori non solo l’Italia dalle difficoltà e debolezze strutturali, di questo il governatore tedesco resta convinto. Rispetto al fatto che Draghi abbia appena comunicato di voler proseguire anche per tutto il 2017 con l’acquisto dei titoli di Stato per facilitare la ripresa, Weidmann nell’intervista alla FAS ha ribattuto: “Questa politica non può trasformarsi in un dato di fatto immutabile”. Weidmann teme effetti collaterali. Motivo per cui anche a fronte della estrema fragilità di tutta l’eurozona il governatore della Bundesbank sollecita interventi e provvedimenti che possano indurre un vero “rafforzamento dell’area euro”. Ma per rafforzare l’area euro c’è a suo avviso un unico modo, e cioè rendere più impermeabili alle crisi i sistemi finanziaria il che, a sua volta si ottiene solo attraverso il risanamento delle finanze. Tradotto il messaggio all’Italia è chiaro: indipendentemente da chi prenderà in mano il timone del paese, l’Italia i compiti deve continuare a farli.

Il messaggio è inequivocabile, eppure l’apertura a un eventuale intervento dello stato in soccorso alle banche in sofferenza, potrebbe forse essere anche il primo, seppure ancora troppo debole segnale di un ripensamento anche da parate di Berlino o per lo meno di una presa di coscienza che anche la politica economica e finanziaria fino a qui perseguita o meglio imposta, è patrigno del clima politico.

JENS WEIDMANN

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