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Domanda. E adesso? Javier Milei sembrava a un passo dal naufragio solo pochi giorni prima delle elezioni di medio termine della scorsa domenica. La sua politica economica, miscela esplosiva di tagli e privatizzazioni a profusione, non sembrava essere stata in grado di raddrizzare le sorti di un Paese fallito otto volte nella storia recente. La sensazione che il voto di due giorni fa, più che un tagliando, fosse una rottamazione anticipata, era forte. Invece no, alla fine ha vinto con oltre il 40% delle preferenze.

Messo con le spalle al muro dall’attuale crisi valutaria, con i capitali in fuga dal Paese per il timore da parte degli investitori di un crollo del peso, dagli scandali che hanno travolto la sua amministrazione, da un congresso sempre più indisciplinato e dal malessere di una popolazione duramente provata da quasi due anni di tagli, il presidente è arrivato all’appuntamento elettorale senza dollari, senza alleati e senza una chiara via di uscita.

La sua barca ha iniziato a fare acqua e per tenerla a galla è intervenuto Donald Trump, che tramite i Tesoro ha concesso un prestito da 20 miliardi, senza il quale la nave Argentina sarebbe affondata. Qualcuno, sulle scialuppe per la verità c’era già salito. Le dimissioni a sorpresa del ministro degli Esteri ed ex ambasciatore a Washington Gerardo Werthein e quelle già annunciate del ministro della Giustizia Mariano Cúneo Libarona avevano il sapore della fuga.

Va bene, la tempesta è passata. Forse. E, tornando al punto di partenza, adesso? Il popolo ha parlato e dato un nuovo mandato all’inquilino della Casa rosada. Il partito del presidente argentino ha aumentato la sua quota di seggi al Congresso, questo vuol dire che nei fatti Milei ha più spazio di manovra per far approvare i suoi provvedimenti. L’Atlantic Council ha interpellato alcuni esperti, per capire quale sarà la strada di Milei per riconquistare il favore dei mercati. “Un fattore che probabilmente ha inciso sull’entità della vittoria di Milei è stato il sostegno dell’amministrazione Trump, tramite una linea di swap valutario da venti miliardi di dollari per acquistare debito argentino”, si legge nel report. Ed è “probabile che i mercati oscillino fortemente a favore dell’Argentina nei prossimi giorni, sostenendo il tasso di cambio e consentendo al governo di riprendere l’accumulo di riserve valutarie, e anche i tassi di interesse dovrebbero scendere sensibilmente”.

Quale sarà quindi la prossima fase delle riforme di Milei? Gli economisti convergono su una risposta. “Un ambizioso programma di deregolamentazione, insieme a riforme del lavoro, fiscali e potenzialmente della previdenza sociale e modifiche alle politiche valutarie dell’Argentina. Milei ora avrà più facilità a costruire maggioranze legislative per determinate mosse politiche e a bloccare qualsiasi grande piano di spesa. Sfruttando questa finestra di opportunità politica ed economica per promuovere la trasformazione strutturale dell’economia e garantire che le promesse portino a risultati concreti in termini di crescita e occupazione”.

“Dopotutto l’Argentina ha ancora molta strada da fare per eliminare le vestigia del peronismo dalla sua economia, a partire dalla rigidità del mercato del lavoro e dall’elevato costo delle pensioni. Il risultato di medio termine suggerisce che Milei ha ottime possibilità di essere rieletto tra due anni, il che non sfugge ai legislatori. Il successo genera successo. È questa dinamica che dovrebbe giocare a favore di Milei mentre prosegue il suo difficile e spesso doloroso percorso di riforme”.

Riforme, meno tasse e fiducia dei mercati. Milei e quel secondo bonus elettorale

Le elezioni di medio termine hanno avuto come risultato principale quello di aumentare lo spazio di manovra del pirotecnico leader argentino presso il Congresso. Ora, visto come si erano messe le cose prima del voto, è tempo di riforme vere e convincenti. Ecco cosa ne pensa l’Atlantic Council

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