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In occasione del primo anniversario della morte di Navalny, migliaia di cittadini russi hanno osato esprimere pubblicamente il loro sostegno e affetto al leader dell’opposizione deceduto in circostanze a dir poco discutibili in un carcere siberiano. Un atto di coraggio che assume un rilevante significato politico visti rischi e le ingiustizie a cui va incontro chiunque manifesti un dissenso rispetto al regime Putin.

Fin dalle prime ore del mattino, le minacce sono comparse online, con numerosi account pro-Putin che hanno invaso Telegram di messaggi come: “Il Grande Fratello vi sta guardando”. Nelle città, invece, ufficiali sia in uniforme che in abiti civili hanno filmato chi deponeva un fiore, hanno preso le generalità dei cittadini e hanno gettato i fiori nei bidoni della spazzatura. In alcune regioni, l’accesso ai monumenti commemorativi è stato bloccato con la scusa di un allarme bomba.

Sono centinaia le persone arrestate per aver partecipato agli eventi in memoria di Alexei Navalny. Un uomo è stato arrestato e incarcerato per aver mostrato un cartello con la scritta “Se oggi ti senti ferito, non sei solo! Il cuore di Alexei batte per noi”.

Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, Yoshkar-Ola, Sverdlovsk, Perm, Nakhodka, Barnaul, Yekaterinburg, Ukhta, Belgorod, Nizhny Novgorod, Ulyanovsk, Chelyabinsk: sono solo alcune delle città e regioni in cui si sono tenute manifestazioni in ricordo di Navalny.

In una cerimonia commemorativa a Berlino, centinaia di sostenitori di Alexei Navalny si sono stretti attorno alla vedova Yulia Navalnaya per manifestare la ferma volontà di proseguire nell’opposizione a Putin e alla sua struttura di potere. Nel suo intervento, Navalnaya ha sottolineato la necessità di sostenere l’opposizione interna perché mentre in Europa “possiamo sentirci liberi, in Russia la gente è ostaggio del regime”.

Già un anno fa, rivolgendosi ai parlamentari europei, Navalnaya aveva dichiarato: “Non si può danneggiare Putin con un’altra risoluzione o un’altra serie di sanzioni non diverse dalle precedenti. Non avete a che fare con un politico ma con un mafioso. La cosa più importante sono le persone vicine a Putin, i suoi amici, collaboratori e custodi del denaro della mafia. Voi, e tutti noi, dobbiamo combattere questa banda criminale”.

Putin e i suoi soci colpiscono persino gli stessi avvocati di Navalny, che sono stati accusati di “estremismo” e incarcerati. Nella Russia di oggi, assicurare il diritto di difesa, soprattutto ad imputati sgraditi al regime, equivale a commettere un reato. Sugli avvocati si è abbattuta una scure che ha reso la professione meramente decorativa. Un destino comune a tutte le istituzioni: dalla Duma alla Corte Suprema, dalla Presidenza alla Costituzione stessa.

Diciotto Paesi, tra cui diverse nazioni europee, più Australia, Canada e Regno Unito, hanno diramato una dichiarazione congiunta: “Il Cremlino schiaccia il dissenso pacifico, mantiene un clima di paura e mina lo stato di diritto. Mentre riflettiamo sull’eredità di Navalny, continuiamo a stare al fianco della società civile e dei difensori dei diritti umani che lavorano instancabilmente per costruire un futuro migliore per la Russia correndo immensi rischi”.

Un futuro migliore dovrà includere anche la Bielorussia. Come dichiarato da Volodymyr Zelensky nel suo intervento alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, è davvero giunto il momento che gli alleati si pongano “il problema della Bielorussia che è ormai una provincia russa”. Assieme all’opposizione russa occorre incoraggiare congiuntamente quella bielorussa.

In questo quadro è previsto l’incontro “Per la Bielorussia democratica” che riunisce i sostenitori dell’opposizione bielorussa a livello europeo. Si tratta di un’importante riunione organizzata dall’Università La Sapienza in programma alla Camera dei Deputati il 6 e 7 marzo alla quale prenderanno parte la leader democratica bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya con autorevoli personalità e rappresentanti europei e bielorussi determinati a riaffermare l’urgenza di un contributo politico concreto in grado di assicurare un sostegno fattivo alla diaspora e all’opposizione bielorussa costretta all’esilio in Lituania.

Vale anche per la Bielorussia, ciò che ha detto per il suo Paese Yulia Navalnaya: “Dobbiamo manifestare per quelle persone in Russia che non possono. Voglio un Paese normale e democratico”.

Lotta per la libertà, a che punto siamo a un anno dalla morte di Navalny. Scrive Terzi

A un anno dalla morte di Aleksei Navalny a ricordarlo sono stati tanti cittadini russi, ma non solo. A intervenire, da Berlino, anche la moglie, la quale ha sottolineato la necessità di sostenere l’opposizione interna perché mentre in Europa “possiamo sentirci liberi, in Russia la gente è ostaggio del regime”

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