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La guerra si combatte anche con le parole. E per l’Unione Europea, ora attraverso un nuovo strumento: il “Democracy Shield”, lo Scudo Democratico Europeo. Un piano che unisce sicurezza, intelligence e comunicazione strategica. Obiettivo: proteggere il sistema democratico europeo dalle interferenze straniere, soprattutto russe, e dalle manipolazioni digitali che inquinano il dibattito pubblico.

La Commissione e l’Alto rappresentante per la politica estera hanno presentato oggi il progetto come un passo decisivo per rafforzare la resilienza democratica dell’Unione di fronte alle guerre informative, cognitive e ai tentativi di manipolazione delle percezioni. Questo grazie a tre linee d’azioni principali: la tutela dello spazio informativo, la difesa delle istituzioni democratiche e dei processi elettorali ed il rafforzamento dei media indipendenti e della partecipazione civica.

L’architettura dello Scudo

Il cuore del piano è il Centro Europeo per la Resilienza Democratica, una struttura di coordinamento tra istituzioni, Stati membri e Paesi candidati. Sarà il punto di raccolta e analisi dei dati sulle campagne di manipolazione informativa, un radar politico capace di intercettare contenuti falsi, anticipare operazioni di disinformazione e coordinare le risposte.

Il centro lavorerà in sinergia con altri strumenti europei come il Rapid Alert System e il network EuvsDisinfo, che già – da anni – monitorano le narrative ostili diffuse da Mosca e Pechino. In aggiunta, sarà operativa anche una piattaforma di stakeholder, fact-checker, ricercatori, media indipendenti e ong che alimenteranno il flusso informativo, il tutto sotto la supervisione della Commissione.

L’arma digitale

Le campagne di disinformazione, si legge, “mirano a erodere la fiducia nelle istituzioni democratiche e a polarizzare la società”. Gli strumenti sono noti ma sempre più sofisticati: profili falsi, reti di bot, deepfake, amplificazione artificiale di contenuti divisivi.
La risposta Ue si appoggerà a una serie di armi normative già in campo: il Digital Services Act, che impone trasparenza agli algoritmi delle grandi piattaforme; l’AI Act, che obbliga a segnalare i contenuti generati da intelligenza artificiale e il Codice di condotta sulla disinformazione, che lega le piattaforme a impegni di verifica e demonetizzazione dei contenuti manipolativi.

Bruxelles prepara inoltre un “Blueprint Fimi”, un manuale operativo per il contrasto coordinato delle operazioni di influenza esterna. Qui l’elemento di forza: la difesa dell’informazione come strumento di sicurezza comune, con cooperazione tra Ue, Nato e G7.

Il fronte elettorale

L’attenzione è puntata anche sulle elezioni, considerate terreno privilegiato delle interferenze. Il rapporto cita i casi di Romania e Moldavia, dove Mosca avrebbe tentato di alterare il voto con operazioni ibride (cyberattacchi, fake news, finanziamenti occulti, propaganda mirata).
La Commissione propone un meccanismo di resilienza elettorale per scambiare informazioni, rafforzare la sicurezza cibernetica e contrastare la disinformazione pre-elettorale.

Tra i molti strumenti ipotizzati, presenti anche un “codice etico per l’uso dell’intelligenza artificiale nelle campagne politiche” e un network volontario di influencer “etici” chiamati a promuovere informazione verificata e trasparenza. Nella stessa logica rientra la stretta sui finanziamenti opachi e sull’uso di criptovalute nei movimenti politici.

Il fronte mediatico

Il Democracy Shield non tralascia il terreno dell’informazione. Il nuovo Media Resilience Programme finanzierà media indipendenti e locali, sostenendo giornalismo d’inchiesta e alfabetizzazione digitale. Il piano cita anche strumenti giuridici già in vigore, come l’European Media Freedom Act e la Direttiva anti-Slapp per proteggere i giornalisti dalle cause intimidatorie. Tuttavia, dietro la difesa della pluralità informativa, emerge un’altra priorità: la gestione strategica del flusso di notizie in chiave di sicurezza.

In sinstesi

Il Democracy Shield è la risposta dell’Ue alla guerra cognitiva e informativa che tenta di corroderla dall’interno. Un progetto di difesa delle menti e delle narrative. È la versione europea della psychological defence scandinava, ma con implicazioni politiche più sensibili, con meccanismi che centralizzano funzioni di controllo e decisione a Bruxelles, rischiando di restringere il perimetro dei propri diritti fondamentali in nome della difesa delle proprie democrazie.

Da Bruxelles arriva la difesa contro la guerra informativa. Ecco lo scudo democratico

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