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Diradando i timori di un ennesimo testa coda americano sull’Ucraina e la nebbia interessata fatta calare da Putin dopo aver telefonato a Trump per proporgli un ennesimo vertice negoziale, il presidente degli Stati Uniti ha nettamente smentito le indiscrezioni del Washington Post e affermato di non avere affatto parlato del Donetsk né col Cremlino né con Zelensky.

“No, non ne abbiamo discusso”, è stata la secca risposta alla domanda diretta rivoltagli dai giornalisti sull’Air Force One. “Quello che dovrebbero fare – ha specificato Trump – è fermarsi lungo la linea di battaglia dove si trovano ora, tornare a casa e smettere di uccidere. Il resto è molto duro da negoziare. Ci sono così tante differenze”.

La doppia smentita lascia intendere che l’amministrazione americana sta concedendo a Putin un’ultima chance per verificarne l’effettiva volontà di avviare negoziati con Kyiv e che anche se non ha ottenuto i missili a lunga gittata Tomahawk, sui quali Trump ha tuttavia precisato il vicepresidente Vance si è riservato di decidere, Zelensky non è tornato in patria del tutto a mani vuote dalla Casa Bianca.

Se non ancora i sofisticati Tomahawk, gli Usa forniscono infatti all’Ucraina vari altri tipi di missili in grado di assicurare una copertura difensiva aerea e colpire le retrovie, le linee dei rifornimenti e le fonti energetiche della Russia e inoltre assicurano a Kyiv un’essenziale supporto di intelligence per monitorare i target dell’armata russa e dell’apparato bellico di Mosca.

Negli Stati Uniti, oltre a Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha incontrato – scrive il Wall Street Journal – i dirigenti americani del settore energetico per ottenere un maggiore sostegno per affrontare l’imminente crisi energetica invernale del suo Paese. Sul fonte, intanto, la guerra continua più cruenta che mai con i combattimenti più feroci nell’oblast di Donetsk.

In attesa del faccia a faccia di Budapest al quale Putin, se non vuole un bis di Anchorage dovrà presentarsi con qualche proposta concreta, dal presidente francese Macron, al cancelliere tedesco Merz, alla rappresentante Ue per la politica estera Kaja Kallas, vari leader hanno sottolineato che “non è una bella cosa vedere arrivare in un Paese europeo una persona su cui pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini di guerra”. E poi per cosa? Visto che ancora una volta la domanda è se tutto ciò apporterà qualche sviluppo positivo.

In proposito c’è molto scetticismo, tanto che Zelensky ha già messo le mani avanti ed affermato che “sono necessari passi decisivi da parte degli Stati Uniti, dell’Europa, dei Paesi del G20 e del G7” per porre fine alla guerra. “Putin è simile a Hamas, ma più forte”, ha detto Zelensky. La guerra è su più vasta scala e l’esercito russo è il secondo più grande al mondo, ha aggiunto, “ed è per questo che è necessaria una maggiore pressione”.

L’ultima mossa di Putin evidenzia, secondo gli esperti di strategie militari, più le difficoltà militari russe che il tentativo di dividere la Casa Bianca da Kyiv e dall’Europa. Lo sottolinea il quotidiano inglese The Guardian che scrive: “Il campo di battaglia è ancora il fattore più importante. La carta più forte che l’Ucraina potrebbe avere in vista dei negoziati è una difesa solida come la roccia. Mentre la carta più forte che la Russia potrebbe avere è una linea del fronte in stato di collasso”.

Per il Guardian infatti l’offensiva estiva russa non ha portato a acquisizioni sostanziali e non ha cambiato la situazione strategica e soprattutto non si sono nemmeno avvicinati a una svolta operativa. La guerra di logoramento sta logorando più gli invasori che i difensori.

Proprio come teorizzava Sunt Tzu, il famoso stratega cinese autore dello storico “L’Arte della guerra”: “L’invincibilità sta nella difesa. La vulnerabilità nell’attacco. Se ti difendi sei più forte. Se attacchi sei più debole”.

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