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L’accordo sul gas tra Iran, Cina – attraverso la China National Petroleum Corp (Cnpc) – e il gruppo energetico francese della Total segna un cambio di passo nella strategia degli ayatollah per rientrare al centro dello scacchiere energetico internazionale dopo il varo dei nuovi contratti nel settore petrolifero e del gas varato dal governo Rohani per rilanciare gli investimenti esteri.

LA CONCORRENZA TOTAL-ENI

Total brucia così sul tempo gli italiani dell’Eni e mette le mani su uno dei giacimenti più promettenti della Repubblica Islamica, il South Pars, il cui sviluppo è fermo al palo a causa del gap tecnologico e gli enormi costi di sviluppo. Entrambi i problemi potrebbero presto essere superati: l’accordo dovrebbe iniettare risorse pari a 6 miliardi di dollari. Al consorzio tra Total e Cnpc partecipa anche la società iraniana Petropars.

COSA SI DICE IN FRANCIA

La stampa francese ha subito esultato per il risultato ottenuto dal proprio campione industriale ma è altrettanto vero che sull’accordo pesano due ombre. La prima riguarda la complessità dei lavori ancora da intraprendere sul megagiacimento. Dopo aver sviluppato con successo le fasi 2 e 3 di South Pars negli anni 2000, rileva il Ceo di Total, Patrick Pouyanné, “Total torna in Iran per sviluppare una nuova fase di questo giacimento gigante di gas. Il gruppo è onorato di essere stato scelto da Nioc (National Iranian Oil Company): si tratta di un riconoscimento importante della nostra competenza tecnica e della lunga partnership con l’Iran. Total si rallegra che le discussioni con Nioc abbiano permesso di definire un accordo commerciale attrattivo”. La seconda ombra è inerente il tema delle sanzioni.

DOSSIER IRAN

Come ha sottolineato il Wall Street Journal, Total e Cnpc sono tradizionalmente in prima fila nella negoziazione di accordi con paesi colpiti dalle sanzioni statunitensi. Le due aziende hanno giocato ad esempio un ruolo centrale nel progetto da 27 miliardi di dollari per lo sviluppo di un giacimento di gas naturale in Russia, in partnership con Oao Novatek. Al contrario, le aziende energetiche statunitensi hanno tardato a tornare in Iran a causa delle preoccupazioni persistenti legate alle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti che ancora riguardano il programma missilistico iraniano e il sostegno al terrorismo internazionale. Nei mesi scorsi il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha tuttavia assicurato che le sanzioni non sono più applicabili. La nuova guida della Casa Bianca potrebbe però cambiare lo scenario.

LO SCENARIO GEOPOLITICO

Per questo motivo, i guardiani della rivoluzione, i temibili Pasdaran (che ancora detengono forti interessi economici) sono tornati a fare la voce grossa per bocca del loro vice comandante, Hussein Salami, che ha spiegato che Teheran potrebbe rompere l’accordo sul nucleare firmato lo scorso anno con il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) se gli Stati Uniti non dovessero revocare le sanzioni che ancora vengono applicate al sistema finanziario della Repubblica islamica. Per tornare ai piani di Parigi in ballo non ci sono solo i progetti energetici.

LE ALTRE MIRE FRANCESI

Ancora di recente, l’amministratore delegato della Peugeot-Citroen, Carlos Tabares, ha dichiarato che l’azienda a cui fa capo ha l’obiettivo di trasformare l’Iran nell’hub produttivo delle vetture della compagnia francese nella regione. Tabares nel corso della sua visita a Teheran ha firmato quello che potrebbe essere il più importante accordo della storia dell’industria dell’automobile in Iran. Una intesa con il produttore locale Iran Khodro un valore di 400 milioni di euro che prevede la formazione della joint venture “IKAP” (Iran Khodro Automobiles Peugeot) che produrrà in Iran tre nuove vetture a partire dal 2017.

hollande

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