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La bozza di risoluzione intitolata “Occupied Palestine”, approvata il 12 ottobre scorso dal Consiglio esecutivo dell’Unesco, è stata ufficialmente ratificata e adottata.

La risoluzione ha fatto infuriare il primo ministro Benjamin Netanyahu, ma non solo. Agli israeliani non è piaciuta, soprattutto, la decisione di usare esclusivamente il nome islamico per riferirsi al complesso della moschea di Al-Aqsa (Al-Haram AlSahrif ), ignorando il termine ebraico Monte del Tempio. A criticare il contenuto della risoluzione, poi, sono stati anche alcuni membri di spicco dell’Unesco stesso.

COME HA REAGITO L’ESTABLISHMENT ISRAELIANO

Il ministro dell’educazione israeliano Naftali Bennett (nella foto), ha deciso di congelare ogni tipo di collaborazione tra lo Stato ebraico e l’Unesco, dopo che l’Agenzia delle Nazioni Unite per la cultura ha deciso di classificare ufficialmente come musulmani alcuni luoghi di culto cari alla tradizione ebraica. Per via della scelta di Bennett, leader del partito Habayit Hayehudi, non ci saranno, almeno nel futuro prossimo, né incontri ufficiali tra lo Stato ebraico e i funzionari dell’Unesco, né alcuna forma di cooperazione.

“La vostra decisione nega la storia e incoraggia il terrorismo”, ha scritto Bennett rivolgendosi agli Stati membri dell’Unesco. “L’impegno del mondo occidentale contro il terrorismo viene prima dell’Unesco e così come ci si oppone al terrorismo ad Aleppo, si dovrebbe essere uniti anche contro il terrorismo diplomatico che viene esercitato a Gerusalemme”, ho proseguito il ministro.

Netanyahu si è scagliato contro l’esito del voto, affermando che “il teatro dell’assurdo continua alle Nazioni Unite”. “Le Nazioni Unite hanno adottato la loro seconda decisione quest’anno che rinnega il legame tra il popolo ebraico e il Monte del Tempio, il nostro luogo di culto per eccellenza da più di 3000 anni. Quale sarà la prossima mossa? Una decisione dell’Unesco che nega il legame tra il burro di arachidi e la gelatina, tra Batman e Robin, tra il rock e il roll?”, riporta il Jerusalem Post.

PERCHÈ I CRISTIANI SONO RIMASTI A GUARDARE?

“Riferendosi al Monte del tempio semplicemente con il nome di Moschea di Al-Aqsa/Al-Haram al-Sharif, la risoluzione si ostina a ignorare il legame che c’è tra l’ebraismo, la città vecchia di Gerusalemme e i suoi luoghi sacri. Questa distorsione della storia senza ritegno ha causato un tremendo sdegno tra il popolo israeliano e questo è emerso nella risposta fornita dal governo”, si legge su un’analisi pubblicata da Time of Israel.

L’analisi, oltre a denunciare il contenuto della risoluzione, mette in evidenza anche un altro aspetto importante della questione: il ruolo della comunità cristiana all’interno della vicenda.

La risoluzione, infatti, suona ingiusta anche nei confronti del cristianesimo, nella misura in cui tace sulla relazione che la religione ha con la città in cui Gesù fu crocifisso e seppellito all’incirca 2000 anni fa. “Nessuna delle 2000 parole di cui si compone il testo della risoluzione menziona in maniera esplicita la religione più professata al mondo e c’è solo un vago passaggio in cui si afferma l’importanza di Gerusalemme per le tre religioni monoteiste”, prosegue l’invettiva del quotidiano israeliano. A quel punto Raphael Ahren, autore dell’articolo, si domanda perché alcuni Stati a maggioranza cristiana non abbiano votato contro la risoluzione. Se la logica della realpolitik può essere una giustificazione per i Paesi meno sviluppati, la scusa non regge per quelli più ricchi, come Francia, Spagna e Italia.

Israele dal canto suo afferma di aver fatto del suo meglio per impedire che la risoluzione venisse adottata. A pochi giorni di distanza dal voto, l’ambasciatore israeliano presso la Santa sede si era anche rivolto al sottosegretario vaticano per le relazioni estere, Antoine Camilleri, chiedendogli di usare la sua influenza per indurre gli Stati membri a rigettare la risoluzione. A quanto pare, però, i risultati auspicati non sono stati raggiunti.

L’UNO SI ACCANISCE CONTRO ISRAELE

In un altro editoriale, sempre pubblicato da The Time of Israel, che definisce la risoluzione “offensiva a tal punto da creare sconforto all’interno dell’Unesco stesso”, l’autore si dice non affatto sorpreso per l’accaduto. “L’ossessione di alcune organizzazioni delle Nazioni unite nei confronti di Israele non è un segreto. Nelle decadi passate, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato 61 risoluzioni che condannavano la violazione dei diritti umani in diversi paesi del mondo […] Nello stesso arco di tempo, l’Organizzazione ha approvato 67 risoluzioni che condannavano solo Israele. Il consiglio, cioè, ha condannato Israele, una democrazia che  rispetta il diritto internazionale e tutela i diritti delle minoranze, più volte che il resto del mondo nel complesso”.

Ecco come Israele si è infuriata per la risoluzione dell'Unesco su Gerusalemme

La bozza di risoluzione intitolata "Occupied Palestine", approvata il 12 ottobre scorso dal Consiglio esecutivo dell’Unesco, è stata ufficialmente ratificata e adottata. La risoluzione ha fatto infuriare il primo ministro Benjamin Netanyahu, ma non solo. Agli israeliani non è piaciuta, soprattutto, la decisione di usare esclusivamente il nome islamico per riferirsi al complesso della moschea di Al-Aqsa (Al-Haram AlSahrif ), ignorando il…

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