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E’ uno sforzo epico, mitologico quello che è chiamato a fare Atlante a sostegno delle banche italiane. Uno sforzo tale che difficilmente riuscirà ad avere pieno successo a meno che il governo di Matteo Renzi non riesca a ottenere qualcosa di importante dalla trattativa con l’Europa sulle banche italiane. E a meno che non si riescano a trovare le risorse per un Atlante 2, che potrebbe anche essere chiamato Giasone, dal nome di un’altra figura mitologica, colui cioè che fu a capo della spedizione degli Argonauti per la conquista del vello d’oro.
COS’HA FATTO ATLANTE
Atlante, come noto, è il fondo sistema gestito dalla Quaestio di Alessandro Penati che ha già utilizzato quasi 2,5 dei suoi 4,25 miliardi di dotazione iniziale per coprire gli aumenti di capitale della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Il fondo, quindi, ora che è chiamato ad assolvere il suo compito principale di sgravare le banche dai crediti deteriorati (npl) che zavorrano i bilanci, si trova con nemmeno 2 miliardi: una cifra che non consente di intervenire nemmeno sugli npl del solo Monte dei Paschi di Siena, l’istituto che al momento ha più urgenza di un intervento di questo tipo. Da ricordare che Mps ha appena ricevuto una lettera della Banca centrale europea che le impone di ridurre di 10 miliardi entro il 2018 il carico di poco più di 24 miliardi netti di npl.
NODO RISORSE
E’ evidente che ad Atlante servano nuove risorse, per dare vita a un fondo suo “replicante” che potrebbe essere chiamato Atlante 2 oppure Giasone. Ma dove recuperarle? Innanzi tutto, 500 milioni potrebbero arrivare dalla Cassa depositi e prestiti e altri 500 dalla Sga, ossia la società che ha gestito i crediti deteriorati (bad bank) del Banco di Napoli. In quest’ultimo caso, però, evidenzia il Sole 24 ore del 9 luglio, essendo la Sga controllata dal Tesoro, potrebbe sorgere il problema di aiuti di Stato, ipotesi che sarebbe immediatamente bocciata dall’Unione Europea. Per il resto, è buio sulle ulteriori risorse che Atlante potrà reperire. Le banche, che hanno già finanziato la prima edizione del fondo (Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno sborsato ben oltre 800 milioni a testa), pare non ne vogliano più sapere. Anche gli istituti esteri, che il promotore di Atlante Giuseppe Guzzetti (patron di Cariplo e dell’associazione delle Fondazioni Acri) aveva auspicato di riuscire a coinvolgere, non sembrano essere propensi a farlo. Scetticismo lo stanno mostrando anche le assicurazioni, che pure hanno già partecipato alla prima edizione, mentre il governo sta disperatamente tentando di coinvolgere fondi pensione e casse previdenziali private.
INCOGNITA PREZZO
I motivi dello scetticismo a partecipare al fondo sono essenzialmente due. Il primo è che in molti, come Cdp, banche e assicurazioni, hanno già ampiamente partecipato alla prima edizione del fondo. E il secondo è che esiste una forte incognita sul rendimento di Atlante 2 o Giasone. Il fatto è che il fondo, per andare incontro alle banche italiane (da cui, va nuovamente sottolineato, è partecipato), sarà chiamato a offrire per i pacchetti di crediti deteriorati e sofferenze un prezzo superiore a quello, molto basso, del mercato. Proprio questo rappresenta il tasto dolente degli istituti di credito italiani e di Mps in particolare, non a caso negli ultimi giorni (salvo il rimbalzo di venerdì) presi più che mai di mira sui mercati azionari. Nei bilanci delle banche, infatti, le sofferenze, che rappresentano il grado più estremo degli npl, valgono circa 85 miliardi netti rispetto ai 200 miliardi di valore lordo. Ma per il mercato, disposto a pagare anche meno del 20% del valore lordo, si tratta di una valutazione ancora troppo generosa. Tuttavia, se le banche italiane vendessero tutte le sofferenze a prezzi di mercato, dai bilanci emergerebbe un “buco” sui 40 miliardi.
POSSIBILE SOLUZIONE
Da qui la necessità che Atlante paghi le sofferenze a un prezzo maggiore di quello di mercato per creare meno problemi possibili alle banche, cosa che però, rendendo meno redditizio l’investimento, non invoglia certo gli operatori istituzionali a investire nel fondo di sistema. Sul Sole 24 ore del 10 luglio, Giuseppe Lusignani, vicepresidente di Prometeia, suggerisce che Atlante potrebbe comprare 50 miliardi lordi di sofferenze delle banche al 30% del loro valore nominale (via di mezzo tra le valutazioni dei bilanci e del mercato). In questo modo, secondo l’esperto intervistato dal quotidiano, “le banche sarebbero costrette ad affrontare svalutazioni dal 40 al 30%, pari a soli 5 miliardi, mentre Atlante si garantirebbe un rendimento pari al 6% (inferiore rispetto a quello ottenuto sul mercato dagli operatori che valutano le sofferenze al 20%, ndr), esattamente quello promesso da Quaestio ai suoi sottoscrittori”. In attesa di capire se sarà questa la strada, val la pena ricordare che sgravare Mps degli npl è fondamentale in vista di una eventuale ricapitalizzazione preventiva da attuare con garanzia statale (l’aumento di capitale si gioca proprio intorno al prezzo a cui si vendono i crediti deteriorati) in attesa dei risultati degli stress test del 29 luglio.
Quaestio , Alessandro Penati, Veneto Banca, Atlante

Monte dei Paschi di Siena, tutte le fatiche del fondo Atlante di Penati sulle sofferenze

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