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C’è un po’ di tutto nella proposta del commissario Thierry Breton dell’European defence industry programme (Edip), ampiamente pubblicizzata e anticipata sui media brussellesi e francesi (e non solo). Un’iniziativa che per sé stessa è un importante risultato, utile per “lavorare meglio all’interno del quadro dei Trattati, e urgente per la necessità di organizzarci in questa situazione di crisi.” Queste le affermazioni di Breton che ha delineato, oltre all’articolato quadro giuridico, anche quello finanziario. D’altra parte, Edip è considerato come programma complementare ai programmi pionieristici Asap e Edirpa e “downstream” per supportare l’industria oltre il 2025.

Il fatto che non sia ricompreso nell’Edip l’auspicato fondo europeo per la difesa con capacità fino a cento miliardi di euro tramite Eurobonds è esemplificativo, in quanto è divisivo l’argomento per la contrarietà di filosofia economica da parte di alcuni Paesi, come la Germania, anche se il tema dovrebbe rientrare a breve nell’agenda del Consiglio Ue. Servirebbe una urgente volontà politica all’interno dell’Unione europea, auspicata però da pochi Paesi, in particolare Estonia, Francia, Italia e Polonia.

Se c’era da aspettarselo, si va avanti con cautela mettendo un “chip” sul piatto per piantare la bandiera e mettere alla prova i Paesi membri, come è uso fare in ambito comunitario quando si propongono iniziative nuove. Poi si vedrà. Ma il ridimensionamento delle risorse proposte da Breton è anche quello delle ambiziose aspettative della Commissione europea e del livello di adeguatezza dell’Edip.

Una prima lettura su specifici aspetti della proposta di regolamento Edip parte dalla previsione di un miliardo e mezzo di euro dell’aumentato budget corrente per l’Edf, come “ponte” fino al 2027, per agganciarsi poi al prossimo bilancio 2028-2034, a cui aggiungere – nella prospettiva di Breton – altrettanto da varie fonti, presumibilmente come è prassi Ue (vedasi gli scambi tra Edirpa e Asap, e prima ancora con la Preparatory action for defence research) con altre risorse da recuperare tra le pieghe (capitoli o risorse non spese) del Bilancio pluriennale Ue, nonché da eventuali esenzioni dell’Iva, potenziali prestiti Bei (peraltro costosi) e finanziamenti InvestEe (come progettato prima della pandemia) per promuovere Pmi, start up e investitori.

È inoltre segnalata da Breton la potenzialità nel più lungo termine – sicuramente la durata del prossimo bilancio Ue 2028-2034 – di risorse ipotizzate intorno a trenta miliardi di euro dedicati a due cosiddetti pilastri, da una parte la crescita delle capacità industriali anche per e con l’Ucraina, dall’altra “la défense des espaces contestés” quali ad esempio cyber, settore spaziale e marittimo, in linea con la Bussola strategica.

Al riguardo, unitamente alla possibilità e agli incentivi per acquisti in comune lungo il ciclo di vita operativa di un prodotto, è altresì interessante la volontà di finanziare la fase post-Edf, andando quindi oltre gli sviluppi in collaborazione cofinanziabili dal Fondo europeo difesa. Si prevede il ricorso a “repayable grants per azioni specifiche relative alla produzione e commercializzazione di prototipi, in particolare di quelli derivanti dall’European defense fund” come descritto nella Joint communication Edis-readiness, con l’obiettivo di colmare il “commercialisation gap” tra la fine della fase di sviluppo e la fase di prototipizzazione.

Si tratta di un nuovo tassello dell’evoluzione Ue a supporto del procurement difesa e un ampliamento dell’Edf. L’approccio riprende la logica degli Ipcei che consente sussidi nazionali per ramp-up industriali e alcune attività per “first-of-a-kind” civili, con la previsione di un nuovo Ipcei dedicato alla difesa.

Si può osservare che un regolamento Edip non modifica il quadro normativo esistente, intendendo le due direttive del Pacchetto difesa, per le quali sembra opportuno avviare una riflessione circa un loro parallelo adeguamento alla situazione attuale e prospettica rispetto a quella esistente dei primi anni 2000.

Infatti, la priorità dell’Ue è rivolta a incentivare la cooperazione e il rafforzamento capacitivo e industriale rispetto alla concorrenza. Vedasi lo sviluppo di capacità e requisiti comuni tramite collaborazioni in tutte le relative fasi (R&S e procurement) con effetti di integrazione per le catene del valore e di fornitura. Ne sono un esempio le nuove cooperazioni europee in R&S e la prospettiva con Edip per incentivare acquisti congiunti tra i Paesi membri dai quali conseguono maggiori trasferimenti intra-Ue.

Il Programma Ue per l'industria della difesa è qualcosa, ma non abbastanza. Il punto di Braghini

Di Fabrizio Braghini

La proposta del commissario Breton presenta un varietà di nuovi progetti, sebbene non si trovi traccia del fondo da cento miliardi che avrebbe dovuto rianimare la difesa europea. Servirebbe invece una urgente volontà politica all’interno dell’Unione europea verso un maggior investimento nella Difesa, auspicata però da pochi Paesi, in particolare Estonia, Francia, Italia e Polonia. Il punto di Fabrizio Braghini, analista di politiche europee e di Difesa

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