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Il segretario di Stato americano John Kerry ha detto da New York, dove è in corso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che il cessate il fuoco in Siria “non è morto”, ma sembra un’affermazione ottimistica quanto politica, senza però un traguardo concreto. C’è un’immagine granitica per definire la tregua in Siria che aveva come obiettivo nel brevissimo termine di inviare aiuti umanitari a diverse popolazioni che si trovano assediate in aree di battaglia: lunedì sera il primo convoglio delle Nazioni Unite ad entrare nel paese dall’inizio della tregua è stato distrutto, probabilmente da un bombardamento aereo. Con i camion ancora in fumo, l’Onu ha deciso di sospendere l’invio di aiuti: troppo pericoloso, dopo che diverse decine di tir sono da giorni congelati appena oltre il confine siriano, senza il permesso di passaggio da parte del governo siriano – anche alcuni gruppi ribelli per rappresaglia hanno fatto ostruzione su checkpoint controllati.

Gli Stati Uniti accusano i russi: l’attacco contro i mezzi Onu sarebbe stato compiuto dall’aviazione siriana, perché era l’unica a conoscere il tragitto che avrebbe dovuto portare il convoglio dal confine settentrionale a Urem al Kubra (città ad ovest di Aleppo in mano ai ribelli e assediata dai lealisti), sostiene Washington, e dunque nel sistema di equilibri forzati deciso nella flebile tregua, è responsabilità di Mosca l’accaduto, perché era garante del regime. I media della Russia (Interfax, per esempio) sollevano dubbi sulle dinamiche e sostengono che i diciotto camion zeppi di viveri e generi di prima necessità siano stati bruciati da qualcos’altro – non è specificato cosa –, ma non da un attacco aereo, altrimenti i danni sarebbero stati diversi; non scritto: c’è stato qualcuno, ossia i ribelli, che ha sabotato il passaggio per far prendere la colpa a Damasco, e dunque per i russi il cerino finirebbe nelle mani di Washington che, sempre per quel gioco di parti, ha il compito di tenere a bada le opposizioni combattenti. Forse l’incendio c’è stato, ma è quello che la Mezzaluna rossa, incaricata dalle Nazioni Unite di gestire quel convoglio di aiuti, ha denunciato a proposito di 8 barrel bomb sganciate dagli elicotteri del regime su uno dei depositi di Urem. Circolano online delle immagini diffuse dal ministero della Difesa di Mosca: si tratta delle riprese di un drone russo che sorvola il convoglio Onu.   Il coordinatore dell’emergenza per le Nazioni Unite Stephen O’Brien ha detto al Wall Street Journal che il gruppo di camion era chiaramente contrassegnato come “umanitario” e a tutte le parti in conflitto era stato notificato preventivamente l’ingresso: per O’Brien ci sono pochi dubbi che si sia trattato di un’azione deliberata, tanto che ha parlato di “crimini di guerra”.

Se non bastasse già l’immagine dei roghi con in mezzo gli stemmi dell’Onu, o gli White Helmets che alzano pacchi di pannolini bruciacchiati che sarebbero dovuti finire a qualche bambino ad Aleppo, c’è il timing ad essere simbolico: lunedì si chiudeva la prima settimana di tregua, quella che avrebbe dovuto dare il la alla creazione di un comando per le operazioni congiunte tra Russia e Stati Uniti. Missioni che avrebbero avuto come obiettivo i gruppi jihadisti, Stato islamico e l’ex Nusra: un passaggio su cui c’erano enormi scetticismi, ma che per i più ottimisti – l’ottimismo in Siria ormai si trova più soltanto nelle dichiarazioni dei politici lontani dal paese – sarebbe stato un primo, fondamentale passo verso una più ampia intesa ai tavoli negoziali.

Non bastasse ancora, nello stesso giorno l’agenzia stampa statale siriana SANA ha diffuso un comunicato in cui il governo di Damasco dichiara chiusa la tregua a causa delle oltre 300 violazioni del cessate il fuoco da parte dei ribelli: sono numeri non verificabili, ed è spesso successo che il negazionismo del regime siriano abbia alterato il racconto storico o attuale dei fatti. Washington ha risposto di essere pronto a estendere la tregua, invitando Mosca al suo ruolo – il controllo di Damasco. Poco dopo l’annuncio, l’aviazione di Bashar el Assad ha lanciato attacchi aerei sulla parte di Aleppo in mano ai ribelli, ma il ministero della Difesa russo ha spiegato che si è trattato di una controffensiva dopo che i combattenti di Fateh al Sham (gli ex Nsura, i qaedisti esclusi dal cessate il fuoco) avevano lanciato un’offensiva contro postazioni governative – segnalati comunque morti civili, e diversi media sul posto hanno indicato che i violenti bombardamenti si sono concentrati sulle postazioni occupate dalle opposizioni, prendendo di mira anche obiettivi civili (gli ospedali hanno lavorato al buio).

Questo sistema bilaterale di bilanciamenti è stato criticato apertamente dalla Francia: il ministro degli Esteri Jean-Marc Ayrault ha detto che “ci sono troppe agende nascoste” dietro le posizioni dei due paesi, ha chiesto la condivisione di maggiori dettagli, perché “il dialogo non lo possiamo limitare a due paesi”: “I limiti sono chiari”.

(Foto, Twitter @SyriaCivilDef, la Protezione civile siriana al lavoro tra le fiamme del convoglio Onu)

Che cosa sta succedendo in Siria

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