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La verità è che da quando si è cominciato a ribattezzare la normativa elettorale con dei latinismi, questa è iniziata a mostrarsi tema di divisione estrema, partorendo delle riforme nazionali che hanno portato raramente a qualcosa di buono e macchiate troppo spesso (forse con l’unica eccezione del Mattarellum) di partigianeria.
Oggi abbiamo in vigore una legge elettorale mai applicata e per di più parziale, perché prevede come eleggere solo una parte dei rappresentanti, essendo indirettamente collegata alla riforma costituzionale. Una normativa elettorale come sempre frutto di incredibili tira e molla, tentativi di mediazione e strappi, che può essere considerata non ottimale; per di più scritta apparentemente pensando più all’impatto che questa avrebbe sui partiti che non alla visione sul sistema politico, o all’approccio con gli elettori.

Ora, che Renzi ha mostrato un’apertura nel modificare l’Italicum, si parla già di “Provincellum”, come se un sistema elettorale di un Ente che stiamo cancellando potesse essere il meglio che potessimo attenderci. In realtà si tratterebbe di un qualcosa che mantiene i due capisaldi dell’Italicum: ovvero il premio di maggioranza e il doppio turno o ballottaggio (che in realtà non sono dei punti di partenza bensì dei correttivi). Sì, perché potrebbe cambiare il meccanismo di elezione dei rappresentanti della Camera, passando ai collegi uninominali su base territoriale molto ristretta, eliminando le preferenze. Si legge in alcuni editoriali che il Provincellum avrebbe una base proporzionale, che sinceramente non si capisce da dove possa derivare, considerando che l’eventuale introduzione dei collegi uninominali (come era per le Provinciali) uniti al premio di maggioranza a seguito dell’eventuale doppio turno, anche in caso di introduzione di un recupero proporzionale, sono elementi che basterebbero per farne il sistema più maggioritario che l’Italia abbia mai conosciuto per le elezioni Politiche.

Il problema è che per l’ennesima volta, si rischia di stravolgere un sistema elettorale al posto che migliorare quello in vigore. Oggettivamente si potrebbe guardare all’Italicum con un altro approccio, quello di migliorarlo nei suoi punti chiave: premio alle coalizioni e non alle liste, abolizione candidature plurime e del capolista bloccato.

L’abolizione del premio di maggioranza alla lista e l’eventuale e spostamento verso le coalizioni garantirebbe il non rivoluzionamento dei partiti presenti sullo scacchiere perché tutti i soggetti politici continuerebbero ad usare le stesse strategie elettorali adoperate finora. Ma garantirebbe anche la pluralità politica e partitica (peculiarità italiana) nonché una sorta di continuità con ciò che è stato prodotto negli anni dal Mattarellum prima e dal Porcellum poi.

L’altra questione è tutta interna al potere dell’elettore di incidere direttamente sull’elezione dei propri rappresentanti. Par fare ciò sarebbe opportuno fare due cose semplici semplici: abolire le candidature plurime (ora limitate rispetto al Porcellum ma possibili) e togliere di mezzo i capolista bloccati decisi direttamente dalle segreterie di partito. In questo modo l’elettore acquisterebbe “potere”, non rischiando che la propria preferenza per il candidato “X” sia invece utile solo per eleggere il capolista “Y” o per permettere a “Z” di decidere se mantenere il seggio conquistato in una circoscrizione piuttosto che in un’altra solo in base a chi sono i primi non eletti.

Tradotto, sarebbe opportuno non cambiare nuovamente il nome (e la sostanza) alla legge elettorale. Se realmente ci si vuole mettere mani, basta migliorare quella in vigore.

Come e perché modificare l'Italicum

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