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A 48 re dal voto nello Stato di New York, la campagna delle primarie è più accesa che mai: i rivali litigano sui fondi – in campo democratico, Hillary Clinton e Bernie Sanders – e sui delegati – in campo repubblicano, Donald Trump e Ted Cruz –. Le scene delle contese sono lontane dalla Grande Mela: la California, con le “cene dei vip” pro Hillary; e il Colorado e il Wyoming che attribuiscono a Cruz i delegati repubblicani sena voto. Ma le polemiche hanno un riflesso sulle scelte degli elettori domani a New York, dove, nei sondaggi, l’ex first lady e il magnate dell’immobiliare restano favoriti.

Di ritorno dal Vaticano, dove venerdì è intervenuto a un seminario, e dove sabato mattina ha avuto un breve incontro con Papa Francesco, Sanders ha pure voluto precisare che il viaggio a Roma non è stato un tentativo di compiacere l’elettorato cattolico e di trovare una sponda alle sue posizioni contro l’iniquità sociale, ma un atto di ammirazione per il pontefice.

A cena da George – Dal Vaticano alla California: a San Francisco e soprattutto a Los Angeles si sono svolti “super eventi vip” a sostegno di Hillary Clinton, con la Hollywood che conta a sostegno dell’ex first lady e con George e Amal Clooney padroni di casa di una raccolta di fondi il cui “contributo” era di 33.400 dollari a persona.

Per tutta risposta, Sanders ha diffuso un spot in cui dice che la donazione media alla sua campagna è di 27 dollari e ribadisce il messaggio contro i “milionari in politica”. Il “popolo di Bernie” ha pure organizzato proteste in California e un “contro-evento” vicino alla casa dei Clooney: manifestanti hanno lanciato banconote da un dollaro contro il corteo di auto della ex segretario di Stato. Lo stesso attore, in un’intervista televisiva, ha definito “oscene” certe cifre – la partecipazione alla cena di sabato sarebbe “lievitata” in alcuni casi fino a 353 mila dollari a coppia -.

A confronto, sono le due anime del partito democratico, che coabitano a Manhattan: per Sanders, l’Upper West Side; per Hillary, l’Upper East Side. Secondo uno studio della start-up Crowdpac, citato dal Financial Times, l’area tra la 91° Street e la Columbia University, a Ovest di Central Park, è una delle cinque maggiormente ‘pro-Bernie’ dell’Unione; mentre il secondo quartiere d’America più pro-Hillary’ è di fronte, dall’altra parte del Parco, nella Upper East Side. La toponomastica socio-culturale è molto chiara: intellettuale e liberal l’Upper West, dove ci sono Lincoln Center e Columbia; democratica, ma “miliardaria”, l’Upper East, dove aveva il suo indirizzo newyorchese Jacqueline Kennedy Onassis e che oggi è il quartiere di Michael Bloomberg.

I delegati contestati – Le convention repubblicane di Colorado e Wyoming assegnano il pacchetto dei loro delegati – rispettivamente 34 e 14 – a Ted Cruz e scatta l’ira di Donald Trump. Il senatore del Texas accorcia le distanze dallo showman, che aveva già gridato alla “truffa” per come vengono assegnati i delegati. Trump se la prende con il Partito repubblicano. Il presidente Reince Priebus risponde invitandolo a “farla finita” perché le regole sono chiare e i candidati le conoscono da oltre un anno. La polemica rilancia la crociata anti-politica del battistrada repubblicano, che resta comunque saldamente in testa.

Per Cruz, un’altra buona notizia è arrivata dal New Jersey, dove un giudice lo dichiara candidabile alle primarie del 7 giugno, confermando giudizi analoghi già espressi in altri Stati e bocciando la tesi per cui, essendo nato in Canada da padre cubano e da madre statunitense, che gli trasferì la cittadinanza alla nascita, non potrebbe diventare presidente degli Stati Uniti.

Trump, invece, non esita a mettersi contro il corpo stampa della Casa Bianca, decidendo di boicottare la cena dei corrispondenti in programma il 30 aprile. “Ho deciso di non andare. Ci andrei se fossero onesti”.

Democratici litigano sui soldi, repubblicani sui delegati

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