Skip to main content

Lo stringersi delle maglie della cooperazione tra la Repubblica islamica dell’Iran e la Federazione Russa continua a essere causa di preoccupazioni, soprattutto per quello che riguarda l’aspetto militare della questione. La scorsa settimana, attraverso una dichiarazione congiunta rilasciata dai segretari di Stato Anthony Blinken e David Lammy, Washington e Londra hanno accusato Teheran di aver fatto un passo avanti nella sua forma di sostegno allo sforzo bellico di Mosca, che oramai da trenta mesi è impegnata nel conflitto ucraino: secondo esponenti dell’amministrazione anglo-americana l’Iran avrebbe inviato attraverso il Mar Caspio un carico di duecento missili balistici a corto raggio “Fateh-360”. Fino ad ora il supporto militare persiano non si era spinto oltre l’invio di loitering munitions, sistemi d’arma con un valore e una complessità nettamente inferiori a quella di veri e propri missili balistici. Qualora questa spedizione fosse confermata (tanto Russia che Iran hanno prontamente smentito la notizia), essa rappresenterebbe un progresso di non poco conto all’interno di un’immaginaria escalatory ladder. Ma, a poche ore di distanza da quest’annuncio, l’attenzione dei policy-makers si è spostata sull’altra sponda del Caspio.

Gran Bretagna e Stati Uniti hanno sollevato il timore che la Russia abbia condiviso segreti nucleari con l’Iran in cambio della fornitura da parte di Teheran a Mosca di missili balistici per bombardare l’Ucraina. Durante il vertice tenutosi venerdì 13 settembre a Washington, il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno riconosciuto che i due Paesi stavano rafforzando la cooperazione militare in un momento in cui l’Iran sta arricchendo abbastanza uranio per completare il suo antico obiettivo di costruire una bomba nucleare.

Gran Bretagna, Francia e Germania hanno avvertito congiuntamente la scorsa settimana che le scorte di uranio altamente arricchito dell’Iran “hanno continuato a crescere in modo significativo, senza alcuna giustificazione civile credibile”, e che l’Iran ha accumulato quattro “quantità significative”, ciascuna delle quali potrebbe essere utilizzata per costruire una bomba nucleare. Tuttavia, rimane il dubbio se il Paese persiano abbia in questo preciso momento il know-how tecnico necessario a costruire un’arma nucleare, e in quale lasso di tempo riuscirebbe a perfezionare lo sviluppo di un simile ordigno. La collaborazione con specialisti russi esperti o l’utilizzo di conoscenze russe sarebbe dunque di altissima utilità a Teheran.

Mentre il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, Mohammad Eslami, partecipa alla 68esima Conferenza generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) a Vienna, tra le conseguenze di questo presunto sviluppo russo-iraniano vi sarebbe anche una totale soppressione degli sforzi volti a resuscitare quel Joint Comprehensive Plan of Action (più comunemente noto come “Accordo sul nucleare iraniano”) voluto nel 2015 da Barack Obama, colpito a morte nel 2018 da Donald Trump attraverso il ritiro unilaterale degli Stati Uniti, e oggetto di dialogo con l’Iran da parte dell’amministrazione Biden. All’interno del Jcpoa la Russia svolgeva il ruolo di garante, ruolo che non avrebbe più la legittimità di occupare in quanto fornitore allo stesso Paese oggetto delle limitazioni tecnologie in grado di far avanzare il suo programma di armamento nucleare.

Dal canto suo, l’Iran insiste che non sta cercando di produrre armi nucleari e che le violazioni al dettato del Jcpoa sono risposta commisurata al ritiro unilaterale statunitense. Tuttavia, l’accrescersi delle tensioni con Israele registrate negli ultimi mesi ha rafforzato i dubbi in questo senso da parte della Comunità internazionale. Ad aprile, un alto generale iraniano ha detto che la Repubblica islamica potrebbe rivedere la sua dottrina nucleare se Israele prendesse di mira le sue strutture atomiche, osservazioni che sono state viste come un avvertimento che l’Iran potrebbe cercare di produrre una testata, avendo da tempo affermato che le sue capacità atomiche sono solo per scopi civili.

L’Aiea ha dichiarato che i livelli di combustibile nucleare iraniano sono aumentati tra giugno e agosto: l’aumento è abbastanza da alimentare una manciata di testate, nel caso in cui l’Iran prendesse la decisione sviluppare ordigni nucleari. Il link nucleare e i potenziali parossismi sono  affascinanti quanto preoccupanti sviluppi: più concretamente, Teheran potrebbe chiedere a Mosca, per ripagare l’aiuto contro Kyiv, di facilitare la consegna di moderni aerei da combattimento Su-35 e forse di lavorare per prevenire attacchi aerei israeliani sulle installazioni iraniane in Siria.

Altro che Jcpoa. La Russia aiuta l’Iran col nucleare

Washington e Londra temono che, in cambio del sostegno militare, la Russia possa condividere segreti nucleari con l’Iran. Questo sviluppo potrebbe minare gli sforzi diplomatici per ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano, oltre che la stabilità del Medio Oriente

Ecco quante tasse paga Mundys in Italia e nel mondo

Nel 2023 il gruppo ha versato 2,5 miliardi di euro di imposte, di cui 440 milioni solo in Italia. Tutti i numeri del Tax transparency report

Il rapporto Draghi non è un libro dei sogni. Paganetto spiega perché

Nel rapporto ci sono interessanti suggerimenti ma è chiaro che la risposta non può che venire dalla politica. L’importante è avere un progetto su cui confrontarsi. Come è stato nel caso dell’euro, al di là dei dubbi e delle facili critiche, occorre contare sulla capacità dell’Europa di riformare sé stessa. L’analisi di Luigi Paganetto, presidente del Gruppo dei 20

Perché la politica continuerà a subire le incursioni della magistratura. Scrive Cangini

Orsina sulla Stampa ha sollevato un problema, Toti, che da quel problema fu travolto, ha indicato una strada sul Giornale. È ragionevole immaginare che tra trent’anni saremo ancora qui a scrivere le stesse cose commentando fatti analoghi. Non sembra, infatti, che il ceto politico abbia la forza e forse anche nemmeno la voglia di metter mano al problema. Il commento di Andrea Cangini

La Corte dei conti europea fa i conti sul Green deal. L'analisi di Cappello

Di Mauro Cappello

La Corte dei Conti europea ha svolto un audit su quattro Stati membri che ha evidenziato errori macroscopici nella metodologia di calcolo della Commissione europea. Le somme “sulla carta” dedicate al clima sono sovrastimate di oltre 34 miliardi di euro. Considerando gli importi errati, i ritardi e la difficile realizzabilità di alcune misure, il rischio di un ridimensionamento (che sarebbe già un fallimento) è concreto. L’analisi di Mauro Cappello, Docente Università degli Studi della Tuscia – Auditor di fondi europei

Strategia e investimenti. La transizione possibile secondo Panetta e Giorgetti

Tra la concorrenza sleale della Cina nel campo delle auto elettriche e la necessità di maggiori risorse, come spiega lo stesso Draghi nel suo rapporto, l’Europa non può fare a meno di una solida strategia se vuole portare a casa la rivoluzione green. E nessuno può essere lasciato indietro

Noseda, costruttore di ponti a cavallo di due mondi in crisi

Di Andrea Vento

A distanza di trent’anni esatti, l’allora diplomato del Conservatorio di Milano giunge a questo appuntamento nel pieno della sua maturità artistica, avendo raggiunto successi in tutto il mondo, da Londra a San Pietroburgo, da Zurigo a Washington

Chi si fida di Giorgia Meloni? La riflessione di Sisci

Meloni dovrebbe fidarsi dello Stato e forse mettere in ordine certi suoi affari di famiglia. Si prenda gente nuova, cambi registro su tutti i punti dolenti e forse, solo forse, avrà una chance

Ecco perché la Cina vede il fantasma della Silicon Valley Bank

I rendimenti dei titoli a 10 anni continuano a scendere, deprezzando i portafogli di debito sovrano in pancia alle banche. E aprendo la strada a una possibile valanga di perdite per gli istituti

Via libera agli strike ucraini in Russia? Il dibattito in Occidente letto dal gen. Jean

L’uso di missili a lungo raggio come gli Storm Shadow e gli Atacms potrebbe cambiare le sorti del conflitto ucraino, ma gli Stati Uniti frenano, temendo l’escalation. Tra successi contro la Flotta del Mar Nero e lo sviluppo di nuove tecnologie, Kyiv guarda avanti, ma resta bloccata dall’incertezza strategica e dai timori di un confronto diretto tra Occidente e Russia. Il commento del generale Carlo Jean

×

Iscriviti alla newsletter