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Piazza Municipio e Piazza del Plebiscito sono distanti duecento metri l’una dall’altra. Ma, la striscia di asfalto che divide le due piazze più importanti di Napoli, sede dell’amministrazione comunale la prima, sede del Palazzo di Governo la seconda, sembra invece lunga anni luce. L’incomunicabilità tra Palazzo San Giacomo, trasformato in bunker da Luigi De Magistris, sindaco della città, e il premier Matteo Renzi, arrivato ieri in Prefettura per inaugurare la ‘cabina di regia’ per Bagnoli ha raggiunto ieri i minimi storici. Separati in ‘casa Napoli’ per la decisione del primo cittadino di non partecipare alla ‘cabina’ (presidente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, Commissario Salvatore Nastasi), ritenendola uno scippo del governo alla città, mentre 1500, tra ultrà dei centri sociali e dei collettivi, con disoccupati e pochi cittadini e due assessori di Giggino, sfilavano nelle vie del Centro a ridosso della Prefettura e davanti al lungomare al grido ‘Renzi via da Napoli’.

Come da prassi, il tentativo di sfondamento degli antagonisti (per guadagnare un po’ di attenzione sui media) a colpi di pietre e bottiglie contro polizia e carabinieri, cui ha fatto seguito qualche carichetta delle ‘divise’ con idranti e lacrimogeni. Bilancio: 14 a 0. Ovvero: 14 poliziotti finiti in pronto soccorso, nessun manifestante in ospedale. E, anche nessun fermo. Come se nulla fosse accaduto.

Alle ore 21 di ieri l’annuncio trionfante di Renzi: 272 milioni per la bonifica dei suoli inquinati e fine dei lavori nel 2019. Ma, prima, Renzi e la “sua” cabina, dovranno fare i conti con la magistratura: l’area dove un tempo sorgeva l’Italsider è infatti sotto sequestro da anni per una inchiesta giudiziaria. Il Premier ha reso noto che verrà chiesto il dissequestro dei suoli ‘sigillati’ ma, quanto tempo passerà per ottenerlo? E sono già trascorsi trenta inutili anni con la speranza di vedere bonificata e fruibile uno degli angoli più suggestivi della città, trecento miliardi del vecchio conio già spesi, un’area avvelenata dai rifiuti delle fabbriche. E, a tutto questo, il primo cittadino non ci sta e lancia accuse al Pd e ai suoi predecessori ritenuti i colpevoli del “disastro” Bagnoli.

Più del fumo dei lacrimogeni sulla Prefettura ieri pomeriggio incombevano le nubi delle tensioni tra Matteo e Giggino. La rottura tra i due ha una data ben precisa: 14 agosto 2014. Quel giorno, infatti, il Premier lanciò il suo guanto di sfida all’ex pm: “Qui a Bagnoli per 20 anni non è stato fatto nulla”. Poi, sotto lo sguardo glaciale di de Magistris, aggiunse: “Ora ci pensiamo noi”.

Più tardi, la replica di De Magistris, che mostra i muscoli e si dice fiducioso su una stretta sinergia tra governo centrale e governo della città. “Realizzeremo insieme la nuova Bagnoli. Non siamo preoccupati, non ci sarà alcun commissariamento, né della città, né di Bagnoli”. Ma, le ottimistiche previsioni di Giggino, alla luce dei fatti, si rivelano infondate. Pochi mesi dopo, infatti, una legge, la 164, art. 33 del 2014 di fatto strappa Bagnoli dalle competenze di De Magistris, per affidarle al Governo. Ed è guerra aperta tra premier e sindaco. Una quindicina di mesi di botta e risposta tra i due. Dichiarazioni velenose, prove di forza da Roma, populismo alle vongole e linguine da Napoli.

Tweet, facebook, il leader “arancione” ironizza e fa battute sul suo avversario. “Un commissario per Bagnoli? Io vedrei bene Basettoni”. Passano i mesi, da Roma è una continua girandola di nomi per Bagnoli ma, tutti, vengono successivamente smentiti. Spunta persino quello di Raffaele Cantone, nome tirato in ballo ogni volta che c’èda mettere una faccia pulita su vicende delicate e complesse. Ma, anche il nome di Cantone viene superato. La nomina del Commissario arriva a un anno di distanza dallo storico annuncio di Renzi: “Ora ci pensiamo noi”. E’ Salvatore Nastasi il prescelto dal governo. Per Giggino più che uno schiaffo è un calcione nella parti basse. Nastasi, 42 anni, curriculum monumentale (riportiamo solo una breve sintesi), quando ne aveva una trentina, viene nominato vice capo dell’Ufficio legislativo del ministro berlusconiano, Giuliano Urbani, ma, qualche anno dopo diventa direttore generale del Ministero dei Beni culturali, con Francesco Rutelli ministro, premier Romano Prodi. Insomma un uomo simpatico sia al centrodestra che al centrosinistra. Nel 2007 e fino al 2011 il Nastasi è il Commissario straordinario del Teatro di San Carlo. Ed è qui, nel Massimo napoletano, a metà strada tra la Prefettura e Palazzo San Giacomo, che Salvatore e il primo cittadino hanno cominciato a conoscersi e a non amarsi. E, Renzi, con Giggino già in guerra contro Roma, tra tanti papabili è andato a scegliere proprio lui per tentare di risanare Bagnoli. Giggino ricorre al Tar contro questa nomina ma il suo ricorso viene respinto. Adesso attende la decisione del Consiglio di Stato, cui ha presentato ricorso.

Nel frattempo, l’ex pm un giorno si e l’altro pure, annuncia: “Non entrerò mai nella cabina di regia”. E lancia accuse al Premier: “Se Lei pensa di mettere le mani sulla città sarà respinto. Noi siamo stati eletti, Lei no”. Pronta la replica di Mattro: “Magari le avesse messe lui, non saremmo dovuti intervenire noi”.

Perché Renzi e De Magistris si odiano fraternamente su Bagnoli

Di Carmine Spadafora

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