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Il doppio “niet” romano (Virginia Raggi e Nicola Zingaretti) all’invito di Gianluca Galletti, ministro dell’ambiente, è un errore che pagheremo caro. Specie nel momento in cui l’astro della Muraro sembra spegnersi a favore di chi teorizza “Rifiuti Zero”. Non porsi il problema di realizzare gli impianti necessari, compresi gli inceneritori, per chiudere il ciclo dei rifiuti, significa condannare la Capitale nello stato di precarietà che tutti conosciamo. Soprattutto costringere i suoi cittadini ad un onere (il pagamento della TARI) di gran lunga superiore a quello medio nazionale.

Rispondere “noi siamo per la differenziata” è solo eludere il problema. Certo che la differenziata va fatta ed anche potenziata. Ma pensare che questa possa essere l’unica strada é come voler travasare il mare con un secchiello. Sempre che ciò sia possibile, ci vorranno quattro o cinque generazioni. Nel frattempo Roma sarà stata divorata da topi, ratti e pantegane. Ha quindi facile gioco il Ministro dell’ambiente a ricordare che le leggi dello Stato (l’articolo 35 del decreto legge “sblocca Italia”) vanno rispettate. Possibilmente prima dell’intervento della Commissione europea e l’avvio di eventuali procedure d’infrazione.

Sono i numeri a dare ragione a Galletti e tordo ai due romani. Attualmente la Capitale riesce a gestire poco più della metà dei rifiuti che produce. La restante parte prende le vie dell’Emilia, del Veneto o del Friuli, per alimentare i termovalorizzatori colá collocati. Se non all’estero. File interminabili di autocarri maleodoranti che trasportano tonnellate di rifiuti, più o meno trattati. Ad un costo esorbitante, come mostrano i primi dati dell’AMA, in attesa di accertamenti ben più pesanti dell’ANAC di Raffaele Cantone. Per i punti di arrivo é, invece, una pacchia. Ottengono quella materia prima a costo zero, per produrre energia o teleriscaldamento per i propri cittadini. Dovrebbero, quindi, essere grati e ringraziare i gonzi, vale a dire i romani, per questo regalo inaspettato.

Ed invece questo modo di operare non fa che accreditare ulteriormente l’immagine di una “Roma ladrona”. Una città corrotta, come mostrano le vicende AMA, ed indolente, capace solo di rivendicare diritti, ma quanto ai doveri. Questi sono sempre a carico degli altri. Non si capisce, infatti, perché nel Nord o nella altre Capitali europee queste strutture possono esistere ed addirittura importare l’immondizia di Roma. Mentre sotto il Rubicone, salvo qualche eccezione, tutto deve essere off limits.

Esistono alternative come quelle indicate da Marco Causi? Vale a dire le cosiddette isole ecologiche? Forse. Ma a due condizioni: che non sia il solito nominalismo per mascherare nuove discariche. Grandi o piccole che siano. E che alla fine i conti tornino: tanti rifiuti produci, tanti smaltisci. Se questo non avviene, l’impressione che se ne ricava è la ricerca di un ulteriore privilegio. Una sorta di dispensa papale, a favore della Roma eterna, che è difficile giustificare agli occhi degli altri italiani. Che sono anche disposti a pagare gli oneri di mantenimento della capitale dello loro Stato. Ma a condizione che tutti facciano la loro parte. Perché, come si dice a Napoli, “caá nisciuno è fesso”.

Virginia Raggi e Nicola Zingaretti

Perché Raggi e Zingaretti sui termovalorizzatori hanno torto marcio

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