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La convention repubblicana di Cleveland ha incoronato Donald Trump a candidato ufficiale della destra americana.

La sua figura è esemplificazione biografica non solo dell’antico sistema e di una certa interpretazione aggressiva del sogno americano, ma egli, come Henry Kissinger prima di lui, esprime un innesto dell’Europa teutonica nel cuore della politica statunitense.

Più ancora di queste note storiche, oggi il significato della sua candidatura, che annuncia di voler scardinare in senso conservatore la visione tradizionale del liberalismo, lega invece e incorona Trump al vertice della governance globale che si manifesta ormai come una potente ‘destra internazionale’.

Il richiamo del magnate al binomio Legge e Ordine abroga il liberalismo classico a matrice anarcoide in nome della libertà delle nazioni come comunità compatte e disciplinate. Ma soprattutto le dichiarazioni di non ostilità con Erdogan, di riallacciare i rapporti con Mosca e di non intervento contro i governi autoritari, va di pari passo con la promessa di portare con forza più sicurezza armata negli States e di cancellare l’Isis dalla faccia del mondo.

Trump, al pari della May, ma anche in continuità con Marine Le Pen e perfino con Matteo Salvini, sembra contrastare il buon senso patinato dell’establishment burocratico delle cancellerie diplomatiche.

Quello che va rilevato, in contrasto con quanto si legge sui giornali italiani, è che Trump incarna il vertice di un conservatorismo globale che si vuole duro, intransigente e si sente collegato da una cultura comune e molto popolare nelle masse.

I suoi principi ispiratori sono ostili alla globalizzazione, ai sogni ottimistici di panacea mondializzata della sinistra e si riferiscono invece ad un primato dell’autorità, dello Stato, dell’identità popolare chiusa e stretta rispetto ai multiculturalismi universalistici e alla progressione irresponsabile dei diritti senza doveri.

È bene non guardare con snobbismo ma pensare invece Trump come una possibilità che nello spazio pubblico mancava dalla fine della Guerra Fredda, un’opportunità anche per l’Europa di ristabilire innanzitutto dei punti fermi, di configurare una politica estera che tenga conto dell’enorme pericolosità del pianeta, e guardi con meno ottimismo al caos che l’eccesso di deregolamentazione anche finanziaria può arrecare alle nostre piccole vite nelle nostre fragili società.

Trump vuole una comunità ordinata, vuole riportare lo Stato al vertice, in modo tale che le leggi internazionali siano effetto e non vincolo per l’attuazione degli interessi nazionali.

Vincera? Perderà? Non è rilevante. Perché ormai la destra è tornata forte, piaccia o no, ha una visione internazionale, ha una sua leadership globale che promette di annullare gli utopismi e i buonismi pericolosi in nome di un ordine la cui legge sono i popoli e i cui vincoli non possono essere imposti da nessuno.

Donald Trump

Ecco la vera novità di Donald Trump

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