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Cambia la mappa dei vescovi italiani. Non si tratta solo di meri avvicendamenti tra “pensionati” e subentranti, è qualcosa di più. E’ il profilo del vescovo scelto dal Papa regnante che segna una chiara – e legittima – discontinuità rispetto alla stagione precedente. A chiarirlo, sebbene con la necessaria prudenza del caso, è stato un servizio di Michela Nicolais pubblicato sul Sir, il servizio di Informazione Religiosa.

IL QUADRO DELLE NOMINE

In tre anni di pontificato, Bergoglio ha provveduto a nominare ben 85 vescovi da nord a sud della penisola, il che significa che più di un terzo delle diocesi italiane (sono in tutto 226) ha cambiato volto. Tra questi, 61 sono stati nominati (49 titolari, 3 abati e 12 ausiliari), 23 trasferiti e 1 amministratore apostolico. L’età media dei prescelti è bassissima, aggirandosi sui 50 anni, il che significa che avranno almeno 25 anni di ministro episcopale davanti. Scrive Nicolais che “Francesco ha ridisegnato la mappa della chiesa italiana”, la quale ora “ha assunto un volto che appare inedito – grazie anche a vescovi giovani e in gran parte provenienti dalle periferie – e che, nello stesso tempo, trova le sue radici più profonde nella figura del vescovo tracciata dal Concilio”. Da questa constatazione, è facile individuare “la svolta del primo Papa latinoamericano della storia”.

IL PROFILO DEL VESCOVO

Ma qual è il profilo concreto che il nuovo corso va cercando? Per comprenderlo è sufficiente spulciare nei discorsi pronunciati da Bergoglio fin dal suo insediamento. Il 27 febbraio 2014, intervenendo alla congregazione per i vescovi, disse che “non ci serve un manager, un amministratore delegato di un’azienda. Ci serve uno che sappia alzarsi all’altezza dello sguardo di Dio su di noi”. E, ancora, “l’episcopato non è per sé ma per la chiesa, per il gregge, per gli altri, soprattutto per quelli che secondo il mondo sono da scartare”. Il vescovo deve essere uomo “di integrità umana, solidità cristiana, comportamento retto, preparazione culturale, ortodossia e fedeltà alla Verità intera custodita dalla chiesa, disciplina interiore ed esteriore, capacità di governare, trasparenza e distacco nell’amministrare i beni”.

PERIFERIE E NOVITA’

Che la propensione a pescare “in periferia” – che non è affatto quella geograficamente intesa – lo dimostrano anche le scelte per le creazioni di cardinali fatte nel triennio. A nessun presule occupante una sede tradizionalmente cardinalizia è stata conferita la porpora. Sono infatti rimasti fuori dal Collegio sia il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, sia l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia. Dentro, invece, l’arcivescovo di Perugia (Gualtiero Bassetti), di Ancona (Edoardo Menichelli), di Agrigento (Francesco Montenegro). Scelte in discontinuità anche in riferimento alle due grandi diocesi italiane che hanno cambiato il proprio titolare: mettendo da parte il parere dei vescovi sul territorio e le terne proposte dalla congregazione guidata dal cardinale Marc Ouellet, il Papa ha scelto Matteo Zuppi a Bologna e Corrado Lorefice a Palermo. Il primo era ausiliare a Roma e conosceva da anni Bergoglio, in virtù della sua esperienza in America del sud per conto di Sant’Egidio; il secondo era un semplice parroco a Modica. Senza dimenticare poi la nomina a segretario generale della Cei di Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Ionio.

LE PROSSIME SCELTE, A PARTIRE DA MILANO

La rivoluzione è destinata a proseguire nei prossimi mesi. Il prossimo novembre, il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, compirà 75 anni. Si vedrà se il Papa gli concederà o meno una proroga, ma in ogni caso è da tempo scattato il “toto-successore”, che vede il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, tra coloro che i rumors danno in pole position. Altre ipotesi che sono state fatte riguardano Pierbattista Pizzaballa, già custode di Terra Santa (a Milano si definisce “remota” questa possibilità) e Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso. In tempi relativamente brevi, poi, arriverà il nuovo vicario di Roma, dove il cardinale Agostino Vallini è già da un anno in proroga. Nel prossimo biennio, cambi previsti anche a Genova e Napoli.

IL FUTURO DELLA CEI

Ma la partita più grossa è quella che si giocherà per la presidenza della Cei, dove a marzo scadrà il secondo mandato del cardinale Bagnasco. Secondo le nuove regole, sarà sempre il Pontefice a scegliere il numero uno dei vescovi italiani, benché sul suo tavolo sarà presentata una terna di nomi votata dall’assemblea dei vescovi. Da questa – in teoria – il Papa sceglierà il presidente.

Come Papa Francesco ha cambiato la mappa dei vescovi italiani

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