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Se dopo aver introdotto l’embargo su una lunga serie di prodotti europei, americani, canadesi e australiani, in risposta alle sanzioni occidentali per l’annessione della Crimea nel 2014, Putin ha cercato di alimentare un processo di sostituzione di questi prodotti (soprattutto alimentari), spingendo per una risposta autarchica dell’economia e, in misura inferiore, aprendo nuovi canali commerciali, gli effetti di questa politica non sono quelli sperati. Il mercato russo si è comunque impoverito, ma non è tutto.

Nell’ottobre scorso, sulla scia delle tensioni con l’Ucraina, la Russia ha bloccato i voli verso Kiev. Invece in novembre, dopo che un aereo russo è stato fatto esplodere sulla penisola del Sinai, Putin ha varato lo stop ai voli verso l’Egitto. Infine un mese dopo, in seguito all’abbattimento di un jet dell’Aeronautica russa da parte della Turchia, il capo del Cremlino ha detto basta alle vacanze turche dei suoi concittadini. Risultato di tutto questo? Gli aeroporti di Mosca hanno perso la bellezza di 6 miliardi di rubli, circa 75 milioni di euro, secondo il direttore dell’aeroporto di Domodedovo, Denis Nuzhdin. Le perdite maggiori sono dovute alle restrizioni sui voli verso la Turchia (37 milioni di euro), rilevanti anche quelle verso l’Egitto (27 milioni di euro), mentre le rotte nazionali non hanno compensato le perdite dei voli internazionali cancellati.

Prendiamo poi il commercio tra Russia e Turchia, colpito, a partire da gennaio, dal divieto di importazione da parte di Mosca di una serie di prodotti, soprattutto alimentari e tessili. Stando ai dati forniti in un’intervista al canale Rossiya 24 dall’ambasciatore russo ad Ankara, Andrei Karlov, già nel 2015 il valore degli scambi tra i due paesi è sceso di quasi il 25%, passando da 26,5 miliardi a 20,5 miliardi di euro; anche se secondo il vice ministro allo sviluppo economico Alexei Likhachev i valori del 2015 sarebbero addirittura più bassi, tra i 16 e i 17 miliardi di euro. La flessione è destinata ad accentuarsi quest’anno, per la Tass è prevista un’ulteriore riduzione di almeno 710 milioni di euro.

Rosstat ha certificato per il 2015 una contrazione del pil russo del 3,7% e i cali maggiori sono stati osservati proprio nel segmento del commercio all’ingrosso e al dettaglio (-10,1%), delle costruzioni (-7,5%), dell’industria manifatturiera (-5,5%) e nei pubblici esercizi (-5,2%). E i dati pubblicati recentemente dal Servizio federale delle dogane rispecchiano questi ultimi valori: nel 2015 il surplus del commercio estero russo è diminuito del 33%, lasciando per strada circa 43 miliardi di euro e attestandosi a 142 miliardi di euro. Le esportazioni sono scese del 31,3% a quota 306 miliardi, mentre le importazioni sono calate del 36,7% a 163 miliardi.

(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)

israele, VLADIMIR PUTIN

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