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Una regola europea potrebbe trasformare i titoli di Stato da risk-free in titoli rischiosi. La scure della Commissione potrebbe abbattersi su Btp e Bonos spagnoli con maggior ferocia e assegnare una ponderazione diversa da zero a quasi tutti i governativi dell’area euro. La proposta, auspicata dalla Germania e in discussione a Bruxelles, continuano a essere oggetto di pesanti critiche da parte dei Paesi cosiddetti periferici.

IL REPORT DI CONFINDUSTRIA

“L’obiettivo è condivisibile – scrive il Centro Studi di Confindustria, come riportato da Formiche.net qui – contribuire a ridurre il nesso tra debito sovrano e debito bancario, che è stato una cinghia di trasmissione della crisi nell’Eurozona negli ultimi anni. Tuttavia, un effetto più o meno volontario potrebbe essere quello di rendere più difficile, per alcune economie e in alcune fasi storiche, il collocamento dei titoli del debito pubblico”. Con altri effetti a catena potenzialmente gravissimi. Perché nel passato, scrive ancora Confindustria, “l’acquisto di titoli sovrani potrebbe aver scongiurato un crollo ancora più ampio del credito. Dunque, un tetto ai titoli sovrani avrebbe effetti incerti sui prestiti. E imporre un limite a questa quota significa ingerire nella composizione delle attività bancarie, distorcendo le scelte degli istituti”.

GLI EFFETTI

Ma proviamo a tirare le fila della questione: il fronte tedesco propugna da anni l’idea che si dia un prezzo al rischio implicito di ciascun titolo di Stato emesso nei singoli Paesi europei. Quindi o si attribuisce a questi titoli un grado di assorbimento patrimoniale diverso da zero o si introduce una soglia di concentrazione massima. La Germania lega questa necessità alla creazione di un sistema unico europeo di garanzia dei depositi: prima si deve intervenire ponderando il rischio dei diversi titoli di Stato e dopo si può ragionare sul sistema unico, quando cioè con l’attribuzione del rischio specifico a Btp, Oat, Bonos e Bund si sia eliminata l’equivalenza tra rischio Paese e rischio banche.

IL RUOLO DELLA GERMANIA

Quella che dalla Germania è considerata una conditio sine qua non per pareggiare i rischi prima di dare il suo via libera a un piano di interventi coordinato è però criticato dal Sud dell’Europa in quanto potrebbe risolversi in un superamento delle norme internazionali. Gli accordi di Basilea contengono infatti già la regola della ponderazione dei titoli di Stato, che è una norma internazionale, recepita globalmente dalle diverse legislazioni nazionali. Introdurre gradi di assorbimento non siano omogenei a livello internazionale creerebbe disallineamenti competitivi tra regole in Europa e Usa, a tutto svantaggio del Vecchio Continente. Lo stesso governatore della Bce Mario Draghi ha indicato la necessità di affrontare il tema non solo a livello di Ue ma condividendolo internazionalmente, perché si tratta di regole che impattano sugli strumenti finanziari ed è necessario evitare movimenti anomali e asimmetrici all’interno del mercato dei capitali. Movimenti che avrebbero un impatto sistemico, con danni amplificati in quei Paesi con elevato debito pubblico, dove i titoli di Stato sono di più e pertanto sono più presenti nei bilanci bancari. “Si tratterebbe – dice a Formiche.net una fonte istituzionale – di un modo per tagliare le gambe a questa già poco efficace Unione. La stessa Germania che oggi ha un approccio attento al bilancio pubblico, quando ha fatto la sua unione, di Est e Ovest lo ha fatto con regole non stringenti immediatamente, sforando i vincoli di bilancio e servendosi di un forte sostegno di finanza pubblica”.

NON SERVONO REGOLE RIGIDE

Anche l’Unione bancaria europea richiederebbe di essere realizzata con regole non stringenti almeno per un periodo transitorio. Nel caso in cui si ponesse brutalmente un vincolo all’ammontare di titoli di Stato, per esempio “le banche dovrebbero vendere con un impatto sul rendimento degli stessi titoli. Si tratterebbe quasi di un forza che agisce contro la Bce che con la sua politica monetaria ultra-espansiva sta intervenendo massicciamente a sostegno delle quotazioni dei titoli di Stato: qui deve intervenire un senso politico: noi crediamo a un’Unione europea? Allora va costruito un percorso con un ragionamento che crei elementi di equilibrio anche nelle condizioni macro. E a oggi manca un quadro di riferimento complessivo”.

UNA SIMULAZIONE SUI BTP

E l’effetto potrebbe essere ancora più grave con una ponderazione eccessiva dei governativi in pancia alle banche. Proviamo a capirne di più con i numeri. Dei 400 miliardi di Btp detenuti dalle banche italiane con un assorbimento del 10% del Cet1, ovvero il 10% di 40 miliardi, il surplus di capitale richiesto sarebbe di 4 miliardi. Un valore per cui i nostri istituti di credito potrebbe essere anche capienti. Ma l’effetto collaterale è che il continuo alzare l’asticella del credito sottrae risorse all’economia: 4 miliardi in meno da trasferire alle imprese.

BOLLA DI SAPONE?

Una soluzione surrettizia che non contempla il sistema. E che proprio per questo potrebbe alla fine risolversi in una bolla di sapone. Almeno così la pensa Claudia Segre, segretario generale di Assiom Forex: “La discussione alimentata da Weidmann e Praet negli anni scorsi sulla possibilità che i titoli di Stato non debbano essere più considerati risk free in un ambito applicativo di Basilea 3 – spiega Segre – è destinata a cadere nel vuoto. Un appesantimento dello stato patrimoniale in un momento così delicato per le banche europee è incoerente e poi come ricordato anche da Visco tale opzione avrebbe senso solo per quei Paesi che si trovassero a lambire uno stato di rischio default in uno scenario come quello passato di break up dell’Eurozona. Attualmente invece bisogna prima lavorare sui livelli di ponderazione e di concentrazione dei rischi di mercato evitando una stretta miope sulla valutazione dei bilanci”.

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