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Il prossimo 8 febbraio è il Capodanno Cinese. Incomincia l’anno della scimmia. Lo zodiaco cinese è rappresentato da 12 animali ed ogni anno è associato ad un segno zodiacale: la scimmia è il nono animale e questo è il suo anno. La scimmia è curiosa, mobile e vivace e i suoi anni sono favorevoli per comunicazioni, transazioni e scoperte, ma c’è un problema con la scimmia, pur essendo intelligente, rapida ed intuitiva manca di costanza e tenacia. È un po’ stufarella, come diremmo noi, e quando incontra difficoltà si distrae e non riesce a raggiungere i suoi obiettivi.

La Cina di difficoltà ne incontrerà parecchie quest’anno e dovrà cercare di non assecondare le caratteristiche zodiacali dell’anno. Il primo problema grosso si è già posto: il risultato delle elezioni a Taiwan. La Cina dovrebbe avere tutti gli strumenti per gestire bene il cambio di leadership a Taiwan. Sui giornali cinesi in questi giorni si richiamano continuamente i leader del partito vincente e la prossima presidente della Repubblica di Taiwan, Madame Tsai, al rispetto del così detto Consenso del 1992. Sostanzialmente il riconoscimento del principio One China da entrambe le parti (la parte che spesso non viene ricordata del Consenso aggiunge che le due parti hanno punti di vista diversi su cosa significa One China).

Con la situazione in Hong Kong ancora effervescente, gli attriti crescenti nel Mar Cinese Meridionale, i rapporti con il Giappone ancora quasi ai minimi l’interesse della Cina vorrebbe che si facesse ogni sforzo per evitare nuovi focolai di crisi nel Pacifico. L’aspetto positivo è che il livello di integrazione economica di Taiwan nella Cina continentale è cresciuto tantissimo negli ultimi 15 anni e questo ovviamente rappresenta una bella cintura di sicurezza (airbag incluso) anti crisi.

Verso la fine del 2016, a novembre, un’altra elezione terrà con il fiato sospeso Xi Jinping e gli altri dirigenti cinesi: l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Obama ha sbagliato quasi tutto il possibile in politica estera e la Cina non ha fatto eccezione. A momenti di completa assenza e totale disinteresse ha alternato momenti di grande aggressività al limite della provocazione, mostrando di soffrire moltissimo l’attivismo di Xi. I candidati sia Democratici che Repubblicani, però sono, dal punto di vista della Cina, molto peggio di Obama.

La Clinton, già quando era Segretario di Stato, ha avuto costantemente un atteggiamento molto duro e polemico con la Cina e, anche nei suoi discorsi recenti, spinge molto e con toni molto acuti (cosa che a Pechino da enorme fastidio) sulla questione dei diritti umani e sul tema della democrazia, come se si aspettasse, dopo i disastri delle Primavere Arabe una Primavera Cinese. Il Sen. Sanders, simpatica persona, credo che non si sia mai interessato di politica estera, ma anche lui appartiene ad una tipologia di Democratici di “sinistra” fastidiosi (anche se quasi sempre inconcludenti) per Pechino.

D’altro canto questo non meraviglia: è dalla fondazione della Repubblica Popolare che i cinesi sono andati più d’accordo con i Presidenti Repubblicani che con quelli Democratici, basti pensare a Nixon, a Bush padre, a Bush figlio (nonostante qualche iniziale mal di pancia) e poi è Repubblicano uno dei più sinceri amici americani della Cina, Henry Kissinger. Ma questa volta il quadro è un po’ più fosco. A parte Jeb Bush, che, se non altro per motivi familiari è amico della Cina, gli altri candidati oltre ad essere in generale molto naif in politica estera sono tutti abbastanza aggressivi con la Cina.

Trump dice: “Io certamente incomincerei a tassare i prodotti importati dalla Cina. Per chi diavolo si devono perdere 505 biglioni di dollari l’anno?”, oppure sulla Corea del Nord, “i cinesi hanno il controllo totale della Corea del Nord. Essi ci prendono in giro quando dicono che non possono far nulla perché non hanno il controllo. Son loro che devono risolvere il problema”, o ancora, “i cinesi svalutando la loro moneta stanno ammazzando la nostra industria”. Trump però è anche quello che dice di amare la Cina ed i cinesi. Ted Cruz sostanzialmente ammette di non conoscere la Cina ma dice anche che difenderà i produttori Americani che sono rovinati dai cinesi (come?). Marco Rubio invece parla molto del Mar Cinese Meridionale e vorrebbe mandare la flotta in quelle acque.

Insomma non un gran quadro. Ed infine c’è l’economia, in affanno dal 2015. Io ho già espresso su queste pagine una visione ottimistica delle prospettive economiche cinesi 2016/17 .
Credo che entro marzo (sessione 2016 dell’Assemblea del Popolo) la situazione sarà più definita e si potrà fare una previsione più realistica dell’evoluzione dell’economia cinese.

Xi Jinping, cina

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