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La stepchild adoption continua a creare tensioni nella maggioranza. Il 9 maggio arriverà in aula alla Camera il disegno di legge sulle unioni civili varato dal Senato a fine febbraio. Un testo già privo dell’istituto che consente l’adozione del figlio del partner, inizialmente previsto dalla relatrice a Palazzo Madama Monica Cirinnà ma poi – dopo le polemiche, il family day e la retromarcia dei Cinquestelle – stralciato dal provvedimento per decisione di Matteo Renzi.

LA STEPCHILD, L’UTERO IN AFFITTO E I GIUDICI

Un risultato rivendicato con forza da Area Popolare che però non si accontenta. Come aveva fatto subito dopo il voto del Senato, il gruppo parlamentare – guidato alla Camera da Maurizio Lupi – chiede che vi sia una presa di posizione ufficiale contro la stepchild adoption, anche per evitare che la sua mancata previsione nella legge venga poi di fatto bypassata dalle sentenze dei giudici. Il timore – confermato da alcuni casi – è che l’istituto, dopo essere uscito dalla porta, possa infine rientrare dalla finestra della giurisprudenza. In questo senso Area Popolare mira soprattutto ad evitare che vi possa essere qualsiasi di tipo di riconoscimento per il cosiddetto utero in affitto.

LA MOZIONE DI AREA POPOLARE

La richiesta di Area Popolare al governo e a Renzi è di approvare alla Camera una mozione contro l’utero in affitto, prima di procedere al voto sul disegno di legge in materia di unioni civili. Il documento firmato da Lupi – e dai deputati Rocco Buttiglione, Paola Binetti, Raffaele Calabrò, Nino Bosco, Alessandro Pagano e Rosanna Scopelliti – definisce l’utero in affitto “surrogazione di maternità“. L’obiettivo finale – si legge testualmente nella mozione – è impegnare il governo “ad assumere iniziative, a livello nazionale e soprattutto internazionale, in tutte le sedi istituzionali sovranazionali, affinché la surrogazione di maternità, in ogni sua modalità e variante contrattuale, sia riconosciuta come nuova forma di schiavitù e di tratta di esseri umani, e sia quindi reato universalmente perseguibile“.

IL PERCHE’ DELLA MOZIONE

Nel testo della mozione sono spiegati nel dettaglio i motivi che hanno spinto Area Popolare a condurre questa battaglia. “Il legittimo desiderio di avere bambini non è un diritto esigibile“, recita la mozione, nella quale poi si aggiunge che “sottrarre un neonato alla donna che lo ha tenuto in gestazione e partorito integra, oltre che un crimine, una condotta di estrema crudeltà, una sorte generalmente destinata alle schiave nelle civiltà arcaiche“. Ciò a prescindere dal fatto che tra le parti sia intercorso un apposito accordo. Secondo Area Popolare, il contratto di surrogazione di maternità va considerato come “una nuova forma di mercato di esseri umani“.

RENZI E IL PARTITO DEMOCRATICO

La posizione di Area Popolare rischia però di scontrarsi contro il partito del premier. Un bel pezzo del Pd ha già accettato con ritrosia lo stralcio della stepchild dal testo approvato a Palazzo Madama. La deputata e filosofa Michela Marzano, ad esempio, oggi dalle colonne di Repubblica ha annunciato che dopo il voto di Montecitorio sulle unioni civili uscirà dal partito a causa del passo indietro sulla stepchild. Difficile, dunque, in un contesto del genere che Renzi forzi la mano su una mozione da contenuti così netti come quella di Area Popolare. Più facile, eventualmente, che si possa votare un provvedimento dai toni meno duri.

LA FIDUCIA SULLE UNIONI CIVILI

Che il presidente del Consiglio intenda superare questo passaggio nel modo più rapido e indolore possibile, è emerso comunque ieri a Firenze con chiarezza. “Tra il 10 e il 12 maggio votiamo le unioni civili, probabilmente con la fiducia“, ha affermato Renzi. Il premier e lo stato maggiore del Pd mirano, infatti, a confermare in toto il provvedimento approvato dal Senato, in modo da scongiurare un altro voto da parte di Palazzo Madama. Circostanza che sarebbe ovviamente inevitabile se la Camera dovesse apportare delle modifiche al testo.

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