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Il socialismo è una religione che, rispetto al cattolicismo, ha al centro non il Dio trascendentale dei cattolici, ma, la fiducia nell’uomo e nelle le sue energie migliori, come unica realtà spirituale. E i suoi fedeli, ossia, i militanti del movimento proletario, non sono degli infelici, dei mendichi, degli spiantati, come immagina la fantasia democratica cristiana.

Questi militanti non sono dei Lumpenproleriat che tendono la mano al ricco passante, magari pronti a aggredirlo se non ricevono l’elemosina necessaria per l’esistenza della povertà, predicata dal cattolicismo. Sono, degli audaci lavoratori di un edificio sociale, di una nuova civiltà che non domandano aiuto e pietà a nessuno perchè hanno la certezza di vincere con le sole loro energie.

E’ quanto, nel 1916, cinque anni prima della deleteria scissione di Livorno del 1921, scriveva sull’Avanti!, Antonio Gramsci, maestro di laicità, il cui pensiero, profondamente laico, nulla ebbe a che vedere con la maldestra via italiana al socialismo della quale l’ideatore, il cinico affabulatore Palmiro Togliatti, ne fece strumentalmente l’antesignano.

Dietro le sbarre del duro carcere fascista, quel cervello che non deve pensare per i prossimi vent’anni, come dispose il già socialista Benito Mussolini, studiò il fenomeno religioso con una particolare attenzione alla influente e potente Compagnia di Gesù, votata a assorbire l’apostasia delle masse, ossia controllare, disciplinare i movimenti di massa, la più pericolosa delle eresie moderne.

E bocciò il Concordato tra il Duce e la Chiesa che invece Togliatti volle inserire, con l’alibi della pace religiosa, nella Costituzione: Se lo Stato rinunzia a essere centro permamentemente attivo di una cultura propria, autonoma, la Chiesa non puo’ che trionfare. Ma lo Stato non solo non interviene […] ma distrugge ogni oppositore della Chiesa che abbia la capacità di limitarne il dominio spirituale sulle moltitudini.

Quanto al Vaticano, Gramsci aveva le idee assai chiare: […] è senza dubbio la più vasta e potente organizzazione privata mai esistita […] la più grande forza reazionaria esistente in Italia: tanto più temibile in quanto insidiosa e inafferrabile […] Ha, per certi aspetti, il carattere di uno Stato ed è riconosciuto come tale da un certo numero di governi. Soprattutto dai regimi totalitari. Si tratta di una delle forze politiche più efficienti della storia moderna, con cui far i conti per conquistare l’egemonia culturale che non prevede compromessi più o meno storici.

Riprendere in mano e leggere alcune pagine dei Quaderni del carcere e alcuni degli articoli per l’Avanti!, scritti da Gramsci toglie dalla mente e dallo stomaco quel peso opprimente nel dover ogni giorno sentire gli striduli encomi al gesuita Papa Francesco da quei politici, Stefano Fassina, Nichi Vendola, Fausto Bertinotti e company, che si fregiano del titolo di maître à penser della sinistra ormai in via di estinzione.

Nessuna rassegnazione comunque. Quanti hanno avuto il coraggio di scendere in piazza per dire No Giubileo, No War day, la lezione gramsciana l’hanno fatta loro: vale quel che il grande Sardo scriveva nel ’16 sull’Avanti!: Noi non ci aspettiamo nulla da altri che da noi stessi, sapendo bene che la Chiesa dispone di una concentrazione di cultura cattolica rappresentata dai laici,  ausiliari più preziosi come professori d’università,  come funzionari dell’amministrazione, [come politici, sindacalisti, intellettuali] che come cardinali e vescovi.

Ma non per questo si piega la testa: se il conflitto Stato-Chiesa può esser a livello di una sorta di Kulturkampf, è e resta come sosteneva Gramsci una categoria eterna storica impossibile da cancellare, per cui se si vuole dar vita a una sinistra nuova bisogna mettere insieme ai valori lasciati da Gramsci, la fiducia nell’uomo e nelle sue migliori energie, con la laicità, l’uguaglianza naturale per la nascita tra tutti gli esseri umani.

La laicità di Gramsci ignorata da nipotini sapientini

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