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Viviamo in un mondo in profonda trasformazione. La lezione è chiara. Data per assodata la velocità di cambiamento, il solo modo per essere competitivi è quello di recuperare la visione di lungo periodo. Perché questa premessa? La spiegazione è semplice in queste poche righe è riassunto il problema del nostro sistema previdenziale. Lo ricordava qualche giorno fa il Presidente Mattarella. Progettato per “stare in piedi” su base intergenerazionale (i giovani pagano la pensione ai più anziani) ha le “ali” dell’orizzonte prospettico tarpate dal crollo demografico generato dal tasso di denatalità del nostro Paese, il peggiore fra le nazioni avanzate. Non che sia una novità. La storia dice che la ricchezza è il più grande anticoncezionale che esista. E noi, nonostante la crisi, siamo la terza ricchezza privata del mondo, possediamo quasi 10mila miliardi di euro, molti dei quali illiquidi, sottoforma di un sistema immobiliare piombato da valutazioni dimezzate.

Insomma, al di là di tutte le soluzioni (compresa la divisione tra previdenza e assistenza), l’unico modo possibile per risollevare l’INPS è quello di incentivare in modo massiccio la maternità. Anche perché il crepaccio di 9 miliardi di euro aperto nella gestione INPS 2012 è continuato nel 2013 segnando – 9,2 miliardi, nel 2014 – 10, e nel 2015 – 11,6, finendo per cumulare una perdita da manovra economica. E senza dimenticare che il CIV, il Comitato di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS , stima ulteriori, importanti perdite anche per i prossimi anni.

L’unico dato positivo è quello della Gestione separata che a fine 2015 segna un attivo di circa 110miliardi. Insomma qui è tutta un’altra storia: con l’esclusione dei lavoratori dipendenti (in parità ma ancora per poco) le professioni a partita Iva contribuiscono a compensare le gestioni in perdita e quindi le pensioni di tutti gli altri, artigiani, commercianti e, soprattutto, statali. Non c’è dubbio, oggi la Gestione Separata è la “gallina dalle uova d’oro” dell’INPS perché paga poche pensioni e non dimentichiamoci che nasce nel 1998. Ma, attenzione, la pacchia finirà.

Cosa succederà dopo? Ecco, questa è senza dubbio una domanda legittima, e arriva soprattutto dai giovani contribuenti, una domanda che impone qualche riflessione. Partiamo da un principio di base. In assoluto, le pensioni non sono a rischio perché i buchi generati dal divario tra contributi versati (le entrate) e le prestazioni da erogare (le uscite) verranno sempre coperte dai trasferimenti da parte dello Stato. Insomma, anche in caso di default, le pensioni mancanti verranno pagate dallo Stato o meglio da tutti i contribuenti. In verità, sta già accadendo così. Anche se i dati non sono ancora chiari, nel 2015 i trasferimenti dello Stato all’INPS sono stati superiori sia al 2014 (119 miliardi) che al 2013 (112,5 miliardi) con un’ipotesi del MEF di 122 miliardi a fine 2016. Rallenta il passo di marcia rispetto agli ultimi 5 anni sarà effetto della riforma Fornero? Forse, ma nel lungo periodo cosa accadrà?

Qui lo scenario cambia, nel lungo periodo, gli orizzonti sono preoccupanti. Stime catastrofiche (anche se ancora tutte da verificare e approfondire) anticipano addirittura al 2035, nonostante gli effetti della Fornero e i possibili progetti di incorporazione delle casse previdenziali private, un possibile dissesto dell’istituto di previdenza pubblica. La verità è che, come abbiamo detto all’inizio, siamo di fronte ad un problema epocale. Senza figli, senza nuove leve, il sistema crolla come un castello di carte. E sono davvero tante le domande che possiamo farci.

Eccole:

1. è prudente tenere tutto il risparmio previdenziale concentrato su un solo indice, il PIL, che cresce niente da 20 anni e sconta tutte le inefficienze del sistema economico italiano?

2. Perché non si può ottenere un rendimento più in linea con quelli offerti dal mercato sicuramente più alti rispettivamente del tasso di crescita del PIL (drammatico negli ultimi anni) e dell’indice FOI (l’indice dell’ISTAT che rileva l’andamento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati)? Non varrebbe la pena di provare?

3. Nell’era del lavoro flessibile, a questi tassi di rivalutazione, il contributivo aiuta a tenere in piedi i conti ma produrrà una futura generazione di poveri… C’è qualcosa che non sappiamo?

4.Se ci sono agevolazioni fiscali, per quanto in diminuzione, al secondo pilastro (i fondi pensione integrativi), perché non possono essere concesse agevolazioni fiscali al primo pilastro (la pensione INPS), quello più importante?

5. Che possibilità hanno i lavoratori, anche dipendenti, di costituirsi un secondo e un terzo pilastro (il proprio risparmio personale) se sono costretti a versare al primo pilastro un’aliquota contributiva fra le più alte al mondo?

Da qui devono partire le nostre riflessioni. Ma, prima di qualsiasi risposta, gli orizzonti catastrofici possono essere allontanati solo in un modo. Fare figli. Insomma: salvate l’INPS, fate figli!

Una versione di questo articolo è stato pubblicato anche sull’Huffington Post

 

Salvate l'INPS, fate figli

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