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In questi giorni di riunione del Consiglio dei Capi di Stato e di Governo a Bruxelles, la Gran Bretagna si sta giocando il suo eccezionalismo inglese. Il Regno di Elisabetta II diverrà una “regione” – ancor più – “a statuto speciale”, oppure sceglierà la Brexit? Come ha scritto l’economista Giuseppe Pennisi su Formiche.net: “Ci vorrebbe una ‘chiave inglese’, un marchingegno per serrare i bulloni e consentire ad un auto con le ruote in panne di mettersi in condizioni di ripartire o pure per allentarli se sono troppo stretti ed impediscono il funzionamento di una protesi”. Nei sondaggi, il fronte del No alla permanenza nell’Ue continua a crescere. Ma cosa vogliono – e cosa sognano – davvero i british che vorrebbero lasciare Bruxelles?

BYE BYE EU

“Un No non isolerebbe la Gran Bretagna dall’Europa continentale, come dicono le urla del Project Fear. Quel No traumatizzerebbe l’autocompiacimento dell’Ue”, si legge sul sito di Leave.eu, maggiore movimento inglese che sostiene la Brexit. Appoggiato da giornalisti, professori e uomini d’affari, ma anche da numerosi politici locali (tra cui anche molti Tory), Leave.eu è riuscito a chiamare a sé più di mezzo milione di followers in meno di sei mesi. Rappresentato da persone vicine a Nigel Farage, leader di Ukip, tra cui  Toby Blackwell, ultimo rampollo dell’omonima casa editrice, e Jim Mellon, uno dei principali finanziatori del partito anti-Ue e amico intimo di Farage.

Sistema legislativo, politica estera, commercio internazionale, politiche migratorie: se la Gran Bretagna abbandonasse l’Ue, secondo Leave.eu, ne gioverebbe ognuno di questi topic.

AUTOREGOLARSI

Secondi i dati dell’associazione, Bruxelles e Strasburgo impongono il 50% delle leggi implementate in Gran Bretagna, percentuale in forte aumento negli ultimi anni. Allo stesso tempo però, l’influenza inglese nel parlamento europeo sta diminuendo “drammaticamente: all’inizio la presenza inglese contava con il 20% dei voti, ora con il 9,5%”. “Queste leggi comportano obblighi troppo onerosi per la nostra economia, pari a 33 miliardi di sterline ogni anno – dicono i pro Brexit – Uscire dall’Ue farebbe risparmiare miliardi di sterline a tutto il settore industriale e, di conseguenza, farebbe abbassare i prezzi a vantaggio dei consumatori”, si legge sul sito.

AUTOPROMUOVERSI

L’ipotesi di una Brexit migliorerebbe la diplomazia e l’export inglese, afferma Leave.eu: “Avremmo un nostro rappresentate nel World Trade Organization e potremmo giocare la nostra partita senza intermediazioni, grazie anche ai legami con il Commonwealth e al ruolo che già ricopriamo nell’Un Security Council”; ma staccarsi dalla slow-moving nature dell’Eu, vorrebbe dire anche rendere la Gran Bretagna “libera di commerciare con chi vuole, senza essere partecipare a negoziazioni portate avanti dall’Unione Europa che possono durare anche anni”. E seppure “l’Ue porti 3 milioni di posti di lavoro, i paesi del resto del mondo potrebbero darne di più: l’export inglese con i paesi extraeuropei è due volte maggiore a quello con il vecchio continente”.

AUTOSERRARSI

Anche sulle politiche migratorie, Leave.eu sta con chi, cittadino non Ue, vuole andare a studiare e lavorare in Gran Bretagna. “Tra il 2004 e il 2010, in Inghilterra, è arrivato un milione e mezzo di cittadini Ue; una bassa percentuale di questi ha un buon livello di istruzione. Molti ragazzi extraeuropei che chiedono la Visa, al contrario, sono laureati in ottime università estere. I posti loro riservati, però, a causa della libera circolazione imposta dall’Ue, sono molto bassi”. Ma quanti, per ora, sono gli inglesi d’accordo con Leave.eu?

NUMBERS NUMBERS NUMBERS

Sul sito del movimento sono riportati i risultati di un sondaggio effettuato da Survation. su richiesta del giornale conservatore Mail on Sunday. I dati, però, si riferiscono a indagini demoscopiche dei primi di settembre 2015. “Per la prima volta dal 2014, la maggioranza dei cittadini inglesi vuole uscire dall’Ue: 51% contro il 49% di chi vuole restare”. Considerando gli indecisi (17%), le percentuali si abbassano rispettivamente al 43 e al 40%. Nel giugno dello stesso anno i dati registrati erano diversi: 45% di chi voleva lasciare e 54% di chi voleva rimanere nell’Ue.

YouGov, considerato uno dei più autorevoli istituti sondaggistici inglesi, ha pubblicato le variazioni delle intenzioni di voto dei cittadini oltremanica: dal settembre 2015 al febbraio 2016, la percentuale di chi auspica una Brexit è aumentata di 5 punti%, dal 40% al 45%; la tendenza contraria ha registrato invece una tendenza altalenante: 38% favorevole a rimanere nell’Ue nel settembre 2015, percentuale salita al 41% a dicembre e scesa al 36% nel sondaggio dei primi di febbraio.

CAMERON’S STRATEGY

La strategia di Cameron, fino a questo momento, era stata quella di contenimento delle spinte “indipendentiste”, attraverso il Project Fear, espressione usata dal premier prima delle elezioni del maggio 2015. “Tutte le alternative sarebbero troppo rischiose, è meglio un diavolo che conosci che uno che non conosci”, diceva Cameron in campagna elettorale. Ma la situazione è cambiata: la “grossolana” – secondo quanto diceva il Guardian – diplomazia portata avanti da Cameron si sta raffinando tanto che anche i capi di Stato europei si stanno convincendo a concedere più libertà alla Gran Bretagna. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ieri, di fronte al Bundestag, ha dichiarato: “Alcune pretese di Cameron sono giuste, lavoriamo per un accordo con vantaggi per tutti”. Ma Donald Tusk, presidenre del Consiglio Ue, frena: “Dopo le ultime consultazioni devo dichiarare con franchezza che non c’è ancora garanzia che raggiungeremo un accordo”.

Dunque, nessuna chiave inglese, per ora.

(Immagine: Gary Barker @Barkercartoons)

Cosa eccita di più i britannici che vogliono la Brexit

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