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Non si ferma l’avanzata cinese in Africa. L’ultimo frammento di questa invasione arriva proprio dalla visita del presidente Xi Jinping in Sud Africa dove sono stati siglati 26 accordi di cooperazione bilaterali, del valore complessivo di 6,5 miliardi di dollari. Una visita che, non a caso, il presidente sudafricano Jacob Zuma l’ha definita come “la migliore di sempre” annunciando con enfasi che “Pechino aiuterà il Sud Africa nella distribuzione di energia elettrica, nella costruzione di centrali nucleari e nella costruzione di un impianto di produzione di automobili”.

Le radici della Cina in Africa sono state piantate con grande cura a partire dal 2000, quando è nato il Forum per la Cooperazione (FOCAC) tra le due potenze e a cui aderiscono 52 stati africani con l’intenzione di rafforzare le relazioni commerciali e diplomatiche.

Come la goccia cinese, la penetrazione è stata lenta e ben costruita e, a distanza di quindici anni, Pechino con oltre 230 miliardi di euro investimenti ha superato gli Stati Uniti diventando il primo partner commerciale del Continente.

Numeri che parlano chiaro. Oltre 3mila aziende del Celeste Impero operano stabilmente nel Continente principalmente nel settore energetico, delle costruzioni, edilizia e delle infrastrutture, gli scambi commerciali hanno superato lo scorso anno i 222 miliardi di dollari, una crescita incredibile se si pensa che solo nel 2000 erano appena di 20 miliardi di dollari.

Tanto interesse di Pechino verso l’Africa sta proprio nel dna del Partito Comunista cinese. Il Continente nero infatti evoca la diffusione dei principi della rivoluzione maoista, dall’anticolonialismo alla solidarietà tra le nazioni non-allineate, quelle che una volta venivano chiamate per comodità Terzo Mondo, fino al sostegno ai movimenti di liberazione. Non a caso il presidente Xi Jinping ha rinnovato l’impegno di accordare ai paesi africani prestiti pari a 20 miliardi di dollari in tre anni per lo sviluppo delle infrastrutture, dell’agricoltura e del commercio, ha assicurato la formazione professionale di 30mila africani e 18mila borse di studio governative per gli studenti africani.

L’espansione cinese non è casuale ma studiata a tavolino e varia il contributo di Pechino in base anche agli interessi nei vari stati africani. Così, ad esempio, c’è stato un grande sostegno al Kenya e al suo governo ricompensato con l’appalto per la costruzione della nuova ferrovia ad opera del China Road and Bridge Corporation che consentirà di diventare l’hub logistico dell’intera Africa orientale. O in Nigeria dove PetroChina ha stretto accordi per oltre 2 miliardi di dollari con la Nigerian National Petroleum Corporation per ottenere una corsia preferenziale nel campo dell’estrazione e della lavorazione del petrolio. E non è un caso se la Cina sostiene da sempre nei forum internazionali il conferimento alla Nigeria di un seggio permanente all’Onu. Ma non basta. Se vi è l’emergenza ebola ecco il ministro degli Esteri Wang Yi pronto a portare solidarietà e aiuti in Sierra Leone, Liberia e Guinea, vere e proprie miniere di materie prime, fonte primaria degli scambi tra Cina e Africa.  E se questo non bastasse ecco gli aiuti economici che arrivano con la riduzione del debito di 35 Paesi africani, per oltre 2 miliardi e 800 milioni di euro.

I risultati economici per l’Africa sono più che visibili. Non più il buco nero della globalizzazione ma un continente che avrà per il Fmi una crescita del pil al 6%. E dove arrivano le multinazionali come Microsoft, ad esempio, ha realizzato insieme alla cinese Huawei uno smartphone simbolo dei prodotti di maggiore successo tra gli africani. Proprio Bill Gates ha sostenuto la presenza cinese in Africa al punto che recentemente ha dichiarato che “l’alto livello di innovazione raggiunto dalla Cina può aiutare l’Africa a vincere la sua battaglia contro le epidemie, la povertà e la fame”.

E forse non sarà un caso che la prossima settimana, dal 15 al 18 dicembre, la World Trade Organization (Wto) svolgerà la sua decima ministeriale proprio in Africa, a Nairobi, dove si tenterà di rilanciare l’agenda di Doha sullo sviluppo e la liberalizzazione del commercio mondiale. Con Cina e gli stati africani pronti ad una politica comune che non sia troppo a favore delle potenze occidentali, a partire da Stati Uniti e Europa, i veri grandi assenti nell’economia africana.

Tutte le nuove mire della Cina in Africa

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