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I cittadini turchi torneranno alle urne questa domenica, per la seconda volta in meno di cinque mesi. Il presidente Recep Tayyip Erdogan intende perseguire ancora il suo progetto di riforma della Costituzione, ma per realizzarlo ha bisogno della maggioranza assoluta in Parlamento. Dopo le elezioni del 7 giugno, il Partito della Giustizia e lo Sviluppo (Akp) del capo di Stato ha perso il controllo esclusivo del governo. Non accadeva da tredici anni. Formare un esecutivo di coalizione è stato impossibile: nessuna forza politica ha voluto. Ma l’impasse politica non è l’unico problema di Ankara, in affanno a causa di difficoltà economiche e la paura di attentati terroristici.

PREVISIONI ELETTORALI

Al momento i sondaggi non prevedono nessun cambiamento rispetto ai risultati di giugno, quando l’Akp ha ottenuto il 40,87% dei voti, Chp il 24,95%, Mhp il 16,29% e l’Hdp il 13,12%. La rilevazione più recente realizzata da Radar indica che l’Akp avrebbe oggi il 42,09% dei consensi, Chp il 26,01%, Mhp il 14,93% e l’Hdp il 13,21%. Altre società prevedono un risultato simile: la tendenza è sempre quella di un piccolo aumento per il partito di Erdogan, che però non raggiungerebbe la maggioranza assoluta; e un leggero aumento per Chp e Mhp, grazie alla perdita di voti dell’Hdp. Il sostegno al partito filo curdo è sceso, ma si mantiene sopra la soglia del 10%.

ALTERNATIVE FUTURE

Cosa accadrà se, ancora una volta, nessun partito ottenesse la maggioranza assoluta in Parlamento? L’Akp potrebbe, nonostante la resistenze di Erdogan, fare un patto di governo con il secondo o terzo partito più votato. Ma secondo la maggioranza della stampa turca, i negoziati sarebbero comunque difficili. L’alternativa è tornare per la terza alle urne. Uno scenario anticipato dal vicepresidente dell’Akp, Mehmet Ali Sahin: “Se il risultato del 1° novembre somigliasse a quello del 7 giugno, temo che si parlerà di nuovo di elezioni”.

CONTRO LA LIBERTÀ DI STAMPA

Il clima non è sereno. A pochi giorni dal voto, l’accusa di nuovi attacchi contro la libertà di stampa aumenta la tensioni nel Paese. Ieri, raccontano i media turchi, la polizia ha interrotto a tempo indeterminato la frequenza di due canali di tv critici verso l’operato del governo. Inoltre, è stata vietata la circolazione di due quotidiani del gruppo Koza-Ipek. L’azienda sarebbe vicina al teologo ed ex sodale di Erdogan, Fethullah Gülen. L’intelligence turca ha incluso il teologo nella lista dei terroristi internazionali. È nella categoria “rossa”, il livello più alto di pericolosità.

GÜLEN, L’EX ALLEATO DI ERDOGAN

I rapporti professionali e personali tra Erdogan e Gülen si sono interrotti nel 2013. I sostenitori di Gülen, che occupavano posti chiave nella polizia turca, il sistema giudiziario e i servizi segreti, avrebbero, secondo il presidente, tramato contro il governo di Erdogan. Nato a Korucuk, un paesino nella provincia di Erzurum, nell’est della Turchia, Gülen è uno scrittore, opinionista e imam turco. È il fondatore del movimento omonimo, Gülen, e dal 1999 vive in esilio a Saylorsburg, in Pennsylvania, negli Stati Uniti.

Sul suo sito web, Gülen sostiene di aver istruito maestri di fede islamica, accompagnandoli nella crescita spirituale e nello studio delle scienze religiose. Nel 1958, gli è stato concesso un permesso statale per predicare nella terza provincia più grande della Turchia, Esmirna. Lì Gülen ha cominciato a diffondere le sue idee e a vedere aumentare i propri sostenitori. È andato in “pensione” nel 1981, per provare a portare il suo messaggio spirituale in tutta l’Europa occidentale. Nel 1999 sarebbe arrivato negli Stati Uniti per sottoporsi a delle cure mediche. Alcuni media turchi sostengono che in realtà sia fuggito per evitare un processo per alcuni commenti a favore della creazione di uno Stato islamico.

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