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La crisi dell’amministrazione capitolina si è ormai consumata e il quadro che ne è derivato, unitamente ai presupposti che l’hanno provocata, rendono più che evidente la condizione di affanno in cui Roma si trova ad affrontare l’imminente scadenza dell’inizio del Giubileo. Gli effetti dirompenti di Mafia Capitale costituiscono ancora una ferita tutt’altro che rimarginata per la  politica e la società cittadina, alla vigilia dell’avvio del relativo processo. Le due grandi aziende di proprietà comunale, incaricate rispettivamente dell’attività di trasporto delle persone e della raccolta dei rifiuti, – settori estremamente sensibili, anche ai fini della gestione dell’evento giubilare – versano in condizioni estremamente critiche.

Il trasporto pubblico appare pesantemente compromesso da ricorrenti scioperi e dalle conflittualità tra aziende e sindacati, dalla vetustà dei mezzi e da frequenti incidenti e disfunzioni, soprattutto nel settore ferroviario. Le cronache rivelano la “colonizzazione” del territorio di grandi aree periferiche – ma il fenomeno riguarda anche il centro, soprattutto in relazione alla gestione di pubblici esercizi – da parte dei clan malavitosi che per troppo tempo non ha trovato adeguato contrasto, determinando pericolose cristallizzazioni difficili da estirpare. Per troppi anni la fulgida propaganda interessata dei fiancheggiatori delle diverse amministrazioni che si sono succedute alla guida della città ci ha indotto, se non a dimenticare, a sottovalutare la gravità del degrado montante.

La parola deve tornare alle urne, ma non si può certo pensare che le elezioni anticipate si rivelino di per se stesse risolutive della crisi sistemica in cui versa la Capitale. I nuovi amministratori incontreranno le stesse difficoltà e le stesse insidie che hanno travolto l’esperienza di Marino. E ricostruire, affrontare i nodi strutturali non sarà facile, le resistenze, gli interessi, le rendite di posizione radicate saranno ancora lì, a dispetto delle migliori intenzioni dei nuovi arrivati!

Si richiede quindi alla politica di affrontare le nuove consultazioni con una più ampia impostazione  programmatica, con una visione di grande respiro, altrimenti, come è accaduto ai predecessori, agli entusiasmi della vittoria dell’uno o dell’altro contendente seguirà ancora la depressione dell’impotenza e della soccombenza a logiche antiche che sembrano inamovibili! E si rivelerebbe forse opportuno, dopo i fallimenti degli ultimi anni, che questa volta i partiti nazionali si rendessero disponibili ad un passo indietro, sia perché alcuni di questi hanno già espresso, nell’ultimo  decennio, la classe di governo capitolina, con risultati che appaiono deludenti, sia per il carattere di prova  generale della futura resa dei conti – quella delle elezioni politiche – che la sfida assumerebbe se fosse giocata anche questa volta, sostanzialmente, tra centrodestra, centrosinistra e 5 Stelle. La consueta atmosfera da “scontro finale”, condito di retorica, scambi di accuse, ipocrite dietrologie, false promesse irrealizzabili. Più autenticamente “romana” potrebbe rivelarsi invece una competizione tra candidati “civici”, sostenuti da liste civiche, concentrate sui problemi capitolini, indipendenti dai partiti e non collegate alle passate gestioni.

Candidati Sindaci “civici”, di prestigio ed indiscussa competenza e moralità, affiancati da rispettive squadre di collaboratori altrettanto “civici” e altrettanto qualificati. Solo un team con competenze differenziate e articolate potrà affrontare la sfida del risanamento capitolino. Il mito dell’uomo solo al comando, dal carisma salvifico e risolutivo, ha fatto il suo tempo, come si evince dal quadro desolante che si è prodotto nella Capitale, dopo oltre un ventennio dall’introduzione dell’elezione diretta del Sindaco. È importante l’uomo, ma è importante la squadra, come ha giustamente rilevato, di recente, proprio Francesco Rutelli, primo sindaco della Capitale eletto dai cittadini.

Il compito di selezionare e formare i futuri amministratori locali dovrebbe spettare ai partiti che, tuttavia, negli ultimi anni, sotto questo profilo, hanno lasciato molto a desiderare. Almeno quelli che si sono cimentati nella sfida del governo cittadino. Lascio da parte i 5 Stelle, perché qualsiasi giudizio sarebbe prematuro.

Per questo sarebbe opportuna una sorta di “desistenza” da parte dei partiti tradizionali nelle prossime elezioni comunali, cedendo il passo e offrendo sostegno a liste civiche, pur sempre ispirate a tradizioni culturali radicate nel Paese, in grado di imprimere quella spinta di innovazione e di discontinuità necessaria, ai fini di gettare alla città malata un’ancora di salvezza.

Cosa serve a Roma Capitale

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