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Lei prova a fare la disinvolta – che non è proprio il suo forte -, a prendere in giro Donald Trump che la ridicolizza, a tenere in soggezione Biden che non è ancora sceso in campo. Ma le cose stanno davvero andando a rotoli per Hillary Clinton: un momentaccio, con lo scandalo dell’emailgate che la perseguita e che lei spera di lasciarsi alle spalle dopo la deposizione al Congresso a ottobre.

Intendiamoci. Primo, l’ex first lady ha tutto il tempo – e tutti i soldi – per resettare la sua campagna e ripartire in quarta. Secondo, lo scandalo è di per sé risibile: l’ex segretario di Stato è colpevole, reo per di più confesso, di avere usato un account privato invece di quello ufficiale – e meglio protetto – del Dipartimento di Stato. In tasca non gliene è venuto niente, né v’è sentore che potenze straniere o gruppi terroristici abbiano profittato di questa sventatezza. Ma quando i sassi cominciano a rotolare bisogna fermarli prima che diventino una frana: ché, poi, non la fermi più.

Lo stillicidio delle rivelazioni è incessante. Lunedì, il Dipartimento di Stato ha reso pubbliche oltre 7000 pagine di posta elettronica del suo ex boss. Fra le mail ora divulgate, circa 150 messaggi censurati perché ritenuti – a posteriori – contenenti informazioni riservate.

La maggior parte della corrispondenza appare di routine, ma alcune mail – specie con il consigliere Sidney Blumenthal – rivelano l’interesse della Clinton per la politica interna (non è una sorpresa e neppure un crimine). In una, Blumenthal bolla lo speaker della Camera John Boehner, repubblicano, come un “pigro alcolizzato”; in altre, si parla del generale Petraeus e di John Podesta, oggi nel team di Hillary. C’è pure un carteggio inedito tra il Dipartimento e Julian Assange: il 27 novembre 2010, gli Stati Uniti cercando di evitare che Wikileaks pubblichi 250.000 documenti classificati, sostenendo che la vita di americani ne sarebbe a repentaglio.

Nelle mail scritte usando il server privato di casa Clinton e della Clinton Foundation – una scelta che Hillary ha di recente definito “un errore”-, spunta pure Chelsea Clinton come rappresentante della Fondazione di famiglia. La ‘First Daughter’ invita i genitori a intervenire ad Haiti, ma non vuole comparire: “Sono felice di restare un soldato invisibile”.

Il vizietto della mail privata pare diffuso fra i vip della diplomazia: anche Caroline Kennedy, ambasciatore in Giappone, ma soprattutto figlia di John F. Kennedy, ha usato un suo account privato e non quello ufficiale.

Nonostante tutto, Hillary porta avanti con energia la sua campagna. Nel Minnesota, alla riunione estiva del Comitato nazionale democratico, ha ironizzato su Donald Trump, attuale battistrada repubblicano, “Il partito di Lincoln e’ diventato il partito di Trump”. E non ha fatto cenno all’ipotesi di una discesa in campo del vice presidente Joe Biden. L’ex first lady ha però mandato ai delegati una raffica di pro memoria, indicando tutti gli appoggi ricevuti nei primi Stati in cui si voterà (Iowa, New Hempshire, South Carolina e Nevada) e annunciando una serie interminabile di raccolte fondi – obiettivo non dichiarato, ma palese: fare terra bruciata tra i potenziali simpatizzanti di Biden-.

Perché per Hillary Clinton è un momentaccio

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