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L’espulsione dei diplomatici iraniani dall’Arabia Saudita, giunta dopo le tensioni legate all’esecuzione del religioso sciita Nimr al-Nimr da parte del Regno wahabita, è solo l’ultimo capitolo di uno scontro secolare interno all’Islam che l’Occidente fatica a interpretare e che sta portando Usa ed Europa a sbagliare ogni mossa, compresa l’apertura di credito alla Repubblica Islamica attraverso l’accordo raggiunto sul suo programma nucleare.

A spiegarlo in una conversazione con Formiche.net è lo scrittore e giornalista Carlo Panella, firma del Foglio e di Libero e autore del “Libro nero del califfato” (Bur editore), che analizza le tensioni tra Riad e Teheran e il rafforzamento dell’Isis. E sulle mosse di Obama in Medio Oriente dice che…

La decisione di Riad pregiudica gli sforzi internazionali per battere l’Isis e mettere fine alla guerra in Siria?

Quella di intimare ai diplomatici iraniani di lasciare l’Arabia Saudita è senza dubbio un’azione estrema, ma motivata da un fatto: è almeno dal 2005 che Teheran infiamma il Medio Oriente. C’è il suo coinvolgimento nell’assassinio di Rafik Hariri in Libano, sostiene Bashar al-Assad in Siria, ha fomentato i disordini in Yemen.

L’Iran ha sbagliato a criticare le esecuzioni messe in atto dall’Arabia Saudita?

Bisogna separare le cose. Chiaramente l’atteggiamento di Riad è indifendibile, ma non è frutto del caso. Come detto, l’Iran vorrebbe esportare la rivoluzione sciita in tutto il Medio Oriente. E lo sta facendo da tempo. Semmai il paradosso è che dopo aver seminato instabilità a suon di guerre per procura, ora non le resta che protestare verbalmente. Ora le rimane solo la possibilità di scatenare una guerra diretta con l’Arabia Saudita. Ma sa bene che le costerebbe cara, perché il fronte sunnita si unirebbe contro di lei, che è isolata.

Barack Obama, l’ha ricordato oggi Federico Rampini su Repubblica, è convinto che il Califfato possa essere sconfitto… non mandando truppe americane “infedeli” a riconquistarne i territori, ma con combattenti sunniti, che devono accantonare altre rivalità e concentrarsi sul “nemico principale”, cioè lo Stato Islamico. La strategia del presidente americano è quella giusta?

Le diplomazie occidentali non comprendono il punto centrale della questione. L’Isis non è la causa, ma una conseguenza di ciò che accade oggi in Medio Oriente. La crisi a cui assistiamo è frutto di un conflitto religioso e geopolitico tra sciiti e sunniti, che ha radici antichissime. Quando in Europa e negli Stati Uniti si assisteva a rivoluzioni democratiche, l’Islam andava in senso opposto, con la rivoluzione wahabita, che esaltava un’interpretazione reazionaria e conservatrice della fede musulmana. Il cammino storico dell’Islam va in senso opposto a quello auspicato dall’Occidente. L’Isis è una superfetazione di questo percorso, non un elemento spuntato da chissà dove. È un dato di fatto da cui non si può prescindere, ma che viene ignorato dalle nostre cancellerie.

Allora perché Stati Uniti ed Europa sbagliano a schierarsi dalla parte dell’Iran, ritenuto più riformatore?

L’Occidente deve decidere qual è l’avversario più comodo da affrontare ed è senza dubbio l’Iran. Non si tratta di scegliere chi siano i buoni o i cattivi, posto che sicuramente i buoni, se esistono, non si trovano a Teheran. La rivoluzione sciita è fondata su un concetto di martirio, di morte, non dissimile da quello dello Stato Islamico. Poi, per carità, va riconosciuto alla diplomazia iraniana di sapersi “vendere” come moderata. È gente istruita, che si è formata a Yale o ad Harvard. Sa come ammaliarci. Ma ciò non toglie che noi dovremmo difendere chi è più vicino ai nostri valori e al sistema occidentale. E, a parte i sauditi, che hanno comunque con noi strettissimi legami energetici, contro l’Iran ci sono anche Paesi come Israele e Turchia, nostri alleati. Per questo dico che Obama sta sbagliando tutto: tra sunniti e sciiti il conflitto è sì geopolitico, ma ha anche una componente di irrazionalità che non può essere risolta come se si fosse a Versailles.

Si assiste ad un ribaltamento di alleanze, con l’Iran che prende il posto dei sauditi per le potenze occidentali?

Non credo o almeno spero di no. Non converrebbe a nessuno. Né all’Arabia Saudita, che ha le sue casseforti a Londra e a Wall Street; né a noi, che abbiamo in Riad un partner essenziale per la nostra sicurezza energetica. Piuttosto il Regno potrebbe dotarsi di armi atomiche, cosa che farà se la situazione non dovesse cambiare. Fino ad ora, infatti, le uniche conseguenze certe che hanno prodotto l’accordo con l’Iran sono state da un lato la preoccupazione d’Israele e l’avvicinamento di alcuni Paesi come l’Egitto alla Russia; dall’altro la reazione scomposta di Teheran che testa missili a medio e lungo raggio, mettendo in imbarazzo la Casa Bianca, che non può addebitarle nuove sanzioni perché, questi aspetti, sono stati colpevolmente tenuti fuori dal negoziato, come invece chiedevano le altre potenze regionali, Gerusalemme su tutte. Se gli Usa vogliono recuperare terreno c’è una cosa sola da fare: soffocare l’Iran, che è la vera fonte di instabilità dell’intero Medio Oriente.

Perché Obama sbaglia sull'Iran. Parla Panella

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