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Il protocollo d’intesa firmato tra Ministero dell’Ambiente, Anci e Regioni per far fronte all’innalzamento dei livelli di polveri sottili nelle città italiane rappresenta un fondamentale passaggio a un’unica regia nazionale per affrontare il problema dell’inquinamento. Questo coordinamento permanente tra Comuni, Governo e Regioni proseguirà con nuovi appuntamenti finalizzati a seguire e gestire non solo le cosiddette misure emergenziali (come i blocchi della circolazione) ma anche le misure strutturali previste dal protocollo e da eventuali provvedimenti futuri. “Un piano ragionevole”, dice a Formiche.net Teodoro Georgiadis dell’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr. “Ovviamente se non pensiamo a quella società decarbonificata che eliminerebbe il problema alla radice ma è al momento di difficile realizzazione”.

IL PROTOCOLLO PUNTO PER PUNTO

L’intesa si snoda su diversi punti. A livello strutturale, le misure salienti sono: il controllo e la riduzione delle emissioni degli impianti di riscaldamento delle grandi utenze, per esempio con combustibili meno inquinanti; il “passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, rinnovando il parco mezzi”; la promozione di una rete di ricarica, soprattutto nelle grandi città, per incentivare l’uso dei veicoli elettrici, sia nel trasporto pubblico che privato; le “misure di sostegno e sussidio finanziario per l’utenza del trasporto pubblico” (per esempio, abbonamenti integrati per ferrovie, bus, metro, bike sharing, car sharing e sosta); l’introduzione a livello nazionale del limite di 30 Km/h all’interno dei centri abitati (escluse le grandi arterie di scorrimento); la “dissuasione e la repressione della sosta di intralcio e la sincronizzazione dei semafori con monitoraggio dell’intensità di traffico”, per rendere la circolazione più fluida; le misure per la metanizzazione degli impianti termici della pubblica amministrazione; gli incentivi alla rottamazione o riconversione dei veicoli più inquinanti, comprese le flotte merci.

Come provvedimenti emergenziali, da adottare temporaneamente in caso di sforamento per 7 giorni dei limiti di legge sulle polveri sottili, sono citati l’abbassamento dei limiti di velocità di 20 km/h nelle aree urbane; i sistemi di incentivo all’utilizzo del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa; e la riduzione delle temperature massime di riscaldamento di 2 gradi negli edifici pubblici e privati.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE ROTTAMARE LE VECCHIE AUTO

“La risposta politica è positiva: Regioni, sindaci delle città e governo si sono seduti allo stesso tavolo, il che è fondamentale per ottenere ordinanze coerenti. Sappiamo che i provvedimenti isolati e scoordinati sono poco efficaci: meglio se tutte le città procedono insieme”, commenta Georgiadis. “Autorità locali e centrali si muovono di concerto. Bene”.

Anche gli elementi tecnici appaiono all’esperto del Cnr per la massima parte efficaci. Bene la riduzione delle emissioni negli impianti di riscaldamento, con nuovi combustibili o, se necessario, abbassando le temperature massime: i riscaldamenti incidono sullo smog quasi quanto le automobili. Resta il dubbio, secondo altri osservatori, su chi dovrà davvero far rispettare questi vincoli.

Fondamentale è il rinnovo del parco macchine, con gli incentivi alla rottamazione dei veicoli Euro3 e precedenti: “Dalle vetture Euro4 in poi le emissioni sono nettamente inferiori. Le Euro4, 5 e 6 incidono appena per il 3% sulle emissioni totali di particolato in città – spiega Georgiadis – Ugualmente leggo positivamente il ricambio del parco dei mezzo pubblici e la fluidificazione del traffico con la sincronizzazione dei semafori”.

LE ZONE 30KM/H NON SERVONO

E’ invece perplesso l’esperto del Cnr sulla disposizione che suggerisce di limitare la velocità a 30 Km orari nei centri urbani per abbattere le emissioni. “Che il limite di velocità aumenti la sicurezza sulle strade è innegabile, ma questo provvedimento non ha niente a che fare con l’inquinamento – anzi”, spiega Georgiadis, “le macchine emettono più particolato quando viaggiano a 30 km all’ora che quando si mantengono sui 50-70 km orari”. Infatti, le nuove vetture catalitiche hanno il miglior rendimento, a livello di emissioni nocive, quando marciano a una velocità intermedia, mentre le emissioni salgono sia quando si corre che quando si rallenta notevolmente. “Con le vetture attuali il massimo dell’inquinamento è generato dal meccanismo stop-and-go che peggiora il rendimento della marmitta catalitica. Quindi questo elemento del protocollo mi sembra meno convincente”, osserva Georgiadis.

IL PARADOSSO DELLE VETTURE ELETTRICHE

Gli ambientalisti spingono per politiche che vadano oltre i provvedimenti che limitano l’impatto dei veicoli tradizionali verso modalità più innovative e “verdi”, come l’auto elettrica o il car sharing. Sicuramente le vetture elettriche non emettono particolato e “nel sistema urbano inserire più veicoli elettrici aiuta a ridurre lo smog”, sottolinea Georgiadis, ma definirle al 100% “pulite” non è corretto. “L’auto elettrica non è completamente non inquinante”, spiega l’esperto: “Nel ciclo di vita dell’auto elettrica ci sono due elementi che hanno un impatto sull’ambiente: la generazione dell’energia elettrica e poi lo smaltimento delle batterie. Queste contengono metalli e terre rare fortemente inquinanti: se l’auto elettrica si diffonderà il problema non sarà di poco conto”.  

CAR SHARING, QUESTIONE DI MENTALITA’

Nel protocollo siglato da governo, Comuni e Regioni si cita anche il car sharing. Serve? “Le città in cui circolano vetture con una sola persona a bordo sono ovviamente messe sotto stress, a livello di traffico e smog, rispetto a quelle in cui l’auto viene condivisa tra più utenti”, risponde Georgiadis. “Questo però richiede un nuovo paradigma nella struttura della società, un cambiamento nei meccanismi del metabolismo urbano: più persone si devono mettere d’accordo, per esempio, per andare in ufficio insieme, o fare compere nello stesso momento. Ci si deve coordinare su orari e punti di partenza e di arrivo”.

Ridurre il numero di veicoli in circolazione, dunque, aiuta ma esige una mentalità più attenta alla difesa dell’ambiente da parte delle persone e anche un’organizzazione diversa della città, per esempio delle sue attività lavorative. Si può fare, secondo Georgiadis, ma con degli incentivi piuttosto che con i divieti (per esempio, il divieto di entrare in centro con macchine che contengono meno di due o tre persone): “Meglio offrire alle persone la sensazione di un vantaggio che possono ottenere rispetto alla percezione di una misura vessatoria”.

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