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Non è ancora la spallata, ma poco ci manca. L’Europa, e con essa il G7, tentano di chiudere il cerchio sui beni confiscati alla Banca centrale russa. Tra i 200 e i 300 miliardi di dollari strappati al Cremlino e che l’Occidente vorrebbe far fruttare per finanziare la ricostruzione in Ucraina. Fino ad oggi, poco o nulla è stato fatto, più che altro per una serie di ostacoli legali, che hanno reso nei fatti impraticabile la strada della monetizzazione dei beni. Ma ora sembra essere stata trovata la convergenza su quella che era l’antico sogno dei Paesi del G7: una tassa sui profitti generati da simili asset.

Lo scorso lunedì, infatti, i ministri degli Esteri dell’Ue hanno dato la loro personale benedizione politica alla tassa sui profitti legati ai beni sottratti alla Russia. Proposta che ora sarà discussa dagli ambasciatori dei Paesi membri dell’Unione nelle prossime settimane, con l’obbiettivo di arrivare a una pronta sintesi e applicare la misura.

Lo stesso capo della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha dichiarato sempre lo scorso lunedì che sono stati fatti dei progressi sulla tassa sulle plusvalenze degli asset. “Sono convinto che possiamo andare avanti con questo dossier”, ha poi incalzato il ministro delle Finanze belga, Vincent Van Peteghem, il cui Paese detiene attualmente la presidenza di turno dell’Ue. Una tassa, evidentemente, aggirerebbe i problemi legali connessi alla liquidazione tout court dei beni.

Ma certamente susciterebbe la pronta rappresaglia di Mosca, come ha già fatto intendere il Cremlino. Vladimir Putin si è detto infatti pronto a ricambiare in egual moneta l’Europa, qualora mettesse le mani sui beni confiscati alla Banca centrale. Una cosa è certa, per il leader ucraino Volodymyr Zelensky non bisogna arretrare di un millimetro. Sono di pochi giorni le sue parole proprio all’indirizzo del G7.

“I beni russi attualmente congelati all’estero ammontano a circa 300 miliardi di dollari. Devono essere utilizzati a sostegno dell’Ucraina”, ha scritto sul proprio profilo il leader ucraino. “Questa è un’opportunità storica per far pagare allo Stato terrorista il suo terrore. L’élite e la leadership russa non si preoccupano delle vite umane, ma tengono al denaro più di ogni altra cosa. Per loro, la perdita di beni sarà la perdita più dolorosa. Percepiranno la vera forza della comunità internazionale e vedranno che il mondo è più forte del terrore”.

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