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“C’era una volta la chimica”. Ecco una frase che non vogliamo consegnare alle generazioni future, volendo evitare, come sindacato, che gli ultimi capisaldi di questo settore strategico per il futuro industriale finisca nel cassetto dei ricordi.

È così che la vertenza Versalis acquista un valore tutto particolare: la sfida consiste nell’evitare che il destino di Paese manifatturiero si riduca ancor di più, quando invece l’Italia dovrebbe fondare le speranze di non imboccare la strada del declino produttivo proprio conservando gli asset che guardano al futuro. E questa vicenda è ancora più emblematica in quanto Versalis vuol dire Eni, ed Eni vuol dire ancora Stato italiano. Insomma, scelte e responsabilità sono quanto mai chiare.

Unitariamente, come sindacato, abbiamo deciso di affrontare con estrema decisione questa vicenda e faremo ogni sforzo per impedire la vendita a fondi stranieri della maggioranza di Versalis; siamo convinti del valore dell’azienda, che sia uno degli ultimi baluardi di strategia dell’industria italiana, che sia una scommessa seria nella coniugazione tra chimica e ambiente, e della sua capacità di far progredire anche nel nostro paese un progetto reale di chimica verde.

Versalis è nelle condizioni di rivestire un ruolo fondamentale in questo settore e nella ricerca avanzata che lo riguarda. Affidarlo a mani straniere non vuol dire solo rinunciare ad una possibilità di sviluppo importante, ma anche a caratterizzare l’Eni sempre più come un corpo estraneo alle sorti dell’industria italiana, impegnato come è nel duplice processo di estrazione-commercializzazione del greggio fuori dai confini nazionali.

Ed è quanto mai necessario che il Governo intervenga con tutto il peso della sua autorevolezza politica e di quella non meno rilevante che gli deriva dagli obblighi di azionista; ed è ora che si sappia se questo governo è in grado di assecondare attivamente un nuovo corso di politica industriale in Italia o se riterrà che vicende come queste sono interessanti solo sul lato della cassa.

E a chi contestasse questa nostra convinzione, quasi che fosse un abuso di ruolo sindacale, va risposto che quando si tratta del destino di un’impresa che svolge un compito essenziale per garantire occupazione, lavoro qualificato, ricerca in un Paese povero di questa risorsa, decisiva per restare con possibilità di successo nell’industria che conta, sostenibilità dei processi industriali con l’ambiente, il sindacato non può che diventare un presidio intransigente della conservazione di queste potenzialità nell’industria nazionale.

Ma il Governo finora tace; invece di assumersi per intero le sue responsabilità a partire da un tavolo di negoziato vero, sgombro da calcoli immediati e pronto a valutare ogni ipotesi che possa permettere a Versalis di rimanere uno dei gioielli di famiglia. E sarebbe ancor più importante che il Governo facesse capire, senza reticenze, se considera l’Eni tuttora una spina dorsale della nostra industria e quindi uno dei motori della ripresa industriale del Paese, o meno.

E, francamente, non si comprende nemmeno l’entusiasmo del Presidente di Confindustria, industriale a sua volta del settore, che sembra essere espressione di un conformismo di facciata che però finisce per tradire quella vocazione a mantenere l’Italia nel campo delle nazioni industriali avanzate. Ci saremmo aspettati invece un atteggiamento diverso, teso a favorire il dialogo e la riflessione sulle conseguenze di questa cessione per l’intero panorama industriale italiano.

Non si può accettare una scelta che ha il sapore di una pura e semplice rinuncia. E vorrei allora ricordare una frase del fondatore di Eni, Enrico Mattei, quando sosteneva che “l’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”. Era vero ieri, lo è più che mai oggi. Il valore delle classi dirigenti si misura anche con tale parametro. Che non sono lungimiranza ma anche un dovere etico nei confronti del proprio Paese. E il sindacato è più che mai deciso a ricordarlo a tutti, battendosi con grande determinazione.

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Perché Versalis dell'Eni deve restare italiana

Di Paolo Pirani

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