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Nelle epopee tolkeniane mi hanno sempre affascinato le figure dei “raminghi”, uomini che hanno scelto l’esilio, per non arrendersi servilmente, come la maggioranza dei loro simili, al negativo potere dominante e rimanere fedeli alla stirpe degli uomini liberi e forti.
Grazie a Dio, ci sono ancora molti raminghi in Italia! E questo è il primo miracolo: esistono, cioè, persone che resistono e non intendono svendere il proprio giudizio agli slogan di supposti leader politici, che da decenni ormai strumentalizzano demagogicamente il popolo. E forse non pochi di questi sono proprio fra il 50% che sta disertando sistematicamente le urne.

Capita, poi, che non pochi “raminghi” si stanno ritrovando, che stanno ripensando a una vita pubblica assieme. E questo è il secondo miracolo: di questi mesi, di queste settimane, di domenica 13 dicembre al congresso dei popolari.
Già alle scorse regionali, infatti, sono state realizzate inedite piattaforme controcorrente, pluraliste al loro interno, che hanno messo assieme storie anche piccole e identità differenti, ma unite dal non volersi arrendere alla demagogia e intuendo la forza del principio della sussidiarietà, pur variamente intesa e sentita. Gli esempi non sono pochi: noi in Veneto (che dal settembre 2014 abbiamo autoconvocato la prima costituente civico-popolare) con Flavio Tosi, raggiungendo un coraggioso e affatto banale 12%, Schittulli in Puglia, Ricci in Umbria.
Qualche settimana fa, poi, ad Orvieto, Quagliarello, Mauro, Tosi, Giovanardi, Bonalberti e molti altri hanno dato vita al primo coordinamento in nome della sussidiarietà e per una alternativa alla demagogia di Renzi, Grillo e del duo Salvini-Berlusconi, efficacemente bollati come “populisti” nel manifesto finale.

Il 13 dicembre si svolgerà il primo congresso dei Popolari per l’Italia, forse l’unico partito nato con lo scopo di favorire una realtà più ampia di sé. Molti di noi, che hanno condiviso con Mario Mauro innanzitutto una amicizia che ha affrontato nell’impegno politico di questi anni le vie più impervie e coraggiose, vivono questo appuntamento (che sfuggirà ai media tutti attratti dai fasti leopoldiani) con la consapevolezza di un compito essenziale per il bene dell’Italia. Vogliamo, infatti, poter finalmente dare corpo allo scopo per cui siamo nati: favorire un UMP italiano, una federazione di tutte le realtà popolari, civiche, autonomiste che non si arrendono a una idea di politica senza un serio lavoro sui contenuti, per declinare la priorità della persona, della famiglia, dell’impresa sul potere, sia esso potere politico o finanziario o culturale.

Questa aggregazione federata dovrà essere una nuova piattaforma, davvero alternativa a tutto quello che oggi offre il desolato panorama italiano e capace di valorizzare il buono che si sta già costruendo nei territori, come in Veneto. I Popolari, così, hanno il compito di essere infaticabile enzima perché tutti coloro che sono “raminghi” siano accolti come attori, facendo della diversità una ricchezza della prossima federazione: Tosi, Passera, Fitto, Quagliarello, Giovanardi, Tassone, Schitulli, Ricci, Rosso e i molti di più che animano liste civiche e associazioni di cultura politica in tutto il paese. I Popolari hanno il compito di chiedere a tutti questi amici di concentrarsi sui contenuti, di ridire e rifar capire quanto sia interessante una politica diversa dalla demagogia, ad esempio riavviando scuole di formazione di politica, ridando tono all’amore alla libertà e alla creatività come sale del servizio pubblico!

Come popolari ci sentiamo, infine, molto impegnati nel chiedere a noi stessi e a tutti di resistere ogni giorno alle pur comprensibili tentazioni (che ci sono e che ci saranno) di ripiegare sulle solite, comode, posizioni del tipo “centrodestra”/”centrosinistra”, che ci porterebbe di nuovo a fare gli insignificanti orpelli di quei potentati politici che hanno desertificato e desertificano ogni vera cultura popolare in Italia.
Soprattutto per noi, infatti, vale quel monito per cui se il sale perde il suo sapore, diventa un minuscolo granulo, che a buona ragione sarebbe meglio, semplicemente, buttare via.

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