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Che succede in Banca Etruria? La popolare aretina, finita lo scorso febbraio in amministrazione straordinaria per gravi insufficienze patrimoniali e affidata alle cure del commissario Antonio Pironti, si prepara ad accogliere il Fondo interbancario di tutela dei depositi, che ne gestirà la ricapitalizzazione e di conseguenza il salvataggio. Ma i piccoli azionisti dell’Etruria (e non solo quelli piccoli) restano preoccupati del destino della popolare. Che fine faranno le azioni? Che valore avranno? Ma soprattutto, quale quota riusciranno a strappare ad aumento di capitale concluso? Domande che circolano da tempo nella testa di Vincenzo Lacroce, socio storico della banca ma soprattutto presidente dell’Associazione Amici Banca Etruria, che raccoglie le tante migliaia di piccoli azionisti dell’istituto di Arezzo.

IL FITD? LASCI UNA QUOTA AI PICCOLI SOCI

Lacroce, ex funzionario di Bankitalia, racconta a Formiche.net alcuni dettagli della partita che gli azionisti aretini si preparano a giocare in vista dell’aumento di capitale. Per salvare sì la banca, ma anche la sua identità, ovvero il radicamento sul territorio. “Noi vogliamo che il Fondo entri e gestisca il salvataggio. Ma non vogliamo che si prenda tutto il capitale. Perché altrimenti non ci saranno più soci in grado di rappresentare il territorio all’interno dell’Etruria”, dice Lacroce. “L’ideale sarebbe che il Fondo entrasse con il 70% e a noi lasciasse almeno un 20% di capitale. Altrimenti la banca perde la sua identità”. Lacroce non ha dubbi sulla bontà della battaglia per l’Etruria.”Le assicuro che ricevo telefonate ogni giorno di imprenditori disposti a metterci i soldi pur di comprare azioni e mantenere un radicamento qui”.

TRA (SCARSA) TRASPARENZA E (POCHE) GARANZIE

Ma le paure e le incognite dei soci Etruria non finiscono qui. Non c’è solo la questione delle quote post aumento. “Noi azionisti vorremmo anche qualche indicazione sul valore delle nostre azioni, una volta concluso l’aumento”, prosegue Lacroce. “Temiamo che il loro valore possa essere azzerato e a noi non rimanga nulla”. Preoccupazione più che lecita se si considera quanto accaduto in un’altra banca salvata (forse) per i capelli, Carife, dove i soci denunciano da tempo l’azzeramento del valore delle loro azioni, con la conseguente richiesta di warrant, per l’emissione di nuove azioni. “Abbiamo chiesto 15 giorni fa un incontro al commissario, per avere chiarimenti e garanzie. Finora si è saputo poco o nulla sul destino della banca e delle sue azioni, noi vogliamo trasparenza, ma soprattutto chiarezza”, spiega Lacroce. Che fa anche un raffronto con gli altri istituti commissariati: “L’Etruria è ancora in alto mare, le altre due banche sono già spa, noi ancora no. E non è nemmeno chiaro di quanto sarà l’aumento, si figuri. Per questo andremo anche dal Fitd”.

INCONTREREMO IL FITD (MA DA SOLI)

Un riferimento al progetto della maxiassociazione di soci delle commissariate non poteva ovviamente mancare. L’incontro c’è stato, anche se Lacroce non lo ammette ufficialmente. “E’ una buona idea perché di questi tempi l’unione fa la forza”. Ma a parlare col Fondo, forse già a dicembre, i soci dell’Etruria ci andranno molto probabilmente da soli. “Andremo a capire meglio quello che succede e soprattutto che succederà. Poi vedremo”.

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