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Il segretario di stato degli Stati Uniti, John Kerry, in un’intervista rilasciata al Financial Times si è pronunciato in anticipo sull’accordo internazionale per il clima che verrà discusso tra qualche settimana a Parigi (30 novembre-11 dicembre). Secondo le sue previsioni, saranno inseriti elementi che favoriranno gli investimenti verdi ma, allo stesso tempo, Kerry ha detto: “Non ci sarà alcun trattato e non saranno individuati target di riduzione vincolanti come quelli di Kyoto”.

LE PREVISIONI

Tra le questioni affrontate dal segretario di stato Usa, grande attenzione è stata dedicata ai finanziamenti. Kerry ha ammesso che il Congresso sta ostacolando il percorso per impegnare i $3 miliardi promessi per aiutare i paesi in via di sviluppo nella lotta contro il riscaldamento globale, pur evidenziando il forte interesse del presidente per questo tema: “Quando qualcosa ha una grande priorità per un presidente, si trova sempre il mondo per andare avanti” e ha aggiunto che vorrebbe vedere un impegno maggiore degli Stati Uniti rispetto ai $3 miliardi, pur riconoscendo: “Non so se attualmente si tratta di una questione valutabile”.

LE DIVISIONI

In questi mesi che precedono l’incontro di Parigi, parlando delle caratteristiche che l’accordo conclusivo della Cop21 avrà, il mondo si è sostanzialmente diviso in due: da una parte chi come John Kerry, in modo forse più realistico, prevede un accordo basato sulla volontà di Stati e società civile piuttosto che sul concetto di obbligatorietà dell’azione per ridurre le emissioni di Co2. Dall’altra chi, invece, auspica la  sottoscrizione di norme vincolanti, sulla scia di quanto stabilito a Kyoto nel 1997.

IL NODO

Al di là di come andranno le cose, gli addetti ai lavori notano che qualsiasi accordo internazionale vincolante necessita della volontà dei singoli sottoscrittori affinché si possano dispiegare tutte le azioni vincolative. Ne deriva che insistere sulla necessità di target rigidi e obbligatori di riduzione delle emissioni di Co2 potrebbe determinare un gioco al ribasso in cui i decisori politici, per timore di non riuscire a rispettare gli impegni, premono per obiettivi inferiori rispetto al necessario. Inoltre, alcuni Paesi potrebbero addirittura decidere di non sottoscrivere alcun accordo; basti ricordare che gli Stati Uniti non ratificarono il protocollo di Kyoto, uscendo di fatto da ogni forma di vincolo ambientale stabilito a livello internazionale. Per quanto riguarda l’attuale situazione degli Stati Uniti, alcuni osservatori segnalano la delicata situazione in cui si muove Obama, diviso tra una propensione ambientale e l’ostilità del Senato ad appoggiare le sue mosse.

LE ASPETTATIVE

In fin dei conti, quello che ci si attende da Parigi  – sottolineano alcuni osservatori – è l’indicazione di un percorso la cui partecipazione dei singoli Stati sia volontaria e aggiornata periodicamente in base agli avanzamenti di studi e monitoraggi ambientali. Ad oggi, il fatto che la volontà di aderire alla lotta al cambiamento climatico si sia espressa nell’indicazione dei cosiddetti Impegni volontari stabiliti a livello nazionale (Indc) offre un chiaro segnale che i tempi di Kyoto sono ormai un ricordo del passato e che la necessità di ridurre il nostro impatto ambientale richiede un continuo lavoro in termini di sensibilizzazione a livello tanto governativo quanto di società civile.

Parigi 2015, ecco le previsioni di John Kerry

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