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La commissione Giustizia alla Camera ha dato il via libera definitivo alla proposta di legge che modifica il Codice delle leggi Antimafia e che allarga la platea di soggetti sottoposti alla verifica antimafia.

La proposta, a firma del Movimento 5 stelle, è stata approvata all’unanimità e sarà legge dalla pubblicazione in Gazzetta. La proposta, essendo stata assegnata già al Senato in sede legislativa, non dovrà passare per l’aula.

Per l’approvazione, infatti, basta il via libera della commissione. Il disegno di legge è stato presentato dal M5s al Senato – a firma Vito Crimi – a seguito dell’approvazione da parte del governo del dlgs Antimafia, a novembre 2014, che a sua volta ha modificato il Codice.

Il ddl ‘correttivo’ cancella dal dlgs uno dei criteri per la richiesta della documentazione antimafia: abrogare il riferimento della residenza in Italia per i familiari maggiorenni dei titolari di aziende a cui può essere richiesta la documentazione.

Secondo i 5 stelle, il dlgs governativo – pubblicato in Gazzetta ufficiale il 13 novembre 2014 – è stato un “regalo alle mafie” e per questo hanno chiesto una rapida modifica del provvedimento. Il Codice antimafia prevede che le aziende che hanno rapporti contrattuali con la Pubblica amministrazione debbano produrre la documentazione antimafia come definita dall’articolo 84 del “codice antimafia” (dlgs 159 del 2011).

Non soltanto il titolare e altri soggetti aventi ruoli di responsabilità, ma anche tutti i loro familiari conviventi. Tuttavia, il legislatore non aveva distinto tra maggiorenni e minorenni. Per questo si è reso necessario modificare il codice e limitare il controllo ai soli familiari maggiorenni.

“Ma, come sempre – aveva scritto Crimi sulla sua pagina Facebook – nottetempo arriva qualcuno che inserisce la fregatura”. E così spuntano sei parole chiave: “Che risiedono nel territorio dello Stato”. Secondo i 5 stelle, la modifica “era un invito alle mafie a intestare le loro aziende al famigliare pulito che risiede all’estero”.

Sulla ‘clausola’ si erano espresse anche le commissioni Affari costituzionali e Giustizia al Senato che al termine dell’esame hanno votato all’unanimità per cancellare la norma. Richiesta però che non è stata recepita dal governo durante l’ultimo esame del dlgs. “Oggi possiamo intestarci un’importante vittoria in Parlamento nel contrasto alle mafie”, dicono in una nota i membri M5s della commissione Giustizia di Camera e Senato.

“Abbiamo fatto cancellare tre parole dal decreto legislativo n. 153 del 2014 che permetteva di non avere controlli antimafia se una società era incardinata all’estero e intestata ai familiari. La nostra proposta di modifica, a prima firma di Crimi, è stata una dura e lunga battaglia a partire da ottobre 2014″.

Le mafie “si possono favorire anche solo con tre parole”, dicono i 5 stelle, “come quelle del decreto quando imponeva che i controlli per i familiari dei mafiosi erano dovuti solo per coloro ‘che risiedono nel territorio dello Stato’. Combattere le mafie significa anche cancellare le tante norme che potrebbero favorirle”.

“Con il voto favorevole all’unanimità, abbiamo posto fine a un grave pericolo. Un mafioso, per evitare i controlli, doveva solo trasferire all’estero la residenza della società e intestarla ai familiari. Con la modifica dell’articolo 85 comma 3 del codice antimafia (dlgs 159 del 2011) questo pericolo non esiste più. Siamo soddisfatti perché per snidare i favori della politica alla mafia bisogna trovare nelle pieghe delle leggi, gli obbrobri che manine complici hanno scritto nel corso degli anni”.

“Noi avevamo già segnalato la gravità di questa norma – concludono – ma il governo ci ha ignorato e ha ignorato il parere della commissione Giustizia del Senato. Oggi ripariamo all’ennesimo favore della politica alla criminalità organizzata”. SOR

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