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C’è un filo, ed è un filo rosso, che accomuna le reazioni delle sinistre alle tre notizie che in questi giorni si sono guadagnate le aperture di giornali e telegiornali. La chiave di lettura all’emendamento Costa che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, ai saluti romani di Acca Larentia e all’abrogazione dell’abuso d’ufficio è chiaramente moralistica e lo sbocco politico che ne discende è oggettivamente giustizialista. Panpenalistico, o, per dirla in volgare, manettaro. È ufficiale: tre indizi fanno una prova.

A differenza di quanto sostenuto dal Pd e dal Movimento 5 Stelle, l’emendamento Costa non rappresenta affatto un “bavaglio” alla libera informazione. Non vieta la pubblicazione delle notizie di reato, vieta solo la pubblicazione integrale o per stralci delle ordinanze di custodia cautelare scritte dai pm. Un modo per provare, almeno provare, a garantire il principio della parità tra accusa e difesa su cui si fonda lo Stato di diritto. La levata di scudi delle sinistre dimostra che tale principio è oggettivamente estraneo alla loro cultura.

Più che comprensibile l’orrore provato da molti per i saluti romani di Acca Larentia, ma si tratta della libera manifestazione del pensiero tutelata dall’articolo 21 della Costituzione. Principio che più d’una sentenza della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione ha sancito proprio in materia di saluti romani. Per la nostra Costituzione, che vieta la ricostituzione del Partito fascista, ma anche per la legge Scelba del ‘52 e per la legge Mancino del ‘93 salutare romanamente ad una commemorazione funebre non costituisce reato. Le sinistre, invece, invocano le manette.

Quanto all’abuso d’ufficio, divenuto reato per volontà di Mussolini, è una fattispecie talmente generica e fumosa da rappresentare una pistola carica nelle mani di un qualsiasi pubblico ministero. Una pistola che, per quanto caricata a salve, scoraggia gli amministratori pubblici dall’assumere qualsivoglia iniziativa. Non lo sostiene solo il governo, lo sostengono quasi tutti i sindaci in carica, anche e soprattutto quelli del Partito democratico. I dati confermano il giudizio: nel 2021 ci sono stati 5418 indagati per abuso d’ufficio, le condanne sono state solo 27. Eppure, l’abrogazione del reato non viene letta come una garanzia dei diritti individuali e/o della funzionalità delle pubbliche amministrazioni, ma come un lasciapassare per corrotti e delinquenti.

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Si grida allo scandalo, si evoca il fascismo, si prospetta l’impunità, si invocano sanzioni penali esemplari. Il moralismo come ripiego della morale perduta, il panpenalismo come succedaneo della violenza politica. L’opinione di Andrea Cangini

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