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Nonostante il recente parziale rimbalzo dei prezzi, il controshock petrolifero è ancora ben lontano dall’essersi esaurito. L’instabilità resterà l’elemento dominante del mercato, a meno di una qualche forma di regolazione dell’offerta. Ancora più incerte sono le prospettive se si tiene conto dei fattori geopolitici che lacerano lo scenario petrolifero e metanifero. Con pesanti ripercussioni sulla «sicurezza energetica» di molti paesi, specie per l’Italia che negli ultimi anni ha aumentato la sua dipendenza da Russia e Libia.

IL CALO DEI PREZZI DIPENDE DALLE CONDIZIONI DI BASE DELL’ECONOMIA DEL PETROLIO

“Per comprendere le dinamiche strutturali nel mercato petrolifero, specie sul fronte dei prezzi, è utile richiamare i fondamentali dell’economia del petrolio”, a partire “dall’alta aleatorietà mineraria; dall’alta intensità di capitale; dall’inelasticità nel breve ai prezzi sia della domanda che dell’offerta; dalla predominanza dei costi fissi su quelli variabili”. Queste condizioni fanno sì che il mercato, da solo, non sia in grado di conseguire il tanto auspicato equilibrio sul fronte dei prezzi, come dimostra l’attuale congiuntura. “The problem of oil – scriveva Paul Frankel nel 1946 – is that there is always too much or too little”. Parte della responsabilità dell’instabilità attuale va inoltre ricercata nei paesi produttori, i quali, da quando hanno assunto il pieno controllo sulle proprie risorse, raramente “hanno saputo realizzare la piena stabilità del mercato e dei prezzi”.

UNA CRISI NON BREVE

Esclusa una “poco verosimile marcia indietro dell’OPEC”, ormai “stanca di recitare il ruolo dello swing producer a vantaggio dei concorrenti”, si può facilmente immaginare una situazione di volatilità dei prezzi che durerà nei prossimi mesi. Anche l’attuale modesto rimbalzo viene denigrato dai principali analisti, in quanto riconducibile, più che altro, a “operazioni finanziarie dei trader”. Da un punto di vista di condizioni di mercato, infatti, si rileva: “il permanere di una forte oversupply, l’elevato livello di scorte, nuovi record della produzione americana e lo scarso rimbalzo dei minori prezzi sulla domanda”. […] “Altre e ancor più incerte le prospettive se si tiene conto del versante geopolitico”, in particolare se si considerano gli effetti dal lato dell’offerta di tre dei principali paesi coinvolti – Iraq, Iran e Libia – e di altri paesi affatto irrilevanti nel panorama energetico globale, quali Siria, Nigeria e Yemen.

RICADUTE IN EUROPA…

Se “nel petrolio il versante geopolitico sembra (per ora) soccombere a quello economico, nel metano accade l’opposto”. La crisi ucraina e libica possono infatti determinare uno shock tutt’altro che lieve considerando che il gas naturale “contribuisce in misura rilevante alla copertura della domanda europea; è difficilmente sostituibile in tempi brevi; vincola i gradi di libertà della politica estera dei paesi che vi dipendono”. Proprio il tema della sicurezza energetica sembra finora essere stato sottovalutato dalle istituzioni europee, nonostante una recente “serie di proposte tese a ridurre l’autonomia dei singoli Stati negli accordi di approvvigionamento e a coinvolgere la Commissione nelle negoziazioni”. L’impressione, tuttavia, è che tali proposte incontreranno una “forte opposizione degli Stati Membri, gelosi nella difesa della loro sovranità”.

…E SOPRATTUTTO IN ITALIA

In casa nostra le criticità da questo punto di vista non sono meno drammatiche, con “la dipendenza da Russia e Libia che nell’ultimo biennio è aumentata dal 33% al 51% sulla domanda interna”, limitando di fatto la “libertà di cui dispone la nostra politica estera”. L’indifferenza dei decision makers su questo delicato tema non è meno ottusa dell’opposizione pubblica tout court ad incrementare la produzione nazionale o a realizzare nuove infrastrutture di ricezione. Del resto “dell’importanza della sicurezza energetica – come della salute – ci si accorge solo quando vien meno”.

L’articolo integrale è stato pubblicato nel numero 1.2015 della Rivista Energia nell’ambito di un pacchetto di analisi dedicate al mondo del petrolio e che comprende i contributi di Rabah Arezki e Olivier Blanchard (FMI), Edward L. Morse (Citigroup), Enzo Di Giulio (Scuola Mattei – Eni Corporate University), Sergio De Nardis (Nomisma). Per una maggiore completezza dei contenuti e accuratezza dei dati si rimanda alla versione originale; ogni eventuale discrepanza è da attribuirsi alla Redazione delle Rivista Energia.

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