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E’ tutta colpa dell’Onu: il governo francese cerca di giustificare così il suo dietro front sulle quote per gli immigrati. Ma come, i socialisti tradiscono gli ideali della Gloriosa Rivoluzione, i valori repubblicani, il diritto di asilo? E’ vero, schiacciato tra il molle Hollande e il ruvido Valls (figlio di immigrati catalani), il Ps sta perdendo la bussola. Però il voltafaccia improvviso è una sferzata bruciante non solo e non tanto contro l’Italia (ormai abituata agli sgarbi transalpini), ma nei confronti della Unione europea.

Che cosa c’entra l’Onu? Il fatto è che l’alto commissariato ai rifugiati ha suonato l’allarme sui profughi siriani. Ben quattro milioni sono oggi accampati nei Paesi vicini, Libano e Turchia soprattutto. Ormai non ce la fanno più a sopportarne il peso e chiedono che almeno una parte venga collocata all’interno dell’Unione europea. Siccome la Francia continua a sentirsi la grande protettrice della Libia e della Siria, preferisce prestare ascolto alle grida di dolore che arrivano dal Levante rispetto a quelle che si alzano dalla sponda meridionale del Mediterraneo.

Nel 2014 i ventotto Paesi della Ue hanno accolto settantamila rifugiati dal Medio oriente in fiamme, l’Onu chiede di prenderne altri 20 mila e alla Francia ne toccherebbero appena 2.375. “Abbiamo già fatto molto”, si lamenta il primo ministro, 5.000 siriani e 4.500 iracheni sono stati accolti in Francia dal 2012. Non sembrano cifre astronomiche. E la Francia è ben lontana sia come meta sia come capacità di accoglienza dalla Germania e dalla Svezia il Paese che in percentuale alla popolazione ha assorbito il maggior numero di profughi.

Dunque, l’Onu non c’entra nulla. C’entra invece molto Marine Le Pen. E c’entra soprattutto l’onda neo nazionalista e xenofoba che sta percorrendo la Francia. E’ una tendenza che attraversa l’intera Europa, ma ha assunto una forza maggiore in Francia perché lì ha trovato una sponda politica che minaccia gli equilibri della République. Tutto questo è noto e il tremebondo partito socialista, indebolito da una gestione del potere scialba e priva di strategia, non vuol passare alla storia come la forza politica che ha lastricato la strada al Front National. Comprensibile, ma miope.

Recentemente, Valls ha rimproverato “l’impreparazione della famiglia socialista” all’esercizio del potere e la sua “inerzia ideologica” durante il decennio all’opposizione che sembra aver consumato idee ed energie. Bene. Ma girare le spalle alla Ue e all’Onu, chiudendo le porte ai rifugiati, quale passo avanti ideologico fa compiere al Ps? Che idea della Francia porta avanti la sinistra di governo? Quella della fortezza? Non lo è più e certo non da oggi né per colpa degli immigrati. L'”assimilazione”? La rivolta delle banlieu l’ha ridimensionata da molto tempo. La proibizione del velo in nome dei valori repubblicani? L’attentato a Charlie e la ritirata progressiva dopo l’immediato scatto d’orgoglio getta anche su questo un’ombra mesta se non oscura.

E’ vero, altri Paesi hanno voltato le spalle alle quote indicate da Bruxelles. Ma la Gran Bretagna l’ha deciso in nome della sua eterna eccezione. La Spagna perché è brava a piangere il morto e fregare il vivo, secondo un vecchio detto marchigiano (lo ha fatto con astuzia anche durante la crisi). L’Ungheria perché è in mano a una destra impresentabile. In ogni caso l’est post comunista è una storia a sé. Ma che dire della Francia motore d’Europa? E di quale Europa?

Non vale nemmeno la copertura ideologica alla Finkielkraut, il ritorno della nazione, il recupero di sovranità, l’eccezione culturale e tutti gli orpelli dei quali i francesi sono bravissimi a fregiarsi. La ritirata di Valls ha un solo nome: paura. E’ il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità di fronte all’opinione pubblica e alla storia. Sì, perché il collasso del vecchio ordine in Africa e nel Medio oriente chiama l’Unione nel suo complesso e i Paesi europei (tanto più se padri fondatori) a un appuntamento cruciale. Chi non ci sta non conta e, prima di quanto s’immagini, verrà spazzato via per colpa dalla propria ignavia.

Stefano Cingolani

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