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Tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo gli abitanti germanici dei territori dell’Africa Tedesca del Sud-Ovest, oggi parte della Namibia, spinsero una parte degli abitanti locali, appartenenti alle etnie Herero e Nama, fuori dalle loro terre fin dentro i territori britannici degli odierni Botswana e Sudafrica. Il destino di coloro che si opposero fu atroce: essi vennero fatti morire di fame, o rinchiusi nei campi di concentramento. Le donne namibiane furono costrette a bollire le teste mozzate dei loro morti, in modo che i teschi potessero essere inviati a Berlino per essere studiati. Secondo le stime in soli quattro anni, tra il 1904 e il 1908, sarebbe stato ucciso circa l’ottanta percento della popolazione di etnia Herero ed il cinquanta percento di quella di etnia Nama, con un numero di vittime che si aggira intorno alle centomila unità.

Oggi, le comunità namibiane i cui antenati sono stati massacrati dalla Germania coloniale e le cui proprietà sono state confiscate più di un secolo fa tornano a chiedere nuovi colloqui con Berlino per negoziare la restituzione delle terre dei propri avi. Queste rivendicazioni rappresentano una disputa di lunga data tra Namibia e Germania, tornata alla ribalta dopo lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas. Il sostegno della Germania a Israele nella causa per genocidio intentata dal Sudafrica contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia ha provocato la reazione stizzita del governo namibiano.

La storia dei crimini contro l’umanità commessi dalla Germania imperiale durante la sua espansione coloniale è stata ampiamente oscurata dall’Olocausto. E alcuni namibiani hanno sottolineato la presenza di due pesi e due misure nella reazione a questi genocidi. La Germania ha pagato circa ottantadue miliardi di euro in risarcimenti allo Stato di Israele e alle vittime della persecuzione nazista, ma si è rifiutata di risarcire direttamente gli Herero e i Nama. Nel maggio 2021 Berlino ha riconosciuto ufficialmente per la prima volta il genocidio Herero-Nama, accettando di stanziare un miliardo e centomila euro, erogati attraverso trent’anni, per finanziare progetti namibiani di sviluppo. Tuttavia, molti leader indigeni hanno dichiarato di essere stati esclusi dai colloqui, di aver considerato l’importo troppo basso e di non aver appoggiato l’accordo. Al momento, sono in corso dei colloqui per comprimere le tempistiche dei finanziamenti ad un lasso di tempo compreso tra i cinque e i dieci anni.

Membri delle due comunità namibiane avevano già provato a procedere per vie legali contro Berlino attraverso gli Stati Uniti: i sopravvissuti hanno citato episodi come la vendita delle ossa delle vittime da parte della moglie di un antropologo tedesco al Museo americano di storia naturale come prova del legame degli Stati Uniti con il genocidio. Ma la causa namibiana è stata respinta da un tribunale statunitense nel 2019 perché la Germania godeva dell’immunità sovrana; inoltre, l’avvocato della Germania ha sostenuto che il Paese non era obbligato a fare ammenda perché la Convenzione sul genocidio non esisteva quando si verificarono le atrocità. Il Parlamento tedesco ha ribadito questa posizione affermando che “in assenza di una base legale, non ci sarebbero richieste di risarcimento individuali o collettive da parte di singoli discendenti di gruppi di vittime come gli Herero o i Nama”.

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