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In concomitanza con il Consiglio europeo del 25 e 26 giugno, che aveva tra i suoi temi centrali l’Agenda europea per l’immigrazione, l’Ipsos ha reso noto un sondaggio (se mai ce ne fosse stato bisogno) che rilevava l’opinione degli italiani in merito alla loro percezione del fenomeno migratorio e alla sua gestione da parte del governo. Oggi, un’alta percentuale di opinione pubblica ritiene l’immigrazione la principale minaccia per l’Italia. Si tratta di un clamoroso balzo in avanti rispetto alle rilevazioni dei mesi scorsi, è quasi raddoppiata (dal 13 al 25%). Purtroppo però i dati reali sul fenomeno migratorio, certamente significativi e in aumento, non li possiamo autenticamente misurare in quanto sfuggono al controllo, creando così anche un’evidente emergenza nazionale. Si dice (ma a parere della scrivente giustamente) che alimentano la paura i continui messaggi che parlano “alla pancia” degli italiani, favoriti da una copertura mediatica senza precedenti e da una strumentalizzazione del tema che si traduce anche in un giudizio negativo sulle risposte fornite dalla politica italiana. Ma non è più percezione, è certezza e consapevolezza, poiché sono giustificati i timori degli italiani, vista la ripresa degli sbarchi e l’invasione disumana, i recenti scandali sui centri di accoglienza, l’atteggiamento di intransigente chiusura di molti Paesi Ue (dalla Francia a quelli dell’Est). Il clima di generale confusione e preoccupazione in cui gli italiani non capiscono chi sia veramente chiamato a decidere, a quale livello (da quello europeo fino a quello regionale) e quali siano gli strumenti più efficaci da utilizzare (intervento militare, respingimenti, accordi con Paesi di transito, accoglienza, eccetera). Al punto in cui siamo, bisogna avere coraggio e dire la verità. E’ imbarazzante e patetico sentire governanti che invocano l’aiuto europeo, in tema d’immigrazione, senza essere capaci di fare una proposta concreta su cosa debba essere tale aiuto. Come dovrebbe funzionare, visto che il risultato del vertice è terrificante.

Matteo Renzi l’ha buttata direttamente in propaganda: l’Europa salva le banche, ma lascia morire i bambini. Angelino Alfano dice che se l’Europa non riesce a raccogliere i morti, almeno si prenda i vivi. Per essere aiutati si deve dire come. Per sapere il come si deve aver chiaro il problema. Nell’Unione europea il confine più permeabile non è affatto, come molti credono di sapere, quello di mare, ma quello di terra; esistono quattro fondi europei per il contrasto all’immigrazione, che tengono conto delle esigenze dei Paesi più esposti ma sebbene i confini terresti siano quelli da cui entrano più clandestini, nel presidiarli si può usare la forza, come gli spagnoli hanno fatto a Melilla, mentre nel presidiare i confini marini non si può, perché equivale ad ammazzare le persone. Questo è il problema. L’Europa si prenda i vivi è improponibile, perché se si tratta di rifugiati ciò non solo è già previsto, ma già accade: gli iraniani che approdano da noi, da rifugiati, vanno in gran parte in Svezia, dove vengono regolarmente accolti più numerosi che da noi. E’ una regola prevista dal Regolamento di Dublino (per l’Italia firmò il medesimo Alfano) e già tutti i Paesi europei hanno i loro problemi in materia. Se non si tratta di rifugiati, ma di clandestini, non solo non se li prende nessuno, perché sono clandestini, ma se se li prendessero noi dovremmo cambiare mestiere, mettendoci a fare gli importatori d’immigrati: pagano 6000 dollari a testa, per rischiare di morire, con quella cifra ce li andiamo a prendere con gli aerei di linea? Peccato che sia una attività criminale. Se passa l’invocazione a smistare altrove i clandestini da noi arriverebbero a milioni. Allora, ed è questo il punto, ciò su cui l’Ue deve essere chiamata a essere collaborativa e corresponsabile, non è nel rispondere a generiche e confusionarie richieste d’aiuto, ma nel gestire una o più zone extraterritoriali, proprio perché siano il diritto e le autorità europee a distinguere fra rifugiati e clandestini, in modo da smistare (come già avviene) i primi e decidere, per i secondi, se c’è un mercato disposto ad accoglierli o se devono essere rimpatriati. Nel qual caso deve essere l’Ue a farlo. Questa è la questione. Un “campus outside the Ue”, una zona extraterritoriale in cui distinguere gli uni dagli altri, assumendosi la responsabilità della loro sorte. Questo è quel che serve, data la particolarità di confini ove le autorità che dovrebbero presiedere ai respingimenti sono, in realtà, impegnate nei salvataggi. Via terra gli Stati contrastano le infiltrazioni, via mare ce li andiamo a prendere a metà strada. Per questo abbiamo bisogno di un diverso regime giuridico, altrimenti non se ne esce. Trovo imbarazzante che chi governa sappia maledire e invocare, ma si mostri incapace di conoscere, pensare e proporre. Le sole cose che dovrebbe saper fare. C’è stato un tempo, quando Maroni era ministro, in cui si riuscì a trattare anche con soggetti loschi, ma capaci di tenere a bada le brame. Ora i migranti si sono triplicati.

Con la guerra in Libia l’Italia vide danneggiati i propri interessi, mentre francesi e inglesi, che premettero per deporre Gheddafi, forse ci hanno guadagnato. Salvo poi lasciare i siriani al loro destino. Non ha senso che noi si debba subirne le ulteriori e umanamente pesanti conseguenze negative e adesso non si ricordi che Maroni fu crocefisso per la politica dei respingimenti che oggi ormai sono una flebilissima soluzione. Se imbarcazioni diroccate vanno, con il timone bloccato, a schiantarsi verso le cose italiane, è anche perché i greci le lasciano passare. Così come i maltesi allontanano i barconi dei disperati.

Quando fu varato Mare Nostrum avvertimmo subito del pericolo: da quel momento i barconi non dovevano più neanche raggiungere Lampedusa, limitandosi a uscire dalle acque territoriali di partenza prima di annunciare il proprio affondamento. Avvertimmo che ci si sarebbe messi al servizio dei commercianti di carne umana. Purtroppo avevamo ragione.

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