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Oggi sarà a Roma la commissaria Ue alla concorrenza, Margrethe Vestager, per colloqui con Tesoro, Banca d’Italia ed Antitrust, finalizzati a capire di più sulla struttura della bad bank pubblica che il nostro governo insiste a voler mettere in piedi per liberare i bilanci delle banche dai crediti in sofferenza. Come segnala il Corriere, la proposta italiana per vincere le resistenze Ue è piuttosto ingegnosa ma non meno rischiosa per i contribuenti.

Si ipotizza, in pratica, di creare un “mercato artificiale” per le sofferenze bancarie, cioè di calcolare il loro prezzo “teorico” in assenza di scambi effettivi. Per fare ciò, si è ingaggiata la società di consulenza Boston Consulting Group (BCG), che dovrà elaborare un algoritmo di pricing per le sofferenze bancarie, in particolare per quelle secured, cioè con garanzia sottostante.

In tal modo, se si riuscisse a fare ottenere a questo algoritmo il crisma di “prezzo di mercato”, pur in assenza di scambi effettivi, dovrebbe essere possibile evitare di incappare nei veti Ue per aiuti di stato. Il problema è che questo escamotage non è nuovo, nel settore finanziario, e poggia su premesse che sono del tutto teoriche, proprio per assenza di un effettivo processo di scambio tra due parti contraenti.

E come funzionerebbe, allora, questa bad bank a garanzia pubblica? Come indica l’articolo del Corriere, «Tecnicamente la struttura ipotizzata prevederebbe un veicolo che si finanzia sul mercato per comprare gli attivi deteriorati con proventi di bond i quali sarebbero garantiti dallo Stato in caso di perdita».

Detta così, però, la costruzione manca di un dettaglio. Visto che per aversi veicolo societario serve un attivo ed un passivo, e che il veicolo emetterebbe passività garantite dallo stato, chi metterebbe i mezzi propri, cioè il capitale sociale? Forse i privati, che in tal modo finirebbero per andare a leva sulle passività del veicolo, cioè incassare utili mentre le perdite sarebbero assorbite dal contribuente, in caso il prezzo “sintetico” fissato dall’algoritmo fosse sbagliato? Non è dato sapere.

Soprattutto, ribadiamo il concetto: perché usare una struttura di garanzie pubbliche quando la price discovery può e deve essere lasciata al mercato? Sappiamo che il tesoro ipotizza un misterioso “fallimento del mercato”, intendendo con questa espressione-jolly che i prezzi non riescono a formarsi o, più verosimilmente, che esiste un ampio differenziale tra offerte dei compratori e desiderata dei venditori. I quali, in alcuni casi, potrebbero aver accantonato a rettifiche di perdite su crediti importi troppo bassi rispetto al prezzo di mercato, ed al momento della vendita realizzerebbero forti perdite, con conseguente necessità di aumentare il capitale sociale. C’è qualcosa, nell’algoritmo Tesoro-BCG, che fa pensare che tali prezzi non sarebbero comunque penalizzanti per i venditori? Escludendo interpretazioni maliziose, ovviamente. Il tutto senza contare che i crediti sofferenti unsecured, cioè senza garanzie sottostanti, spesso nascondono valore di recupero prossimo allo zero. E lì non c’è bad bank pubblica che tenga.

Il governo italiano crede che sia soprattutto un problema di illiquidità, e ciò giustificherebbe una bad bank a garanzia pubblica. La realtà potrebbe trovarsi altrove, però. E soprattutto, questo sforzo governativo giunge proprio nel momento in cui il mercato dei crediti deteriorati sta riprendendo vita, con numerose operazioni annunciate. Una riguarda persino le Bcc, banche di credito cooperativo, con una iniziativa di Iccrea, l’istituto centrale di categoria, su crediti chirografari ed ipotecari per mezzo miliardo di euro, che si svilupperà nelle prossime settimane dopo la due diligence da parte di tre specialisti internazionali di bad loans.

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Mps, Bcc e non solo. Serve davvero una bad bank?

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