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La stagione dei grandi negoziati commerciali è iniziata. E, dopo Regno Unito e Cina, la prossima fermata per gli Stati Uniti si chiama Europa. Alberto Forchielli, imprenditore, economista e gran conoscitore di cose d’Oriente, non ci gira troppo intorno quando gli si chiede se e come il sospirato accordo di 90 giorni sui dazi tra Washington e Pechino, che ha mandato in rally le Borse di mezzo mondo, accorcerà la tabella di marcia per un’analoga intesa con l’Europa.

“Assolutamente sì, il prossimo accordo con gli Stati Uniti lo farà l’Europa, entro sessanta giorni al massimo verrà siglata una tregua, analogamente a quelle firmate con Gran Bretagna e Cina. Questo per dire che ormai gli accordi commerciali sono iniziati su scala globale”, premette Forchielli. Attenzione però, a parlare troppo in fretta di vittoria della diplomazia americana, mette in chiaro Forchielli. “Credo che sulla tregua con Pechino abbiano giocato un ruolo fondamentale le pressioni degli agricoltori statunitensi, da sempre elettori di Donald Trump e che erano rimasti a corto di materia prima. E anche, perché no, il fatto che la Cina abbia allungato, per rappresaglia contro gli Usa, le mani sulle terre rare. Di sicuro non ha vinto nessuno, non gli Stati Uniti almeno, che hanno tolto i dazi che avevano messo. La retromarcia c’è stata, inutile negarlo. E pensare che, a conti fatti, i dazi veri andavano indirizzati e mantenuti proprio contro la Cina, non tanto per aumentare la produzione interna americana, quanto per proteggere la base industriale e militare degli Stati Uniti.”

Forchielli torna poi sull’Europa. “Si farà un accordo su dei dazi minimi, le precedenti intese che abbiamo appena menzionato hanno aperto la strada, ormai il meccanismo si è messo in moto. Dei dazi rimarranno, come sulle auto, per carità, però verranno ridotti. E l’Europa festeggerà. Non dobbiamo mai dimenticare che comunque, all’Ue negoziare con gli Stati Uniti conviene: il Vecchio continente ha un avanzo commerciale, quindi riceverebbe più danni di quanto sarebbe in grado di infliggere agli Usa. Con un avanzo di bilancio di centinaia di miliardi di euro, l’Europa potrebbe rispondere, sì, ma non con la stessa intensità. In ogni caso, questa guerra dei dazi ha fatto del male a tutti, senza portare alcun guadagno. Non conviene a nessuno, tranne che, come detto, per contenere la Cina e la sua produzione”.

Dopo cento giorni di prove muscolari e manifesti, la politica economica americana è entrata in una nuova era? “In parte sì, forse si è passati a un sano realismo, i dazi non fanno bene a nessuno, lo sappiamo, anche se qualcosa della prima ora è rimasto. Dei dazi resteranno, l’innalzamento generale delle tariffe c’è stato e ci sarà, anche se ora è più modesto e meno dannoso. Certo, se guardiamo alle roboanti dichiarazioni delle prime settimane di amministrazione Trump, adesso il mood sembra essere decisamente diverso”. Stringendo nuovamente il campo sul Dragone e lasciando il tema dazi, Forchielli affronta uno dei grandi mali cinesi: i prezzi bassi.

“I cinesi non consumano, deprimendo i prezzi, per due motivi: primo, c’è ancora il trauma della crisi immobiliare che ha fatto perdere tanti soldi ai cittadini, alle famiglie. Secondo, le prospettive non sono buone, le persone sono preoccupate e risparmiano. Essendoci la deflazione, i cinesi non consumano perché pensano di comprare quello stesso bene a un prezzo ancora inferiore”. Certo, se poi l’India dovesse superare la Cina, allora sì che il morale dei cinesi andrebbe ancora più giù. Ma Forchielli estrae subito il cartellino rosso. “Non succederà mai, l’India non supererà mai la Cina”.

Prossima fermata, Europa. Ecco cosa insegnano gli accordi sui dazi con Cina e Uk secondo Forchielli

La politica commerciale americana è entrata in una nuova fase, lasciandosi alle spalle slogan e manifesti e sposando del sano realismo. Le intese con Pechino e Londra sono solo l’inizio, entro due mesi sarà Bruxelles a siglare un accordo. Conversazione con l’economista e imprenditore, grande esperto di Oriente, Alberto Forchielli

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