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Le note aspirazioni e influenze di Ankara in Libia si stanno pericolosamente intrecciando (così come accaduto negli ultimi dieci anni) con la posizione e le alleanze esterne dell’uomo forte della Cirenaica, quel generale Khalifa Haftar che di fatto è testa di ponte russa nel Mediterraneo, visto che Mosca è alla ricerca di un nuovo porto amico dopo lo sloggio dalla Siria. Dinamiche che se da un lato Recep Tayyip Erdogan potrebbe voler cavalcare, per ampliare il proprio raggio d’azione in Libia, dall’altro farebbe bene a non sottovalutare in chiave Ue e Nato, dal momento che proprio in quel pertugio potrebbe crearsi un altro fronte di crisi in un momento già gravido di tensioni.

Il triangolo Haftar-Putin-Erdogan

Riavvolgiamo il nastro al 2020. Il sostegno russo ad Haftar si materializzò in vari fronti, tutti nevralgici, come quello diplomatico, economico e militare. Quando l’azione militare di Haftar si era quasi inceppata alla periferia della capitale, intervennero i contractors russi al fine di aumentare le capacità operative delle milizie di Haftar, presenza ovviamente mai confermata da parte di Mosca. Ma le rilevazioni di voli russi decollati da Bengasi e atterrati nella base russa di Latakia in Siria lo dimostrarono. Mosca voleva costruire (riuscendoci) una importante rete logistica in Cirenaica. La Turchia, di contro, proprio in quei mesi inaugurava il gasdotto Turkstream con la presenza congiunta e a favore di media di Erdogan e Putin, gemellaggio energetico che aveva nel menu anche un corposo discorso alla voce Libia.

L’uomo forte del Bosforo però fece un passo preciso: trasformò il Paese in una vera e propria piattaforma avanzata per i suoi interessi nel Mediterraneo e in Africa anche tramite la contrapposizione con il generale Haftar, che era il suo più grande avversario regionale e fiero oppositore dei Fratelli Musulmani, vicini ad Ankara. E sempre nel 2020 il Parlamento turco autorizzò l’invio di truppe in Libia.

Gli intrecci Bengasi-Tripoli

Oggi la guerra urbana in scena a Tripoli contro il premier Abdelhamid Dbeibah fa sì che Haftar sia pronto ad approfittarne. Ancora due giorni fa, incontrando il ministro degli Esteri greco Giorgios Gerapetridis, il feldmarescianno ha inviato un messaggio alla comunità internazionale auspicando un “compromesso patriottico” tra le istituzioni rivali della Libia, respingendo fermamente le interferenze straniere. Nello specifico, chiede un processo di riconciliazione interno e l’istituzione di un’autorità unitaria che rispetti la diversità regionale della Libia, ma senza specificarne i criteri di scelta e il modus di composizione. In sostanza cerca di prendere tempo e capire la prossima mossa di Ankara, che non ha difficoltà nel farsi concava e convessa, soprattutto in un fazzoletto di nordafrica gravido di opportunità e affari, dove inoltre il conflitto mediorientale e tra Russia e Nato può trovare un nuovo terreno di aspro scontro.

Che cosa sta cambiando

Lo scorso 9 maggio Abdel Fattah Al Sisi e Vladimir Putin al Cremlino hanno siglato un nuovo patto di amicizia che, evidentemente, tocca anche gli interessi di entrambi i paesi nel Mediterraneo, mettendo l’accento sui legami strategici tra Egitto e Russia. Sul tavolo dei due governi anche la creazione di una zona industriale russa nell’area economica del Canale di Suez, oltre al progetto della centrale nucleare di Dabaa. In occasione della parata militare per l’80° anniversario della Grande Vittoria in Piazza Rossa nella capitale russa, Al-Sisi ha avuto varie conversazioni anche con il Presidente Xi Jinping, dettaglio da non sottovalutare. In precedenza, il 19 dicembre scorso, c’era stato un altro incontro particolarmente rilevante per i destini mediterranei, ovvero la visita in Egitto di Erdogan, la prima in assoluto dopo la caduta di Assad: la discussione si concentrò non solo sulla ricostruzione siriana, sugli aiuti umanitari a Gaza e sul rafforzamento delle relazioni bilaterali, ma verosimilmente sulle nuove dinamiche geopolitiche che toccano quella striscia di mare e interessi che va da Gibilterra al Bosforo.

Di questo si parla quando si assiste alla nuova scomposizione libica, che tocca anche la Siria, dove Erdogan ancora una volta progetta una mossa che sa di jolly. Non si dimentichi che l’attuale ministro degli esteri, Hakan Fidan, da capo dell’intelligence turca ha gestito in prima persona il dossier libico degli ultimi due lustri, con i risultati sotto gli occhi di tutti.

Ecco come nasce il nuovo risiko libico

Si scorgono le nuove dinamiche geopolitiche che toccano quella striscia di mare e interessi che va da Gibilterra al Bosforo. Di questo si parla quando si assiste alla nuova scomposizione libica, dove Erdogan ancora una volta progetta una mossa che sa di jolly

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